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VISITA PASTORALE IN LOMBARDIA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI RAPPRESENTANTI DEL MONDO DEL LAVORO
NEL PALAZZETTO DELLO SPORT

Cremona - Domenica, 21 giugno 1992

 

Carissimi fratelli e sorelle!

1. Grazie innanzitutto per l’opportunità che mi offrite di incontrarmi con una qualificata rappresentanza del mondo del lavoro della vostra Città, solerte e attiva. Grazie anche perché mi permettete di condividere le speranze e le preoccupazioni, i progetti e le attese dei lavoratori e delle lavoratrici cremonesi, ai quali rivolgo il mio cordiale pensiero. Saluto con grande affetto ciascuno di voi qui presenti e le vostre rispettive famiglie. Rivolgo un deferente pensiero alle Autorità e ai Responsabili della cosa pubblica, i quali con l’odierna loro presenza intendono sottolineare l’attenzione da essi riservata alle molteplici problematiche del mondo del lavoro cremonese. Saluto e ringrazio, in particolare, il Presidente della Camera di Commercio di Cremona e il Rappresentante dei lavoratori. Con i loro interventi si sono fatti interpreti poc’anzi dei sentimenti di tutti, illustrando anche le condizioni sociali che sta vivendo la vostra Città in questo particolare momento. Essi, poi, hanno ricordato alcuni valori che fanno di ogni attività lavorativa un prezioso strumento per la realizzazione di una convivenza più giusta ed umana. Si tratta del rispetto dell’umana dignità, della ricerca del bene comune, dell’onestà e della trasparenza nella gestione dei servizi, dell’apertura alle esigenze di un autentico e integrale sviluppo, della promozione di un costante spirito di solidarietà.

2. Questo incontro avviene in un momento sociale ed economico certamente difficile e pieno di incognite, attraversato da processi di crisi aziendale e di ristrutturazione delle imprese. Voi riconoscete che non è facile individuare le ragioni di tali processi: forse il cambiamento e l’estensione del mercato del lavoro; forse il necessario riequilibrio nel settore industriale; forse, aggiungo io, le resistenze che provengono da quelle perverse “strutture di peccato” che impediscono o allentano la solidarietà sociale e una corretta distribuzione dei beni di produzione. In tale contesto, carico di non pochi condizionamenti economici e sociali, ma non privo di nuove esperienze imprenditoriali e di solidarietà, voi, carissimi lavoratori, imprenditori e rappresentanti di tutte le forze sociali, siete chiamati a maturare un rinnovato e profondo senso di responsabilità. Vi è richiesta una aperta e solidale collaborazione sì da dar vita a “comunità di lavoro sempre più ampie e affidabili” (Centesimus annus, 32). La Chiesa, attenta costantemente alle vostre esigenze e attese, vi offre il proprio contributo: indica i principi etici a cui ogni processo di sviluppo deve ispirarsi; ribadisce con forza che, se il progresso non rispetta la dignità dell’uomo, non è né autentico né realmente utile al bene comune.

3. Tali concrete indicazioni, che si ispirano al messaggio evangelico, fanno parte dell’insegnamento costante della Chiesa, soprattutto in questo ultimo secolo, da quando Leone XIII con l’Enciclica Rerum novarum affrontò in maniera specifica la cosiddetta “questione operaia”. In tale linea si colloca anche la “Centesimus annus”, con la quale ho cercato di proporre l’analisi di alcuni avvenimenti della storia recente, mettendo in evidenza la fecondità dei principi esposti da Papa Leone anche per la soluzione dei problemi odierni (cf. Ivi, 3). Per la verità, il patrimonio dottrinale, comunemente chiamato Dottrina sociale della Chiesa, è in grande misura anche il frutto del pensiero e dell’impegno di tanti lavoratori, spesso sconosciuti, i quali, con le loro esperienze e sofferenze, illuminate dalla luce del Vangelo e dalla predicazione dei Pastori, hanno fatto crescere la consapevolezza sociale della Comunità ecclesiale. Proprio in queste vostre zone l’insegnamento cattolico in materia di etica sociale ha conosciuto uno dei suoi più fertili “laboratori”, grazie alla guida lungimirante di Pastori, come Mons. Antonio Novasconi e Geremia Bonomelli, o come l’Arcivescovo Giovanni Cazzani: uomini attenti alla tutela e alla promozione dei lavoratori, e capaci di offrire ai credenti orientamenti chiari, quando la questione sociale era ancora in una fase esplosiva. Anzi, guidati dallo Spirito, essi hanno colto in tale questione i segni di un tempo propizio per l’evangelizzazione del mondo contemporaneo, mostrando alle coscienze che la piena dignità delle persone non può realizzarsi né nel liberalismo né nel socialismo, intesi come esasperazione ideologica di esigenze tra loro contrapposte.

4. Questi principi e criteri permangono sostanzialmente validi nel nostro tempo, spesso qualificato come epoca post-industriale. Carissimi Fratelli e Sorelle, siate degni eredi di un così ricco patrimonio ideale! A voi tocca, oggi, rimanendo fedeli ai valori acquisiti, porvi in coraggioso dialogo con le mutate condizioni della società. A voi è domandata una nuova consapevolezza e un più solido sforzo di responsabilità nei confronti del mondo del lavoro. Sentitevi tutti coinvolti in tale missione. Ciascuno si impegni, nel ruolo che ricopre, ad evitare possibilmente ogni scontro e divisione, operando con pazienza e lungimiranza, affinché i conflitti siano appianati e risolti. Vi stia sempre a cuore di valorizzare gli aspetti più nobili e qualificanti della persona umana: il senso del dovere, la libertà di iniziativa, la capacità di condivisione e di sacrificio, la solidarietà, il rispetto delle legittime esigenze del riposo e della rigenerazione corporale e più ancora spirituale. La lettera pastorale che il Vescovo di Cremona Monsignor Geremia Bonomelli scriveva esattamente cento anni or sono, intitolandola “La questione sociale è questione morale”, conserva ai nostri giorni tutta la sua attualità. Ora, come un tempo, i cambiamenti socio-economici, per essere via a un progresso autentico, non basta che s’appoggino a meccanismi più moderni di mercato e di consumo; devono piuttosto salvaguardare le esigenze della giustizia, e ciò suppone che si “investano” in essi con tenacia energie morali e spirituali sempre maggiori. I cristiani sanno di dover offrire in tale ambito una coerente testimonianza di solidarietà e di condivisione. In particolare, essi sono chiamati ad adoperarsi nelle diverse situazioni affinché la coscienza con le sue istanze e i suoi progetti mantenga il primato che le è proprio. Quanto moderne sono, al riguardo, le osservazioni che Mons. Bonomelli faceva nella sua Lettera pastorale dal titolo “Capitale e lavoro”, pubblicata nel 1891! “Bisogna portare – egli asseriva – il rimedio là dove è la radice del male, cioè nelle menti e nei cuori, donde poi scaturiscono le idee e le opere che incarnano le idee. Purtroppo vi sono uomini – proseguiva – di mente eletta e di grande cuore, i quali credono che con una serie di buone leggi fatte eseguire a dovere si possono far cessare tutti i mali onde è afflitta la società. È una vera illusione!”. Ecco: “portare il rimedio nelle menti e nei cuori”. Questo è ciò che urge anche oggi. Ma come riuscirvi, se non attraverso una sistematica azione educativa diretta a ogni persona?

5. Su questo terreno pedagogico ed etico, occorre che la famiglia e la società, la scuola e il sindacato come ogni altra istituzione politica, culturale e civica svolgano un’importante opera di collaborazione e di raccordo, di stimolo e di promozione, soprattutto per quanto riguarda l’educazione dei giovani e il loro valido inserimento nel mondo del lavoro e nella vita sociale. I giovani sono carichi di propositi e di speranze; cercano con generosità di costruire il loro avvenire; attendono dagli adulti esempi validi e proposte serie. E quale grave responsabilità si assume la società quando delude le loro attese di giustizia e di realizzazione di sé. Responsabili politici e amministrativi, sia vostra premura adoperarvi non solo perché le popolazioni abbiano più benessere materiale, ma anche e soprattutto perché ci siano effettive condizioni di vivibilità umana e di sicurezza della convivenza. In questo sforzo, che deve coinvolgere responsabilmente ogni organizzazione educativa e sociale, l’intera comunità è interpellata nel suo insieme a costruire un progetto rispettoso della persona ed ispirato alla vera solidarietà, particolarmente nei confronti dei più deboli e meno garantiti.

6. Una così vasta azione comunitaria che chiama i credenti a testimoniare la novità del Vangelo, esige un nuovo vigore etico e morale. Occorre che si ricomponga la frattura non di rado lamentata fra morale e società a motivo del peso eccessivo assunto dalla mediazione politica, che “finisce col deformare profondamente la struttura di base della vita associata. In tale contesto i diritti diventano favori e le attese socialmente legittimate, come anche i meriti effettivamente acquisiti, giungono a contare meno delle appartenenze di gruppo” (Discorso agli Amministratori pubblici, Napoli, 10 novembre 1990). Il necessario recupero della moralità personale e sociale, è alla base di una rinnovata cultura della legalità, condizione indispensabile per il rilancio effettivo di una economia che vada incontro alla “domanda di qualità: qualità delle merci da produrre e da consumare; qualità dei servizi di cui usufruire; qualità dell’ambiente e della vita in generale” (Centesimus annus, 36). Anche nelle realtà sociali più complesse è l’uomo il centro dell’interesse e occorre che mai egli si perda né si dimentichi la sua dignità e vocazione” (cf. Ivi, 59).

7. Carissimi lavoratori e imprenditori cremonesi! So che la vostra professione, condotta con onestà e generosità, costa molta fatica. So anche che, in certi momenti di notevoli difficoltà per le imprese e le aziende, questo impegno diventa gravoso. Ma non vi spaventino impegno e fatica; viveteli piuttosto per amore dei fratelli e offriteli in unione alla Croce del Redentore dell’uomo (cf. Laborem exercens, 27). In Cristo, il lavoro assume un valore salvifico, perché diventa lavoro con gli altri e per gli altri. In tal modo viene superata, nel lavoro e nei rapporti sociali, la mentalità individualista oggi diffusa, e ci si apre a un concreto impegno di solidarietà e di carità che, iniziando nella famiglia, si estende alle altre società intermedie, le quali “maturano come reali comunità di persone e innervano il tessuto sociale, impedendo che scada nell’anonimato e in un’impersonale massificazione” (Centesimus annus, 49). Sant’Omobono, il fedele laico, il lavoratore Patrono della città di Cremona, che ha saputo coniugare nella sua esistenza contemplazione e azione, morale e mercato, proprietà e solidarietà in un’originale sintesi di santità, protegga sempre il vostro cammino; vi ricordi i valori della laboriosità e della fedeltà al Vangelo; sostenga la vostra fiducia e faccia crescere in voi la gioia di servire i fratelli.

A Maria Santissima Assunta, cui è dedicata la stupenda Cattedrale della vostra diocesi, affido le vostre gioie e fatiche quotidiane; tutto sia fatto per la gloria di Dio e tutto giovi allo sviluppo dell’uomo e della vostra terra, alacre e generosa.

Vi accompagni la mia benedizione.

 



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