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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELL
UGANDA
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Lunedì, 11 maggio 1992

 

Cari confratelli nell’Episcopato,

1. Con intensa gioia porgo il benvenuto a voi, Vescovi dell’Uganda, in occasione della vostra visita “ad limina Apostolorum”. Ho atteso con ansia questo incontro, perché spesso, nelle mie preghiere, siete presenti voi e le Chiese affidate alle vostre cure. Le sono grato, Arcivescovo Wamala, per le cortesi parole che mi ha rivolto a nome di tutti. In questo incontro di oggi sento ancora più stretti i legami di affetto con i sacerdoti, i religiosi e le religiose e i fedeli laici delle vostre Diocesi. Assicurate loro che le sofferenze della loro nazione sono vicine al cuore del Successore di Pietro, e che sono profondamente unito a loro nella pace di Cristo, la cui vittoria sul peccato e la morte viene solennemente celebrata dalla Chiesa durante questo periodo pasquale. Dall’ultima visita della vostra Conferenza, nel 1988, sono state erette le nuove Diocesi di Kasese e Kotido, e questo è un segno che la Chiesa di Dio sta mettendo radici ancor più salde in mezzo a voi. Per tutto questo ringrazio il nostro Padre Celeste che si prende amorevolmente cura di tutti i suoi figli. La vostra visita fa tornare alla mente il Cardinale Nsubuga e gli altri membri del vostro gregge che hanno concluso il loro pellegrinaggio sulla terra. Ricordo anche i missionari e i vostri fedeli ugandesi che hanno perso la vita nella violenza che ha colpito la vostra nazione. Mi unisco a voi nella preghiera affinché il Buon Pastore li accolga tutti nella sua pace gloriosa.

2. Nel considerare la vostra grave responsabilità nella cura del popolo di Dio, sono particolarmente consapevole delle prove e delle difficoltà che hanno ostacolato il vostro ministero episcopale. Il ristabilimento dell’ordine civile in molte parti dell’Uganda non ha ancora portato al lenimento definitivo dei dolorosi ricordi di conflitti e di violenze. E in alcune regioni le persone non sono ancora riuscite a superare il dolore e l’insicurezza causati dall’attività di forze ostili. So che voi e i vostri predecessori vi siete preoccupati di chieder conto a quanti violano la dignità umana dei loro concittadini. In tal modo la Chiesa manifesta la profondità della propria fedeltà evangelica a Cristo, il Principe della Pace, che ci ha insegnato ad amare sia gli amici che gli avversari. Avete dimostrato amore per le vittime innocenti parlando in loro difesa. Avete richiamato quanti hanno peccato contro la giustizia al cammino che condurrà alla riconciliazione con Dio e il prossimo. L’impegno nell’insegnamento e nella tutela dell’ordine morale stabilito dal Creatore è stato il fondamento di tutti i vostri sforzi per educare il vostro gregge sui diritti di tutte le persone, soprattutto le donne, i bambini, i rifugiati e i meno favoriti. Dato il vostro ruolo di autentici maestri della dottrina sociale della Chiesa, va menzionato in modo particolare il vostro contributo al processo di preparazione di una nuova Costituzione per il vostro paese. Nella vostra Lettera pastorale Collettiva e nel vostro lungo Memorandum su questo argomento, cercate giustamente di illuminare le realtà attuali della società ugandese con la saggezza di Dio, e fate appello ai fedeli affinché svolgano un ruolo attivo e responsabile nel portare a compimento questa importante impresa. In questo campo, come in tutte le fasi della vita civile, spetta specificamente ai laici dirigere il corso degli eventi nell’ordine temporale attraverso l’azione politica. I Vescovi e i sacerdoti sono sempre pronti ad assisterli in questo compito, soprattutto attraverso la formazione di coscienze cristiane, ma i Pastori non intendono mai usurpare il ruolo dei fedeli laici di operare per il bene comune in uno spirito di servizio (cf. Gaudium et spes, 76 e Christifideles laici, 42).

3. Nell’esaminare il vostro rapporto quinquennale, osservo che le iniziative per lo sviluppo sociale ed economico non sono state in grado di tenere il passo con i bisogni del popolo ugandese. Mentre la maggiore responsabilità del miglioramento di questa situazione tocca agli stessi ugandesi, mi sono spesso rivolto alla comunità internazionale perché offra un aiuto efficace. Continuerò a insistere sull’appello alla solidarietà che i popoli dell’Africa rivolgono ai loro fratelli e alle loro sorelle più fortunati, affinché ogni essere umano possa partecipare giustamente ai benefici della creazione. La Conferenza Episcopale dell’Uganda ha indicato che una delle preoccupazioni sociali urgenti che esige una risposta concertata da parte della comunità cristiana è l’assistenza ai rifugiati del Nord e del Sud del vostro paese. Vi sollecito a cercare modi di offrire cura pastorale a questi fratelli e sorelle che invocano solidarietà umana e spirituale. La generosità nei confronti di stranieri che si trovano senza patria in un paese estero rappresenta sempre una importante espressione di autentico amore cristiano, poiché la carità che esce dai confini della propria famiglia e della propria razza, tribù o nazione - fino ad abbracciare i propri nemici (cf. Mt 5, 44) - è la legge della Nuova Alleanza e il segno della nuova creazione.

4. Una seconda e ancor più drammatica sfida che si presenta alla Chiesa dell’Uganda è rappresentata dalla epidemia dell’AIDS. I dati indicano chiaramente la gravità della crisi, una crisi che tocca non soltanto i portatori del virus, ma anche le comunità di cui fanno parte. Qui occorre pensare soprattutto ai bambini, ai coniugi e agli altri membri delle famiglie dei colpiti. Tutto ciò che la Chiesa in Uganda ha già fatto e che è impegnata a fare a questo riguardo, come avete sottolineato nella vostra Lettera pastorale sull’argomento, è un mezzo attraverso il quale lo Spirito di Cristo rende presente nel mondo la vittoria sul peccato e la morte ottenuta per noi con la Croce. Nella lotta contro questa affezione è dovere speciale dei Vescovi della Chiesa sottolineare che ogni atto teso a prevenire e a curare deve fondarsi su una chiara comprensione dell’autentica dignità e del destino trascendente dell’uomo. Da una parte dovete incoraggiare uno stile di vita permeato dall’amore che trascende l’individuo e che è capace di un grande sacrificio personale. Dall’altra, la cura da offrire a quanti soffrono di Aids e HIV rappresenta un’espressione della solidarietà che unisce i membri della famiglia di Dio agli ammalati (cf. Discorso alla Conferenza Internazionale sull’AIDS, 15 novembre 1989). Come Maria era ai piedi della Croce per partecipare all’agonia di suo Figlio, così la Chiesa è accanto a quanti sono colpiti dall’AIDS. Nell’amorevole sollecitudine dei Pastori e dei fedeli laici che si occupano degli ammalati e fanno loro visita, la Chiesa spezza l’isolamento che tanto spesso provano coloro che soffrono. Nel Vangelo della speranza e dell’amore che i cristiani proclamano con le parole e ancor più eloquentemente con le azioni, gli ammalati sono in grado di scoprire il significato più profondo delle proprie sofferenze in unione col mistero del Calvario, e di riconoscere che nel Cristo Risorto essi non sono più “vittime”, bensì vincitori sulle forze del peccato e del male.

5. Il periodo trascorso dalla vostra ultima visita “ad limina” ha visto la pubblicazione della mia Lettera Enciclica Redemptoris missio, in cui invito la Chiesa a rinnovare il suo impegno missionario. (cf. n. 2). Spero che voi e i vostri collaboratori abbiano trovato in questa riflessione sulla missione “ad gentes” della Chiesa una conferma ai vostri numerosi sforzi di rispondere all’appello del Concilio Vaticano II di diffondere “ovunque il regno di Cristo” e di preparare “le strade a lui che viene” (Ad gentes, 1). Il fatto che una larga parte della popolazione dell’Uganda non abbia ancora ascoltato il Vangelo, e il rapido aumento del numero dei giovani, indicano che la consegna del Signore di andare e predicare (cf. Mc 16, 15) non ha perso nulla della sua urgenza nel vostro paese. Sei anni fa, nella vostra Lettera pastorale dal titolo Con un Nuovo Cuore e un Nuovo Spirito, avete notato l’urgenza di un’attività missionaria rivolta ai giovani e della formazione religiosa dei bambini e dei giovani adulti. Prego sinceramente affinché il Signore vi dia forza in questo importante servizio. L’istruzione religiosa dei bambini e dei giovani nelle scuole e nelle parrocchie rappresenta un elemento cruciale della cura pastorale che essi ricevono dalla Chiesa, e quindi va incoraggiato ogni sforzo che fate per garantire la completezza e l’efficacia della catechesi migliorando la qualità dell’istruzione e la formazione degli insegnanti. Vi chiedo di portare l’assicurazione della mia gratitudine ai religiosi e ai catechisti impegnati in questo compito vitale. Un altro importante settore di preoccupazione per la Chiesa in Uganda è la cura pastorale delle famiglie. Condivido la vostra apprensione quando vedete quanti membri del vostro gregge non possono partecipare pienamente all’Eucaristia perché la loro situazione coniugale non corrisponde alle aspettative di Cristo per i suoi seguaci, e quando osservate come un’inadeguata vita familiare nuoccia sia alla Chiesa che alla società. Confido che continuiate a fare tutto quanto è in vostro potere per promuovere iniziative che sostengano i mariti e le mogli cristiane nella loro vocazione e che appoggino il matrimonio monogamo, fedele e indissolubile, quale fondamento della vita familiare.

6. Dio vi ha dato i membri del vostro presbiterio perché siano i vostri principali collaboratori nell’assolvimento dei vostro doveri di Pastori. Il forte impegno della Conferenza Episcopale dell’Uganda nella formazione permanente dei sacerdoti è un chiaro riconoscimento di questo fatto. Istituzioni quali Il Centro Diocesano Nazionale di Rinnovamento del Clero intendono aiutare i sacerdoti a “ravvivare il dono di Dio che è in loro” (cf. 2 Tm 1, 6) e sostenerli in un processo di conversione permanente. In questo approfondimento dell’identificazione del sacerdote con Cristo Sommo Sacerdote, nulla potrà mai sostituire il vostro ruolo personale. Che possiate sempre trasmettere ai vostri sacerdoti il vostro zelo di portare cuori a Cristo. Sostenete i vostri sacerdoti nella loro decisione di essere fedeli. Legateli sempre più strettamente a voi con la sollecitudine paterna e fraterna che manifestate loro, soprattutto nei primi anni dopo l’ordinazione. Siete stati particolarmente benedetti da Dio con un’abbondanza di candidati al sacerdozio e alla vita religiosa. Di conseguenza, il rapido aumento del numero di seminaristi sta esigendo troppo dalle risorse dei seminari attualmente disponibili. In qualsiasi progetto di espansione delle risorse, la maggiore sollecitudine deve essere quella di garantire che vi sia un numero sufficiente di sacerdoti esemplari, ben preparati alle loro responsabilità nella formazione sacerdotale, al servizio di tali istituzioni. Il fatto che la Conferenza Episcopale dell’Uganda tenga ogni anno una seconda Assemblea Plenaria proprio allo scopo di esaminare lo stato dei seminari, parla in modo eloquente della vostra grave preoccupazione di migliorare questi programmi di formazione sacerdotale. Affido a voi l’ultima Esortazione postsinodale, Pastores dabo vobis. Spero che, insieme alle “Direttive sulla Formazione nei Seminari Maggiori” della Congregazione per l’Evangelizzazione e a tutti gli altri importanti documenti conciliari e postconciliari, vi aiuti a raggiungere questo obiettivo. Anche i religiosi e le religiose, la cui testimonianza e le cui attività sono tanto importanti nelle vostre Diocesi, hanno uno speciale diritto alla vostra sollecitudine pastorale. La voce del pastore deve incoraggiarli a condurre vite esemplari di castità, povertà e obbedienza, tutti segni della carità soprannaturale che li unisce in comunità che debbono trascendere ogni frazionalismo ed essere caratterizzate dall’integrità di vita. I Superiori di queste Comunità Religiose hanno particolarmente bisogno del sostegno del Vescovo per mettere a punto validi programmi di formazione e per fornire ai propri membri l’assistenza - sia morale che spirituale - di cui hanno bisogno al fine di restare fedeli alla vocazione ricevuta da Cristo.

7. Cari confratelli, spero che durante questo pellegrinaggio a Roma lo Spirito Santo ravvivi in voi la grazia che avete ricevuto attraverso l’imposizione delle mani. Dio vi ha fatti collaboratori di Pietro e vi ha mandati a predicare come Paolo. All’altare costruito sulle loro tombe presentate le vostre buone opere e la vostra determinazione a servire fedelmente la famiglia di Cristo. Non abbiate paura, perché da tutti i vostri sforzi Dio trarrà abbondanti frutti. Da parte mia affido voi e quanti sono affidati alla vostra cura pastorale alla protezione amorevole di Maria, Madre della Chiesa, e all’intercessione dei vostri Martiri, San Carlo Lwanga e i suoi Compagni. Nell’amore di Cristo vi imparto la mia benedizione apostolica.

 

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