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VISITA PASTORALE IN CAMPANIA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AGLI IMPRENDITORI, AI LAVORATORI E ALLA CITTADINANZA
NEL «CENTRO INGROSSO SVILUPPO» DI NOLA

Nola (Napoli) - Sabato, 23 maggio 1992

 

Egregio Signor Sindaco di Nola
e Sindaci degli altri 45 Comuni della diocesi,
Imprenditori, lavoratrici e lavoratori!

1. Con gioia saluto in voi tutto il popolo di questa Chiesa locale, così numerosa da costituire la seconda Comunità cristiana della Regione, preceduta soltanto, per numero di abitanti, dall’Arcidiocesi di Napoli. Rivolgo un particolare pensiero a voi, uomini e donne del mondo del lavoro, imprenditori e operai, convenuti in questo grosso centro commerciale in rappresentanza di tutti i settori della vostra attività: dall’agricoltura all’industria, dal commercio ai vari servizi pubblici e privati. Vi sono grato per la cordiale accoglienza. Sono grato al Signor Sindaco e ai Rappresentanti degli imprenditori e dei lavoratori, che hanno voluto non soltanto esprimermi il benvenuto da parte di tutti voi, ma anche descrivermi la non facile realtà di questa terra, che pur ricca di storia, di risorse e di potenzialità, è angustiata da gravi problemi.

2. Non a caso la mia visita ha preso avvio proprio dal mondo del lavoro. Se è vero infatti - come ho scritto nell’Enciclica Laborem exercens - che il “lavoro è una delle chiavi, e forse la chiave essenziale di tutta la questione sociale” (n. 3), è proprio nel mondo del lavoro, che anche voi potete trovare il punto di partenza per risolvere le problematiche sociali della vostra terra. Desidero, perciò, esprimervi la mia profonda simpatia e la sincera condivisione dei vostri progetti di sviluppo solidale e attento a ogni aspetto della situazione. Mi sento vicino a quanti vivono il dramma della disoccupazione o sono minacciati dalla precarietà del lavoro. Penso ai giovani in attesa del primo impiego e a coloro che si trovano in situazioni di marginalità o di sfruttamento; penso agli emigrati costretti a lasciare la propria terra per cercare lontano risorse più consistenti per le loro famiglie; agli immigrati che vengono qui con la speranza di essere aiutati dalla vostra ospitalità e dal vostro concreto spirito di condivisione. Ai poveri, dunque, ai più poveri tra i poveri, vada anzitutto il mio saluto. Ed è facendomi loro voce che mi rivolgo a quanti si adoperano seriamente, nelle pubbliche strutture e nell’ambito dell’imprenditoria privata, per creare nuovi posti di lavoro e promuovere un equilibrato sviluppo socio-economico dell’intera Regione. A tutti giunga il mio incoraggiamento più convinto e cordiale.

3. Il Signor Sindaco mi ha chiesto una parola che sia di stimolo e di orientamento per quanti sono alacremente impegnati nel promuovere la ripresa economica di questo vostro territorio. Il messaggio che quest’oggi lascio a tutti voi, come segno del mio affetto e a ricordo della mia visita, è lo stesso che ho avuto modo di ripetere in altre Città di questo meraviglioso Mezzogiorno d’Italia: la speranza! Costruire la speranza! Più grave del pur grave degrado economico e sociale è la rassegnazione. Guai a lasciarsi andare dinanzi ai fattori della disgregazione sociale che tanto vi danno pensiero! Guai a considerare irreversibile il processo di scadimento di quei valori, che sono stati e debbono tuttora costituire la ricchezza spirituale della vostra gente. Bisogna reagire con coraggio. In realtà, anche in quest’area del Sud d’Italia, non è mancato nei passati decenni un certo sviluppo economico. Ma, come è stato opportunamente sottolineato dai Vescovi italiani, tale sviluppo si è realizzato in modo incompiuto, frammentario, dipendente e spesso distorto (cf. CEI, Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno, 1989, 8-14). È cresciuto il benessere materiale, ma non sempre sono state rispettate le vocazioni storiche di questa terra. I grandi valori tradizionali, vero patrimonio spirituale, non hanno retto di fronte al cambiamento sociale e alle spinte del progresso tecnico e industriale. Lo sviluppo risulta così fortemente segnato da preoccupanti fenomeni degenerativi, che vanno denunciati con fermezza. Fortunatamente ci sono nel vostro popolo meravigliose energie di intelligenza, di onestà, di laboriosità, di solidarietà. So che è forte in voi la voglia di realizzare una società più equa e solidale. E sono lieto di constatare che, non solo nella preparazione immediata di questa Visita, ma già in risposta al mio invito ad “organizzare la speranza”, lanciato nella visita a Napoli del novembre 1990, la vostra Chiesa di Nola si è adoperata - attraverso alcune sue benemerite istituzioni e con molteplici strumenti catechetici e pastorali - per contribuire in maniera efficace al rinnovamento della politica e alla promozione della moralità nella vita sociale. Sono qui tra voi quest’oggi per esprimervi il mio plauso e il mio incoraggiamento. Siate in ogni circostanza esempi limpidi di coerenza personale e di rispetto della legalità. Oggi più che mai, infatti, è necessario che quanti si onorano di appartenere a Cristo e alla sua Chiesa offrano una credibile testimonianza della loro fede in tutta la loro esistenza.

Carissimi fratelli e sorelle della diocesi di Nola, per poter svolgere in maniera adeguata i vostri compiti nell’attuale società vi è richiesto di non separare mai il vostro cuore dal Vangelo. Il Vangelo, voi lo sapete bene, è una notizia vivente e coinvolgente, anzi, è una persona: la persona di Gesù, il Redentore dell’uomo, il Signore della storia. È lui la grande e bella notizia detta da Dio all’uomo. Egli non è solo la rivelazione di Dio all’uomo, ma anche la rivelazione dell’uomo a se stesso. “Nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo” (Gaudium et spes, 22).

4. Che cosa è dunque il lavoro alla luce della fede in Cristo, “verità” dell’uomo? Il significato e la dignità del lavoro umano vanno cercati primariamente nel soggetto che lo realizza: nell’uomo, creato a immagine di Dio, redento da Cristo, e chiamato a dominare la terra come collaboratore del Creatore. Il lavoro attinge così la sua dignità dal coinvolgimento dell’uomo nel disegno divino. Da questo principio, che va oggi proclamato con rinnovato vigore, derivano alcune precise istanze etiche, quali l’illiceità della riduzione del lavoro a merce, e il diritto di ogni uomo al lavoro e alla giusta retribuzione. Dopo il fallimento storico del comunismo, si crea ai nostri giorni il rischio di cedere a una sorta di idolatria del mercato (cf. Centesimus annus, 40), che, se dovesse affermarsi a livello nazionale e internazionale, porterebbe a conseguenze nefaste per i più poveri. Urge riaffermare le esigenze della giustizia, che nessuna regola di mercato può conculcare. Lo stesso diritto di proprietà privata dev’essere ordinato al principio della destinazione universale dei beni, divenendo sempre di più, in un contesto di libertà sociale, non solo garanzia di autonomia privata ma anche strumento di solidarietà (cf. Centesimus annus, 30).

5. In tale orizzonte, si comprende anche l’importanza dell’iniziativa imprenditoriale, che, se assunta e svolta in conformità alle esigenze etiche, è non solo fonte di ricchezza e di lavoro, ma anche fattore di autentica promozione sociale e culturale. Analogamente va riaffermato il valore dell’azione dei sindacati, a condizione che essi rimangano fedeli al loro compito di rappresentanza e di difesa dei diritti della giustizia, senza indulgere a chiusure corporative, senza cedere alla tentazione della corruzione e dell’abuso di potere, senza abbandonarsi a forme di lotta intemperanti e irrispettose del bene comune. Urge infine ribadire, nella stessa organizzazione del lavoro, l’esigenza che le aziende diventino “comunità” di persone (cf. Centesimus annus, 35), in cui i lavoratori dipendenti non siano solo esecutori materiali, ma si sentano in qualche modo personalmente partecipi del processo produttivo e protagonisti dei servizi da loro resi alla società. Responsabilità e solidarietà: ecco due condizioni indispensabili, che tra loro si richiamano nel processo di umanizzazione dei rapporti lavorativi. Responsabilità nell’adempiere ai propri obblighi contrattuali e occupazionali. Solidarietà nel costruire un modello di sviluppo sempre rispettoso della dignità umana e delle esigenze del bene comune. Si tratta, insomma, di affermare, a tutti i livelli e in tutti i ruoli, il primato dell’uomo, il primato dell’etica, il primato dell’amore.

6. Non è questa per voi, per ciascuno di voi, carissimi fratelli e sorelle, una grande sfida? Sì, tutti insieme siete chiamati a costruire la speranza. Costruitela, innanzitutto voi, cari giovani. Di fronte alle difficoltà del vostro ambiente e all’incertezza che grava sul vostro futuro, non cedete allo scoraggiamento; resistete alle lusinghe del consumismo che prospetta una vita facile basata sull’avere. Siate persone di forte tempra, che non schivano le fatiche e il sacrificio. Ci sono in voi enormi potenzialità: il vostro entusiasmo, la vostra creatività, il vostro impegno. Mettete le risorse della vostra giovinezza a disposizione del bene. Voi, imprenditori, operatori economici, responsabili dei servizi, abbiate chiaro e forte il senso della vostra vocazione. Siete chiamati a servire al bene di tutti ricercando con le vostre risorse, oltre che il legittimo profitto, anche e soprattutto la solidale crescita della vostra comunità di lavoro. Sia vostra cura contribuire alla gioia e alla realizzazione piena di quanti, prima di essere vostri “dipendenti”, sono vostri fratelli. Mi rivolgo a voi, lavoratori. Grazie alla vostra laboriosità, all’attaccamento alla famiglia e alla vostra occupazione, alla saldezza dei vostri principi etici e spirituali, voi potete contribuire in grande misura all’autentico progresso di questo territorio. Siatene coscienti e portate avanti con coerenza la vostra missione. A quanti svolgono funzioni pubbliche e sono responsabili dell’assetto complessivo della società, vorrei rinnovare l’invito a operare in ogni circostanza per il vero bene dei fratelli. Occorre riportare la politica all’altezza della sua missione. Nei nostri tempi di rapidi mutamenti sociali si avverte questa urgenza che concerne in primo luogo gli uomini “politici”, ma esige l’impegno di tutti, specie di quanti si richiamano agli ideali evangelici.

Dinanzi all’ampiezza dei compiti da realizzare, di fronte alla serietà dei problemi da affrontare ci si può sentir presi da trepidazione e forse anche da scoraggiamento. Carissimi, non abbiate paura delle difficoltà che potete incontrare sul vostro cammino. Accanto ai nostri passi incerti, c’è sempre il passo del Risorto, che cammina con noi. Cristo, solamente Cristo, è il fondamento incrollabile della nostra speranza!

E nel suo nome tutti vi benedico di cuore!   

Al termine del discorso, Giovanni Paolo II rivolge ai numerosi presenti ancora alcune parole:

Sono molto contento che il mio primo passo in questa città, in questa diocesi di Nola che ha tanti riferimenti storici - alla storia della Chiesa con san Paolino - sia stato qui, in questo ambiente della vita quotidiana. Attraverso quest’ambiente mi è dato adesso di entrare nella Chiesa, perché, come ho imparato durante il Vaticano II, la Chiesa è sempre nel mondo contemporaneo, ma anche il mondo è nella Chiesa.

 

 



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