Index   Back Top Print

[ EN  - IT ]

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE D
EL SUDAN
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Venerdì, 2 ottobre 1992

 

Cari fratelli Vescovi,

1. Porgo un cordiale benvenuto a Voi, Vescovi del Sudan, che siete giunti a Roma per la vostra quinquennale visita “ad limina Apostolorum”. Le sono grato, Arcivescovo Zubeir, per le cordiali parole che ha pronunciato a nome dei suoi fratelli durante la Conferenza Episcopale di cui è appena stato eletto Presidente. Ho guardato al nostro incontro con fervente desiderio e ho pregato ogni giorno per lei e per il suo clero, religiosi e laici impegnati. Tutti voi occupate un particolare posto nel mio cuore a causa delle sofferenze che affliggono la Chiesa in Sudan e della coraggiosa lealtà con cui essa reagisce. Nel salutarvi, cari fratelli, abbraccio con calore gli appartenenti alle vostre diocesi e tutto l’amato popolo sudanese. La prego di assicurare loro tutto il mio amore e le mie affettuose preghiere. Questo incontro è per me motivo di grande gioia perché è la prima volta che mi trovo con voi da quando Dio nella sua bontà mi ha concesso la gioia di elevare agli onori degli altari la vostra eroica connazionale Josephina Bakhita. Essa è realmente importante per la Chiesa del Sudan oggi! “Il suo è un messaggio di bontà eroica a immagine della bontà del Padre celeste. Ella ci ha lasciato una testimonianza di riconciliazione e di perdono evangelici, che recherà sicuramente conforto ai cristiani della sua patria... In questo momento di grandi tribolazioni Suor Bakhita vi precede sulla via dell’imitazione di Cristo, dell’approfondimento della vita cristiana e dell’incrollabile attaccamento alla Chiesa” (Omelia, 17 maggio 1992). Una di voi, una sorella del popolo sudanese intercede per voi presso Dio. Possa la sua memoria sostenere voi e i fedeli nelle vostre attuali sofferenze.

2. La cosa triste è che l’intera vita della Chiesa nel vostro paese è profondamente afflitta dagli eventi sociopolitici che vi hanno luogo. La guerra civile e la limitazione delle libertà fondamentali hanno un effetto negativo sulla società, e in particolare sulle attività della comunità Cattolica. In queste difficili circostanze la Chiesa è chiamata da Dio a proseguire la sua missione col medesimo coraggio e con una sempre maggiore fiducia in Lui. La Santa Sede e l’intera comunità cattolica del mondo seguono con attenzione e preoccupazione le sofferenze che state sopportando. La terribile sciagura causata dalla guerra è accompagnata anche dalla siccità, dalla carestia e dalle malattie. Milioni di sudanesi del Sud sono stati evacuati e vivono in condizioni precarie in campi profughi, nei Paesi vicini o nel deserto. Centinaia di migliaia di civili rimangono intrappolati mentre intorno a loro infuria la guerra. In questa situazione la Chiesa in Sudan cerca di alleviare per quanto possibile le sofferenze, specialmente attraverso la lodevole attività del Sudanaid. La Chiesa universale apprezza lo sforzo che i Cattolici del Sudan stanno compiendo per continuare a obbedire al comandamento del Signore di amare il proprio prossimo come se stessi (cf. Mt 19, 19) e riconosce che questa offerta viene fatta spontaneamente imitando Colui che per primo ci ha amati (cf. Gv 4, 19). Non solo riceviamo ma siamo anche chiamati a dare in abbondanza. Nelle attività delle vostre comunità cogliamo la luce della “più autentica essenza” della Chiesa: la Sposa che si dedica totalmente ad annunciare il nome splendente del suo Sposo e a considerarsi privilegiata per essere in grado di sacrificare tutto in nome del Suo Regno (cf. Ap 19, 7). Il mio cuore, come il vostro è profondamente afflitto da tutte queste sofferenze. Ancora una volta, con uguale sollecitudine rivolgo un appello a coloro nelle cui mani è riposto il destino del Sudan affinché depongano le armi di guerra, ricerchino la via della pace e ispirino le loro azioni alla legge eterna di Dio. L’Onnipotente ordina ai suoi figli di rispettare la dignità e i diritti di tutti gli esseri umani specialmente dei più deboli e indifesi. Le radici della guerra affondano nel cuore di chi rifiuta di sottomettersi con docilità a questo ordine della volontà divina. Unisco la mia voce alla vostra nel supplicare tutti coloro che sono coinvolti a intraprendere un sincero e leale dialogo di pace. Mi rivolgo ancora una volta alla comunità internazionale e a coloro che dirigono organizzazioni internazionali affinché considerino una priorità assoluta l’aiuto alle vittime innocenti di questo terribile conflitto.

3. Il rispetto per la libertà dell’individuo di ricercare la verità e di rispondere agli imperativi morali della coscienza è la “pietra angolare della struttura dei diritti umani” e “un punto di riferimento per i diritti fondamentali... in quanto va a toccare la sfera più intima dello spirito” (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 1 gennaio 1988). Qualsiasi ostacolo all’esercizio della libertà religiosa, inclusa l’inviolabile trascendenza della persona umana, offende la causa della pace. Solo dove l’ordine politico e sociale è interamente rivolto al bene dell’uomo può esservi pace. Quindi, ogni freno alla libertà religiosa nel vostro paese in questo momento, è quanto di più grave possa verificarsi in quanto va a minare qualsiasi possibilità di dialogo e di pace. In difesa della libertà religiosa, voi avete giustamente indicato i pericoli che derivano al vostro paese dal tentativo di fondare l’unità della nazione su un’unica religione e un’unica cultura. Questa meta, insieme all’applicazione dello Shariah ai non Musulmani, ha causato la perdita di molte libertà civili. Ciò è particolarmente evidente ovunque vi siano discriminazione nell’educazione, persecuzione di sacerdoti, religiosi e catechisti, l’espulsione di missionari, l’impedimento di una legittima espressione di fede, la mancanza di autentica libertà nelle conversioni e ovunque i battezzati vengano considerati come “stranieri” nella loro terra natale.

4. Seguendo gli insegnamenti di Gesù Cristo, i Cattolici del Sudan si stanno sforzando di reagire a questa ingiustizia nello spirito delle Beatitudini: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5, 9). La pace e la riconciliazione donate da Dio sono, senza dubbio, i beni spirituali di cui la vostra nazione ha maggiormente bisogno dopo anni di triste violenza. La vostra Lettera pastorale dello scorso anno, Un Invito alla Riconciliazione e alla Pace, ribadisce che nelle sofferenze a cui è sottoposto il popolo del Sudan, la Chiesa cerca innanzitutto di essere uno strumento per costruire una società che sia veramente degna dell’uomo. Ciò non significa che dinanzi alle ingiustizie voi non dobbiate dire prontamente la verità e rivendicare i vostri legittimi diritti così come avete fatto nella Lettera pastorale. La Verità vi renderà liberi. La vostra esortazione a tutti gli uomini e le donne di buona volontà a percorrere la via del rispetto reciproco e della riconciliazione è un’affermazione del vostro desiderio e del vostro impegno a unirvi ai vostri connazionali musulmani e a costruire una società con l’energia che deriva dalla venerazione di Dio.

5. Il fatto che il vostro piccolo gregge sia stato in grado di affrontare sfide tanto difficili è un omaggio a coloro che nel corso degli anni si sono adoperati per costruire il Corpo di Cristo in Sudan. Lo zelo di tanti sacerdoti e religiosi – alcuni figli del Sudan e altri venuti come missionari – e la devozione dei catechisti che lavorano tanto generosamente al loro fianco, mostrano la forza della grazia di Dio che, come scrisse San Paolo, “ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare” (Ef 3, 20). Desidero rendere omaggio ai sacerdoti missionari e ai fratelli e alle sorelle religiosi che condividono con voi il peso pastorale delle vostre diocesi. La loro presenza e la loro generosa dedizione costituiscono certamente un’importante fonte di incoraggiamento per i fedeli. Essi sono i segni viventi dell’universalità della Chiesa e della solidarietà che caratterizza la comunione delle Chiese particolari. È particolarmente commovente che in mezzo a tante difficoltà, rivolgiate la vostra attenzione alla formazione di coloro che lavorano nella vigna del Signore. Desidero incoraggiarvi a continuare ad alimentare le vocazioni e a formare i seminaristi nonostante tante difficoltà. Sottopongo alla vostra attenzione la recente Esortazione postsinodale, Pastores dabo vobis. Mi auguro che questo ultimo documento riguardante la vita sacerdotale e la formazione possa aiutare voi e i vostri sacerdoti e seminaristi a uniformare i vostri cuori e le vostre menti sempre di più al modello del Buon Pastore. Possano le preghiere costanti, il ricevimento e la celebrazione dei sacramenti e tutte le opere buone caratterizzare il vostro ministero e la vostra vita sacerdotale. I sacerdoti più anziani, nonché i seminaristi più giovani sono chiamati ogni giorno a lottare per dimostrare la carità pastorale di Dio (op. cit., 57), che si misura con la sollecitudine di consacrare tutto, persino la propria vita, alla salvezza del gregge. Il ruolo del Vescovo non è soltanto di tipo amministrativo. Egli diviene attraverso la propria consacrazione un autentico successore degli Apostoli. “Con la sua presenza e con la condivisione con i candidati al sacerdozio di tutto ciò che riguarda il cammino pastorale della Chiesa particolare, il Vescovo offre un apporto fondamentale alla formazione del «senso della Chiesa»” (op. cit., 65). Spero che non trascurerete questo aspetto vitale della vita ecclesiastica.

6. Infine vi prego di rendere la vostra Conferenza Episcopale un utile strumento sotto le direttive dei padri del Concilio Vaticano II: infatti la condivisione delle idee e lo scambio di opinioni conducono a “una santa concordia di forze, per il bene delle Chiese” (Christus Dominus, 37). La crescita di un autentico spirito di cooperazione collegiale e di solidarietà darà a ciascuno di voi la forza di affrontare i compiti a cui siete chiamati al servizio della Chiesa. Lavorando insieme nella fiducia reciproca e nell’amore fraterno, riceverete l’uno dall’altro l’aiuto di cui avete bisogno per sviluppare un piano comune di iniziative pastorali per far fronte alle gravi sfide attuali di cui tutti siamo responsabili: provvedere alla cura pastorale in zone che per molto tempo sono rimaste prive di sacerdoti, evangelizzare e offrire una catechesi e una formazione cristiana adeguate, promuovere la celebrazione del sacramento del matrimonio tra cristiani e rafforzare la vita familiare. La Conferenza dovrebbe servire a coordinare attivamente gli sforzi e a garantire un’amministrazione responsabile delle vostre risorse e dell’aiuto che vi viene offerto dagli altri.

7. Cari fratelli, il vostro pellegrinaggio a Roma dimostra che i vincoli di comunione della Chiesa trascendono qualsiasi confine regionale o nazionale, e che il Vescovo di Roma è il garante della sua unità e l’autentico interprete delle sue richieste. In questa luce certi aspetti pratici del vostro ministero episcopale trovano il loro più pieno significato. La vostra sollecita e spontanea cooperazione con la Santa Sede attraverso la Nunziatura apostolica, nonostante i gravi problemi locali, proclamerà eloquentemente la vostra fedeltà alla “pietra” su cui Cristo ha voluto fondare la sua Chiesa (cf. Mt 16, 18).

Spero che la vostra Visita “ad limina” avrà come risultato un rinnovato senso di comunione con la Chiesa universale, costruita sul sicuro fondamento di Cristo (cf. 1 Cor 3, 11), alimentata dalla testimonianza degli Apostoli e sostenuta in ogni epoca e in ogni luogo dall’azione dello Spirito Santo. I fedeli del Sudan fanno pienamente parte della Ecclesia Dei che, fin dai suoi primi giorni di vita nella Pentecoste, ha dovuto affrontare opposizioni e ostilità. Tuttavia, “dalla forza del Signore risuscitato trova forza per vincere con pazienza e amore le sue interne ed esterne afflizioni e difficoltà” (Lumen gentium, 8). Prego affinché sulla tomba del Principe degli Apostoli, voi stessi abbiate potuto provare la conferma della vostra comunanza con Pietro, che come ci dicono gli Atti degli Apostoli, era lieto “di essere stato oltraggiato per amore del nome di Gesù” (At 5, 41). Possa Dio rendere i vostri cuori sempre più orgogliosi di ripetere le parole di San Paolo: “Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte” (2 Cor 12, 10).

Assicurandovi il mio affetto sincero, vi affido insieme ai vostri amati sacerdoti, religiosi e laici impegnati, all’infallibile protezione di Maria, Aiuto dei Cristiani, e come voto di pace e carità nel suo Figlio divino vi imparto la mia benedizione apostolica.

 

© Copyright 1992 - Libreria Editrice Vaticana

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana