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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI DEL CORPO DIPLOMATICO
ACCREDITATO PRESSO LA SANTA SEDE IN OCCASIONE
DELLO SCAMBIO DEGLI AUGURI PER IL NUOVO ANNO*

Sabato, 16 gennaio 1993

 

Eccellenze, Signore, Signori,

1. All’inizio del 1993, mi è particolarmente gradito ricevere gli auguri che l’Ambasciatore Joseph Amichia ha cortesemente espresso a vostro nome. Vi ringrazio vivamente per la vostra presenza oggi, come per l’interesse e per la comprensione benevola con cui seguite quotidianamente l’attività della Santa Sede. Vogliate accettare anche voi gli auguri ferventi che affido a Dio nella Preghiera per le vostre persone e le vostre famiglie, per la vostra nobile missione di diplomatici e per i popoli ai quali appartenete. Centoquarantacinque Paesi hanno oggi rapporti diplomatici con la Santa Sede. Solo nel 1992 sedici Paesi hanno voluto instaurare questo tipo di collaborazione e sono felice di vedere tra voi questa mattina, per la prima volta, gli Ambasciatori di Bulgaria, di Croazia, del Messico, di Slovenia. Così, le attese e le speranze della maggior parte dei popoli della terra risuonano nel cuore stesso della cattolicità. Spero che le circostanze permetteranno ad altri Paesi di unirsi a quelli qui rappresentati: penso, tra gli altri, alla Cina e al Vietnam, a Israele e alla Giordania, per citarne solo alcuni. Ascoltando le attente riflessioni del vostro Decano e osservando i vostri visi mi tornavano alla mente molti dei Paesi visitati in occasione dei miei viaggi apostolici. Mi è gradito evocare questo mondo meraviglioso, la sua natura e il suo patrimonio culturale; mi è gradito evocare quelle popolazioni laboriose, spesso sprovviste dei beni materiali, ma che sanno resistere alla tentazione della disperazione; e certamente, mi è gradito evocare i figli della Chiesa: essi con le loro inesauribili risorse spirituali e attraverso l’impegno cristiano di ogni giorno – talvolta in un contesto di indifferenza religiosa, cioè di ostilità – testimoniano che “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3, 16). Quante ricchezze umane e spirituali nella diversità delle nazioni! La luce del Natale ha illuminato questo mondo con uno splendore incomparabile e continua a dare alle attività umane il loro giusto rilievo, svelando il bene realizzato e gli sforzi intrapresi per migliorare alcune situazioni; ma questa luce mette anche in evidenza le mediocrità e i fallimenti che minano la vita degli uomini e delle società. Anche quest’anno, considerando l’umanità che Dio ama e non smette di sostenere nella sua esistenza e nella sua crescita (cf. At 17, 28), dobbiamo, purtroppo, constatare che due mali la attanagliano sempre: la guerra e la povertà.


*L'Osservatore Romano 17.1.1993 pp.6-7.

 

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