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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELL’UNGHERIA
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Giovedì, 28 gennaio 1993

 

Cari Confratelli nell’Episcopato,

1. A conclusione della vostra visita “ad limina” vi saluto tutti molto cordialmente, con uno speciale pensiero il Signor Cardinale Laszlo Paskai, Primate d’Ungheria. Ho già avuto occasione di incontrare ognuno di voi per una conversazione personale. Avete manifestato le vostra fede venendo a venerare le tombe dei Santi Pietro e Paolo, Principi degli Apostoli. Questa fede ha sostenuto voi e i vostri fedeli anche durante i decenni dell’oppressione e della pesante limitazione della libertà. Vi ringrazio per aver scambiato con me e con le varie Autorità centrali della Sede apostolica, che condividono la mia “sollecitudine per tutte le chiese” (2 Cor 11, 28) e sono pure a vostra disposizione, le vostre esperienze circa le consolazioni di Dio come pure circa le prove, i dolori e le speranze. Tutto ciò fa parte delle vostre preoccupazioni per il gregge di Cristo, che vi è affidato a livello diocesano.

Per la prima volta saluto in occasione della visita “ad limina” i fratelli Nándor Takács di Székesfehérvar, Lajos Pápai di Györ, Mihály Mayer di Pécs, Ferenc Keszthely di Vác, Asztrik Várszege di Pannonholma e i Vescovi ausiliari István Acs, Vilmos Dekány, Béla Balás e Csaba Ternyák. Inoltre voglio salutare il nostro fratello Attila Miklósházy, al quale è affidata la pastorale a favore degli ungheresi all’estero.

2. Con viva riconoscenza ricordo la visita pastorale compiuta nel vostro amato paese nel 1991. Il numero impressionante di fedeli partecipanti ha dimostrato all’opinione pubblica di tutto il mondo che nel vostro paese il cristianesimo e il legame con il Successore di Pietro sono rimasti vivi. Il Signore faccia sì che la vita di fede dei cattolici e, più generalmente dei cristiani, ora in pieno risveglio, conosca anche in avvenire animazione e approfondimento! Mi ha fatto grande piacere apprendere che i miei discorsi, pronunciati durante quella visita, fanno ora parte dell’annuncio della Parola, dell’insegnamento della religione e di corsi di spiritualità. Possa l’unione tra il ministero di Pietro e la Chiesa nel vostro Paese rimanere tale e fortificarsi anche in avvenire! Ringrazio il Presidente della vostra Conferenza, il nostro fratello István Seregély, per le fiduciose parole di saluto, con le quali ha descritto le difficoltà e le sfide, che deve affrontare la Chiesa in Ungheria, illustrando nel contempo anche i passi già intrapresi nella direzione di un rinnovamento promettente.

3. La Chiesa in Ungheria con la sua tradizione millenaria ha conosciuto un periodo di dure prove, che le sono state imposte in seguito alla divisione delle sfere di influenza politica, avvenuta alla fine della seconda guerra mondiale. Con grandi sacrifici avete cercato anche in tempi difficili di essere vicini agli uomini nelle loro molteplici sofferenze. Il vostro predecessore, il grande e indimenticabile Cardinale József Mindszenty, “che ha lasciato una luminosa testimonianza di fedeltà a Cristo, alla Chiesa e alla sua patria” (Omelia durante la celebrazione eucaristica a Esztergom, 16 agosto 1991, n. 5), è stato sempre un esempio, con la sua lotta per la libertà della religione e con la sua convinzione circa l’incompatibilità tra il cristianesimo e la imposta ideologia marxista-leninista. Soltanto a seguito dei cambiamenti avvenuti, gli uomini nel vostro Paese hanno preso piena coscienza dello stato di distruzione e devastazione della società nella quale vivevano. Per molti di loro, la Chiesa è restata, in questa situazione di rivolgimenti una delle poche istituzioni credibili. Grande è la fiducia in voi riposta e grandi sono le attese a voi rivolte.

Per l’adempimento dei numerosi compiti che vi sono stati affidati e che voi non potete rifiutare, per i quali anzi voi vi impegnate con piena consapevolezza e con ogni vostra energia, sarà necessario intraprendere grandi sforzi ideali e personali. È vero che è finito il periodo del totalitarismo che, in nome di un’ideologia profana della salvezza, opprimeva la religione e la fedeltà alla Chiesa con misure dittatoriali. Attualmente però il vostro Paese si trova sotto l’influenza di un orientamento consumistico che vi si è imparto ed è minacciato dal dissolvimento dei valori tradizionali. Esiste il pericolo del passaggio da una dipendenza a un’altra, non meno opposta all’autentica promozione umana, con la tendenza di impedire al cristianesimo di giocare, nel modo dovuto il suo ruolo irrinunciabile di parte integrante della storia e della cultura ungherese. Vorrei perciò dirvi con l’Apostolo Paolo: “Non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù” (Gal 5, 1).

Durante i quaranta anni di dominazione comunista, i vostri sacerdoti hanno spesso compiuto azioni eroiche. Molti di loro hanno dovuto anche fare l’amara esperienza della solitudine, con la conseguenza di un frequente ripiegamento su se stessi e dell’allontanamento dagli altri. Questa esperienza è stata accentuata dalle delusioni ricevute in qualche caso da Confratelli che non sempre esercitavano il loro ministero sacerdotale come sarebbe stato auspicabile, cioè in armonia e in aperta simpatia reciproca, sotto la direzione responsabile dei Pastori. Indicate loro la via giusta e offrite anche a loro la vostra disponibilità al perdono. La Chiesa ha ricevuto la missione di andare incontro agli uomini. I sacerdoti non si devono accontentare di una vita ritirata nelle parrocchie e nelle case religiose aspettando che gli altri si rivolgano a loro (cf. Discorso ai seminaristi ungheresi a Budapest, 19 agosto 1991, n. 4).

Vi esorto di cuore ad essere vicini ai vostri sacerdoti, perché abbiano nuovamente fiducia negli uomini e cerchino a loro volta di guadagnarsi la fiducia degli uomini andando loro incontro con animo aperto, per superare le barriere dell’isolamento e acquisire così nuovo ottimismo. Soltanto da quest’apertura reciproca può nascere a tutti i livelli della vita ecclesiale quella disponibilità alla cooperazione che è oggi irrinunciabile. I sacerdoti non possono e non devono affrontare da soli il lavoro nei vari campi; ciò significherebbe pretendere troppo da se stessi, col risultato di ritrovarsi sovraccarichi e non più disponibili per l’auspicata presenza pastorale tra la gente. La preparazione di laici qualificati è quindi una urgente necessità per ristabilire la comunicazione tra i vari livelli della vita ecclesiale. Questo è importante anche in considerazione dei prossimi sinodi diocesani. Voi avete già avviato in questo senso numerose utili iniziative.

Così si deve, per esempio, citare la rivitalizzazione dell’Accademia “Peter Pázmány”, che si occupa della formazione secondo un orientamento cristiano di professori di scuola media e giornalisti. Già prima quest’Accademia aveva istituito un corso di teologia per corrispondenza, che rendeva possibile e intensificava la formazione di laici impegnati. Sotto il regime comunista lo Stato ha cercato in tutti i modi di mettere l’una contro l’altra le varie componenti della Chiesa. La differenziazione inerente ai diversi compiti e ministeri all’interno della Chiesa è stata, con sofisticate manipolazioni, strumentalizzata e presentata come opposizione, a danno di tutta la comunità ecclesiale. È vero che oggi questo problema è superato, ma si deve pur sempre costatare che l’immagine di autonomia e le attività di certi gruppi di base non favoriscono la cooperazione. I movimenti, che durante gli anni dell’isolamento hanno preso posizioni problematiche dal punto di vista teologico ed ecclesiologico, devono mostrarsi disponibili al cambiamento, in modo da poter essere recepiti pienamente nella comunione ecclesiale.

4. Il sistema di insegnamento marxista e i mezzi della comunicazione sociale monopolizzati dallo Stato hanno lasciato l’eredità di conoscenze religiose carenti o perlomeno deformate. In questo contesto vi incoraggio ad approfittare delle nuove possibilità di cui la Chiesa dispone attualmente, per trarne, a lungo o a medio termine, i possibili frutti. Dobbiamo soprattutto pensare all’insegnamento della religione, che ora è possibile nelle parrocchie e anche nelle scuole. I genitori godono della piena libertà e del diritto di far impartire ai loro figli, con la partecipazione all’insegnamento della religione, quella istruzione che è conforme alle loro proprie convinzioni. Sì, incombe ai genitori “il grave dovere... di tutto predisporre o anche di esigere, perché i loro figli possano usufruire degli aiuti necessari ed in armonia con la formazione profana progrediscano in quella cristiana” (Gravissimum educationis, 7). La Chiesa, da parte sua, ha il dovere di adempiere il proprio compito dell’educazione religiosa (cf. Gravissimum educationis, 3), che assolve in collaborazione con i genitori, con la società e con lo Stato.

Le persone, che per quarant’anni hanno sofferto sotto il regime a causa della loro fede, hanno il diritto di far uso delle nuove possibilità aperte all’annuncio della fede e all’impegno ecclesiale. Ai vostri sforzi, miranti a trasmettere nelle scuole cattoliche alla giovane generazione la concezione dei valori cristiani, va il mio apprezzamento. L’istituzione di accademie pedagogiche riveste anch’essa la sua importanza, giacché grazie ad esse sarà possibile disporre di personale insegnante qualificato.

5. Doverosamente un’altra vostra preoccupazione particolare sono le vocazioni sacerdotali e religiose. Anche qui i cambiamenti decisivi si manifesteranno soltanto gradualmente. Con grande soddisfazione ho appreso che gli Ordini religiosi, che possono ora nuovamente organizzarsi e operare in libertà, hanno in alcuni casi un numero considerevole di vocazioni. La rinascita delle comunità religiose maschili e femminili, la cui irradiazione è spesso considerevole, è un elemento decisivo per un ampio rinnovamento della vita ecclesiale nel vostro Paese. Vi prego di prestare anche grande attenzione alla formazione sacerdotale. Nei decenni passati, il numero dei seminari maggiori è sceso della metà. Ciò che, in primo luogo, occorre assicurare è la formazione qualificata dei futuri responsabili e insegnanti. Nell’interesse di un adeguato livello scientifico dell’insegnamento e della formazione sacerdotale non è indispensabile che ogni diocesi cerchi di istituire il suo proprio seminario; anzi, così facendo, si indebolirebbero i seminari già esistenti e si limiterebbe la qualità della formazione (cf. Optatam totius, 7).

Nel quadro di una legislazione universitaria, si dovrebbe inoltre cercare una soluzione che salvaguardi la libertà dei seminari e delle facoltà di teologia, garantendo però allo stesso tempo il riconoscimento dell’insegnamento che vi è impartito e la concessione delle facilitazioni dovute in base alla cittadinanza.

6. È anche molto urgente la formazione “nella tecnica, nella cultura e nella vita morale” di giovani impegnati dal punto di vista religioso, perché possano svolgere la loro opera nel settore dei mezzi della comunicazione sociale (Inter mirifica, 15). La discriminazione nei confronti di tutto ciò che riguarda la religione e la Chiesa è un’altra eredità del passato sistema, poiché il giornalismo era precluso ai cittadini critici e ancora più ai cristiani. La conseguenza di questa situazione si rileva persino in quei mezzi della comunicazione sociale che operano senza manipolazioni e non esercitano alcuna critica unilaterale, perché anche in essi c’è carenza per quel che riguarda i temi religiosi ed ecclesiali. Molti giornalisti mancano persino delle conoscenze più elementari su religione, cristianesimo e Chiesa. Nei mezzi della comunicazione sociale perdurano ancora, in parte, le vecchie alleanze. Chi ha idee contrarie, vi trova quindi difficilmente accesso.

Per questa ragione vi prego insistentemente di preparare, per gli strumenti di comunicazione elettronici e per la stampa, buoni giornalisti che lavorino con uno spirito nuovo. Fate in modo che venga riservato uno spazio adeguato alle trasmissioni delle quali è responsabile la stessa Chiesa. Non possiamo permettere che nella radio e nella televisione l’interpretazione di temi religiosi ed ecclesiali sia monopolio di altri che ne approfittano per far rivivere vecchie tesi e pregiudizi. Se nel caso della presentazione e interpretazione autentica della tradizione cristiana la Chiesa insiste sulla sua competenza specifica, non si tratta affatto di un abuso di potere; un tale abuso invece viene esercitato da coloro che vorrebbero negarle questo diritto.

7. Negli ultimi anni voi stessi, cari fratelli, dovevate sopportare fin troppo spesso giudizi incompetenti da parte dei mezzi della comunicazione sociale. Da una parte, vi veniva rivolta l’accusa di un esagerato tradizionalismo, dall’altra quella di un progressismo deformato. Non lasciatevi confondere, ma difendete la vostra comune responsabilità per l’unità della Chiesa in Ungheria; nessuno allora potrà provocare divisioni nelle vostre file. L’unità tra di voi è non meno importante del legame con il Successore di Pietro. Questo principio deve guidare il lavoro pastorale nelle vostre diocesi. Per il settore della catechesi e della formazione degli adulti vi è stato consegnato recentemente un ottimo strumento: il Catechismo della Chiesa Cattolica. La sua traduzione nella vostra lingua ha già fatto grandi progressi. Anche i presupposti materiali fanno parte di una pastorale efficace. Non mi è sfuggito che la restituzione dei beni della Chiesa incontra, nel quadro del piano decennale, delle difficoltà.

Sapendo che non tutti i problemi possono trovare una rapida soluzione, vi esorto di insistere pazientemente sull’attuazione delle misure già decise e di mirare con equilibrio e disposizione all’intesa a un rinnovamento a lungo termine. Anche il miglioramento e la definizione dei confini delle diocesi serve, in ultima analisi, all’attuazione di una migliore pastorale. È decisamente conforme alle norme del Decreto del Concilio Vaticano II sull’ufficio pastorale dei Vescovi nella Chiesa che il Vescovo, per visitare le parrocchie, debba superare soltanto una distanza limitata, con un impiego di tempo accettabile. È quindi auspicabile che il progetto ispirato a questi criteri, venga realizzato in modo efficace e rapidamente, perché “si possa il più perfettamente possibile provvedere all’assistenza spirituale del popolo di Dio” (Christus Dominus, 22).

8. Con gioia e soddisfazione ho appreso dai Rapporti quinquennali che la vita eucaristica e la prassi penitenziale dei fedeli sono state rivitalizzate e che la frequenza delle funzioni liturgiche è chiaramente aumentata. Per quel che riguarda l’istruzione religiosa vi attendono indubbiamente grandi compiti. La immutabilità e oggettività delle leggi morali e soprattutto la responsabilità etica nei confronti della vita nascente ne sono una parte essenziale. Proprio recentemente voi avete mostrato come l’insegnamento morale della Chiesa non possa seguire il parere maggioritario del Parlamento, ma debba adeguarsi all’insegnamento di Cristo e agli orientamenti del Magistero. In questo contesto voglio ringraziarvi esplicitamente per la vostra chiara presa di posizione, manifestata durante gli ultimi mesi in occasione della discussione a proposito del valore inviolabile della vita umana fin dal suo concepimento.

Questo valore ha il suo fondamento nell’essenza stessa della vita umana. Essa è e resta indisponibile, né di essa si può decidere entro la scadenza di un determinato periodo di tempo. Anche se nel vostro Paese la legislazione non è conforme all’insegnamento della Chiesa, vi prego insistentemente di far sì che le strutture ecclesiali siano vicine alle donne in difficoltà, e questo anche nel caso di chi abbia preso posizione contro la vita nascente. Quando aiuta a impedire gli aborti, proprio allora la Chiesa agisce nell’interesse delle donne.

9. Per la Chiesa in Ungheria sono anche importanti la collaborazione ecumenica e il dialogo con le comunità ebraiche. La ricerca della piena unità con tutti coloro che credono in Cristo, deve accompagnare e caratterizzare il cammino della Chiesa. Abbiamo terminato da poco la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, il cui tema era: Frutto dello spirito – l’unificazione in Cristo. La prassi ecumenica si dimostra ottima in tutte le forme di aiuto diretto per il prossimo. Oggi si comprende anche meglio la necessità della preghiera per l’“unità”, che non è semplicemente una cosa raggiungibile dagli uomini e neanche una questione di buona volontà, ma è un dono di Dio. Voi avete chiaramente preso posizione contro il risveglio del razzismo e dell’antisemitismo in Europa. Questa presa di posizione è un contributo importante a un atteggiamento spirituale che non conosce alcuna differenza tra gli uomini, ma invita a una costruttiva collaborazione in spirito del reciproco rispetto.

10. Anche il vostro appello ai fedeli di impegnarsi maggiormente in campo sociale e caritativo sarà certamente ben accolto. Non possiamo rimanere indifferenti di fronte alla sorte dei nostri fratelli malati, anziani e handicappati e neppure di fronte al numero crescente di disoccupati. Il popolo ungherese non farà certamente mancare l’impegno personale e l’aiuto materiale; di ciò ha dato dimostrazione negli ultimi anni. È stato il vostro popolo a fare già nel passato eroici sacrifici per venire incontro al desiderio di libertà, ad assistere nel 1989 in modo esemplare i profughi e ad aprire infine le frontiere. Il bisogno di aiuto, indipendentemente da motivi religiosi, nazionali o ideologici, è stato per voi il criterio decisivo quando si trattava di aiutare le popolazioni dei Paesi vicini che soffrivano per gli avvenimenti bellici. I vostri fedeli hanno dimostrato in modo eloquente che per la Chiesa non ci sono né stranieri né estranei: essa possiede carattere universale e vuole quindi essere la patria di tutti gli uomini.

La Chiesa esiste al di là di ogni nazionalità, ma questo non significa che non dobbiamo prestare una particolare attenzione alle minoranze e ai loro diritti. Fa parte dei diritti fondamentali delle minoranze “il diritto all’esistenza, il diritto alla salvaguardia della propria cultura, all’uso della lingua madre e al rapporto con altri gruppi che condividono la propria eredità culturale e storica, pur vivendo sul territorio di un altro Stato” (Omelia durante la celebrazione eucaristica a Mariapócs, 18 agosto 1991, n. 2).

11. Cari fratelli, insistete sempre, anche in avvenire sempre, sulla capacità della Chiesa di creare comunità. Soltanto così la nuova evangelizzazione potrà contribuire alla pacifica convivenza in Europa. È stato il Re Stefano, il vostro grande Santo, a indicarvi la strada per compiere i vostri doveri sulla via dell’avvenire con decisione, coraggio e attaccamento alla fede. La Magna Domina Hungarorum, così profondamente venerata dal vostro popolo da più di mille anni, interceda per voi presso suo Figlio e vi accompagni nel vostro cammino. Dio protegga la Chiesa e tutti gli abitanti dell’Ungheria!

 

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