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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL PELLEGRINAGGIO DI BERGAMO
NEL XXX ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI GIOVANNI XXIII

Giovedì, 3 giugno 1993

 

Carissimi fratelli e sorelle!

1. Sono lieto di accogliervi in Udienza speciale e di porgere a tutti il mio saluto più cordiale. Ringrazio il vostro Vescovo, il carissimo Monsignor Roberto Amadei, che ha così efficacemente interpretato i vostri sentimenti di fede e di attaccamento al Successore di Pietro.

Con questo pellegrinaggio a Roma voi intendete commemorare il compianto mio predecessore Giovanni XXIII, nel 30 anniversario della sua dipartita da questa terra verso il cielo. Papa Giovanni, figlio eletto della terra bergamasca, esponente di spicco della vostra Comunità civile ed ecclesiale, si distinse sia per le sue doti personali sia per l’impulso impresso alla Chiesa, agli inizi degli anni ‘60. Si spense, al termine di una penosa malattia che lo avvicinò ancor più alla gente, il 3 giugno del 1963.

A ricordo di quella data mesta e ricca ad un tempo di significato, siete tornati oggi sulla sua tomba per pregare, per meditare le sue parole e i suoi insegnamenti. Siete venuti per incontrarmi e io sono riconoscente per questo vostro gesto di fede e di devozione, lieto di poter rievocare insieme con voi il volto sorridente e buono del grande ed umile Pontefice bergamasco.

In questa stessa circostanza è vostra intenzione celebrare anche il 25 della inaugurazione. del nuovo seminario, dedicato appunto a Giovanni XXIII, e ringraziare il Signore per la fioritura di vocazioni sacerdotali manifestatasi in questi anni.

2. La vostra presenza, carissimi, risveglia in me le emozioni vissute durante la Visita Pastorale, che ho potuto compiere il 26 aprile 1981 a Sotto il Monte. Sono passati ormai parecchi anni, ma è sempre vivo nella memoria il ricordo dell’itinerario svolto: la concelebrazione all’aperto, la visita ai luoghi familiari e al Museo di Ca’ Maitino, e poi la sosta a Bergamo con l’incontro con i giovani, la visita al Seminario e la solenne liturgia al centro della Città, sottolineando la fede, il coraggio, la fiducia di Papa Giovanni, erede del sobrio e mistico patrimonio spirituale dei vostri antenati.

La vostra presenza è richiamo soprattutto a quei primi giorni del mese di giugno del 1963, nei quali il mondo si ritrovò a seguire con commozione la lenta agonia e la morte del Pontefice.

Al tramonto di quel lunedì di Pentecoste, proprio al termine della celebrazione eucaristica, presieduta sul Sagrato della Basilica Vaticana dal Cardinale Luigi Traglia, Vicario di Roma, moriva serenamente il Papa della bontà, dopo quattro anni e sette mesi di pontificato.

Voi siete venuti, carissimi Fratelli e Sorelle, per rivivere nella meditazione e nella preghiera questa pagina importante della storia della Chiesa: la scomparsa del Papa “buono”, il Papa del Concilio Vaticano II.

3. Riflettere sulla sua Persona e sul suo peculiare messaggio spirituale: ecco il vostro intento e lo scopo anche dell’odierno nostro appuntamento. Occorre rimanere fedeli ai suoi esempi e al suo Magistero.

Nel discorso pronunciato in occasione della solenne apertura del Concilio, egli ebbe a ricordare chiaramente: “Il grande problema, posto davanti al mondo, dopo quasi due millenni resta immutato. Il Cristo, sempre splendente al centro della storia e della vita; gli uomini o sono con Lui e con la Chiesa sua e allora godono della luce, della bontà, dell’ordine e della pace; oppure sono senza di Lui o contro di Lui, e deliberatamente contro la sua Chiesa: divengono motivo di confusione, causando asprezza di umani rapporti e persistenti pericoli di guerre fratricide” (Discorsi Messaggi Colloqui del Santo Padre Giovanni XXIII, vol. IV, Tipografia poliglotta vaticana, SCV 1963, 579-580).

Ed aggiungeva che lo scopo del Concilio non sarebbe stato discutere questo o quel singolo tema dottrinale, ma prendere coscienza che solo dalla rinnovata adesione a tutto l’insegnamento della Chiesa nella sua interezza e precisione, quale ancora splende negli Atti conciliari da Trento al Vaticano I, i credenti del mondo intero, avrebbero potuto compiere un balzo innanzi nell’annunciare e nel testimoniare la perenne verità del Vangelo di Cristo.

Papa Giovanni fu pastore ripieno di saggezza e di speranza cristiana. Di fronte ad un’assise così importante come quella Conciliare, davanti al futuro cammino della Chiesa irto di non poche difficoltà, egli dette prova di fiducioso ottimismo, dissentendo dai “profeti di sventura che annunziano eventi sempre infausti quasi che incombesse la fine del mondo” (Ivi, 582) ed affermò di preferire la medicina della misericordia a quella della severità. Egli voleva l’unità ma nella verità, senza compromessi o cedimenti.

Sottolineò in più circostanze la necessità della disciplina dottrinale, liturgica e ascetica per rendere la missione del popolo di Dio realmente efficace e ricca di frutti apostolici, Aprì gli orizzonti della Chiesa alle grandi sfide dell’epoca contemporanea. È in questa luce che trova il suo giusto rilievo l’Enciclica Pacem in terris, espressione di quell’ardente desiderio che infiammava il suo animo di pastore universale. Pace con Dio nell’adempimento della sua volontà, ricordava Giovanni XXIII, pace con gli uomini nel rispetto dei diritti di ciascuno, perché su ciascuno è segnato lo splendore dell’Altissimo, pace nelle famiglie, ove i coniugi collaborano col Signore nella trasmissione della vita e i figli crescono come virgulti di olivo intorno alla mensa.

4. Carissimi fratelli e sorelle di Bergamo!

Papa Giovanni continua a vivere nella nostra affettuosa memoria come autentico Maestro di spiritualità cristiana.

“La mia vita, scriveva nel Giornale dell’anima, deve essere tutta di amore per Gesù ed insieme tutta un’effusione di bontà e di sacrificio per le singole anime e per il mondo”. E ancora: “Dappertutto c’è da portare lume di carità e di pace”. Impariamo da Lui la vera devozione alla Passione di Cristo, al Sacro Cuore di Gesù, a San Giuseppe, alla Vergine Santissima: la devozione a Maria, che come opportunamente sottolineava, rende “più robusta, pronta ed operante la nostra fede, più ardente la nostra carità e più sentito e fecondo l’impegno cristiano: per Mariam ad Jesum” (Radiomessaggio del 27 marzo 1960, in op. cit., vol. II 1961, p. 259).

Impariamo da Lui ad avere il “senso della Provvidenza” e ad abbandonarci alla Volontà di Dio, che nelle traversie della storia umana guida le sorti della nostra personale esistenza. È qui la sorgente della pace del cuore.

Accogliendo il suo insegnamento spirituale ed a Lui pensando sempre con venerazione e affetto, vi imparto di gran cuore l’apostolica benedizione, che estendo con viva benevolenza all’amata Diocesi di Bergamo!

 

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