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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL QUÉBEC
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Giovedì, 6 maggio 1993

 

Cari fratelli nell’Episcopato,

1. Al termine dei nostri colloqui privati, sono felice di questo incontro con tutti i membri dell’Assemblea dei Vescovi del Québec. Ringrazio il vostro Presidente, Mons. Bernard Hubert, per le parole che mi ha rivolto a vostro nome esprimendo il senso e l’importanza della vostra iniziativa. La vostra preparazione alla visita “ad limina” mette senz’altro in evidenza l’importanza che le attribuite. È infatti un atto significativo di comunione ecclesiale. Oltre a visitare il Successore di Pietro, venite a Roma sui passi degli apostoli fondatori: Pietro e Paolo furono testimoni ed eredi del Vangelo ricevuto da Cristo Salvatore, martiri della fede, pilastri dell’edificio al quale sono incorporate tutte le Chiese particolari. Il Québec, a sua volta, ha dato molto alla Chiesa universale. Ho avuto la gioia di onorare molti santi e beati che illuminano la Chiesa nel vostro Paese, come il grande Vescovo missionario François de Montmorency-Laval o, più recentemente, l’importante mistica Suor Dina Bélanger. E quante giovani Chiese godono dell’entusiasmo disinteressato di migliaia di missionari del Québec o della solidarietà generosa offerta dai fedeli delle vostre diocesi? Lo scambio di doni appare oggi senz’altro una condizione per la vitalità delle Chiese in tutte le regioni del mondo. La pausa di riflessione e di preghiera che compite a Roma vi permette di comprendere il fondamento della comunione universale dei discepoli di Cristo, la verità che rende liberi, l’amore fraterno che risponde all’amore di Dio, la speranza che non delude.

2. Cari fratelli, il mio pensiero si rivolge al popolo del Québec le cui preoccupazioni sono oggetto della vostra attenzione pastorale. Esso cerca le vie del proprio futuro in quest’epoca di rapidi mutamenti di condizioni di vita e di mentalità. Esso conosce grandi incertezze e grandi problemi. La crisi economica lo colpisce e, nonostante la prosperità effettiva del vostro Paese, le zone di povertà tendono a ingrandirsi. Si prende anche coscienza della situazione spesso difficile degli attuali eredi delle prime nazioni delle vostre terre a cui non è stato sempre permesso uno sviluppo armonioso nel rispetto delle loro specificità. Se ricordo brevemente questi problemi, è semplicemente per sottolineare che, nella gran parte dei campi della vita sociale, i cristiani si devono dimostrare solidali e, quando serve, caritatevoli. Molto spesso, i laici si trovano già nel campo di loro competenza poiché si tratta del loro ambiente di vita o del campo della loro attività professionale che è anche il primo campo della loro missione di battezzati; continuate a incoraggiare il loro desiderio di servire i propri fratelli nello spirito del Vangelo tradotto dall’insegnamento sociale della Chiesa. Il chiarimento tanto equilibrato offerto dal Concilio Vaticano II sul ruolo della Chiesa nel mondo di oggi è prezioso per ispirare l’azione dei cristiani nella società; attraverso mezzi di formazione appropriati aiutateli ad approfondire la conoscenza di queste fonti che restano indispensabili, specialmente per sostenere ulteriori sviluppi della dottrina sociale.

3. Sembra che lo svolgersi della vostra missione pastorale sia ancora segnato da quella che voi chiamate la “rivoluzione pacifica”, quei cambiamenti sociali che hanno avuto profonda eco nella comunità cristiana. Ne è risultata un notevole cambiamento della figura della Chiesa fra di voi. Una simile evoluzione, come voi notate, comporta aspetti positivi, ma anche effetti preoccupanti. La pratica religiosa diminuisce, le strutture familiari vacillano, l’avvenire sembra più scuro per i giovani in particolare. È evidente che nonostante il gran numero dei battezzati vi trovate dinanzi a un compito di nuova evangelizzazione. Parlate giustamente di compiere una “svolta comunitaria” e una “svolta missionaria” associando la ricerca all’azione per garantire il futuro delle comunità locali che formano le vostre diocesi. È il momento di agire con decisione, senza soffermarsi a guardare indietro né restare all’analisi delle situazioni; bisogna piuttosto individuare i mezzi e determinare i principi pastorali, ma è mettendosi all’opera che si potranno fare delle verifiche; sotto la guida dello Spirito i frutti testimonieranno l’autenticità dell’azione.

4. In che direzione conviene agire? Come suggerisce il vostro duplice orientamento, è necessario unire comunione e missione. Non si mediterà mai abbastanza sugli atti degli apostoli in cui si vedono i discepoli illuminati dallo spirito di Pentecoste far crescere il Corpo di Cristo che è la Chiesa: mentre scoprono lo splendore della verità, basano su di essa il loro modo di vivere, costituiscono una comunità unita, svolgono un’attività dinamica. L’insegnamento degli apostoli e la frazione del pane fondano decisamente la comunità sulla Parola e la presenza del Cristo vivente. Ho ascoltato la vostra preoccupazione di aiutare i fedeli a vivere meglio i sacramenti. Infatti, grazie alla struttura sacramentale della Chiesa, la comunità riceve la propria coesione dall’incontro con il suo Signore autenticamente presente nell’Eucaristia. I battezzati sono membri del suo Corpo; essi procedono di tappa in tappa nella loro vita grazie al perdono e alla riconciliazione concessi dal sacramento di penitenza al di là delle nostre capacità umane; essi ricevono la forza e la luce dello Spirito nella Confermazione; le loro vite e il loro amore di sposi vengono santificati dal sacramento del matrimonio; al momento della sofferenza, ricevono il conforto di essere uniti alla passione redentrice con l’unzione dei malati, infine l’imposizione delle mani consacra i ministri chiamati a radunare, insegnare e agire in persona Christi. Sì, il cammino dei fedeli e delle comunità è costellato da questi importanti segni che costituiscono dei doni inestimabili e, per ciascuno secondo la propria vocazione, degli appelli a mettersi al servizio della comunità. Esortate ciascuno a viverli come condizioni essenziali per proseguire nella sequela di Cristo, per attraversare la prova e per rispondere alla chiamata di Dio. Così, i diversi compiti svolti ogni giorno nelle comunità saranno meglio coordinati fra di loro e illuminati dalla stessa luce dell’amore di Cristo, sia che si tratti delle funzioni di animazione generale, del servizio liturgico o dell’assistenza ai poveri per non ricordarne che alcuni.

5. In seguito a diversi confronti, insistete molto sull’educazione della fede degli adulti nelle vostre comunità. A tale proposito la pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica mette a vostra disposizione uno strumento cui riferirsi particolarmente utile. Assicuratevi che la formazione offerta sia incentrata sull’annuncio evangelico e integrata nella vita ecclesiale, che essa favorisca l’esperienza spirituale e l’attività apostolica, e che essa manifesti le esigenze morali che derivano dal Vangelo. Gli adulti potranno così garantire numerose forme di servizio della comunione, nella Chiesa quale il Signore ha permesso che si costituisse, assistita dal suo Spirito, e secondo le regole di vita e la disciplina interna che essa è stata portata a definire. Dicendo questo parliamo senza dubbio di educazione della fede. Certamente, alcuni dibattiti sarebbero moderati e chiariti se, con lo sguardo della fede, si sapesse meglio scoprire nell’istituzione la persona del Verbo Incarnato che le ha promesso la sua presenza nei ministeri, la fedele comprensione dei misteri affidati dal Signore nell’insegnamento magisteriale, l’espressione della tradizione viva assistita dallo Spirito. In particolare, penso alle domande poste sullo stato di vita e la persona dei ministri ordinati: la Chiesa-Sposa è fedele al suo Signore chiamando al sacerdozio uomini destinati a essere personalmente, attraverso un dono totale e completo, dei segni del Figlio di Dio incarnato. Essa non prova pertanto, lo sapete bene, alcuna reticenza nei confronti delle donne; anche se essa “non si considera autorizzata ad ammettere le donne all’ordinazione sacerdotale”, essa riconosce la grande importanza della loro partecipazione alla vita della comunità, in particolare attraverso l’esercizio di responsabilità significative, come quelle che voi affidate loro sempre più frequentemente, con grande fiducia e nel rispetto “delle rispettive missioni dell’uomo e della donna” (Dichiarazione Inter insigniores, 15 ottobre 1976).

6. Naturalmente, i giovani richiamano tutta la vostra attenzione per il risveglio della loro fede sin dall’infanzia, per una sana formazione durante l’età scolare e la preparazione ai sacramenti della vita cristiana, nell’ambito delle parrocchie, per seguirli dall’adolescenza all’età adulta. Voi siete giustamente preoccupati dalle difficoltà di questi compiti, a cominciare da quelle del sistema educativo generale. Anche se la Chiesa non ha più presso di voi gli stessi compiti che in passato, la scuola è un campo di cui i cristiani non possono disinteressarsi nel loro legittimo desiderio di favorire lo sviluppo personale dei giovani. Per quanto riguarda l’educazione religiosa e l’entrata nella vita ecclesiale, numerosi educatori a tempo pieno o volontari prendono parte a diverse missioni necessarie, insieme ai Pastori. Questi laici generosi meritano la fiducia e il sostegno dell’insieme delle comunità diocesane: so che voi vegliate con cura affinché essi siano preparati sul piano spirituale, dottrinale e pedagogico. Bisogna anche che la loro delicata missione presso i giovani sia ben integrata nella vita e nell’attività della Chiesa locale, viva e accogliente, felice di trasmettere i tesori che ha ricevuto.

7. Nei suoi diversi aspetti, la Pastorale diocesana si forma in grande misura sui sacerdoti; essa beneficia anche del prezioso contributo di religiosi, sacerdoti o frati, e delle religiose. Attraverso di voi, vorrei rivolgere il mio caloroso incoraggiamento ai vostri collaboratori del “Presbyterium” diocesano e alle persone consacrate presenti nelle vostre diocesi. Che siano felici di prodigarsi, di rispondere alla propria vocazione, di rimanere nell’intimità del Signore e di servire con instancabile generosità gli uomini e le donne che si aspettano da essi, anche se non sempre lo sanno esprimere, una testimonianza personale, insostituibile per essere illuminati sulle loro ragioni per sperare, per credere e per amare. Date tutta l’importanza dovuta alla pastorale per le vocazioni: che l’appello a consacrarsi al Signore nella Sua Chiesa sia lanciato con chiarezza, riponendo fiducia nelle qualità reali di molti giovani desiderosi di servire. Aggiungo anche che ho appreso con gioia la vostra decisione di proseguire l’animazione missionaria nelle vostre diocesi, secondo la grande tradizione che fa onore al Québec.

8. Cari Fratelli nell’Episcopato, in questi giorni, siamo particolarmente sensibili alla figura di Cristo Risorto. Insieme agli apostoli, di cui siamo i successori, comprendiamo che dal seno del Figlio dell’uomo sgorgano fiumi di acqua viva, segni dello Spirito vivificante (cf. Gv 7, 37-39). Possiamo vedere nell’acqua e nel sangue usciti dal suo costato aperto i segni del battesimo e dell’Eucaristia (cf. Gv 19, 33-35). Sappiamo che vincitore della morte, Gesù Cristo ci porta la pace e la riconciliazione mentre invia noi così come il Padre ci ha inviato nel mondo (cf. Gv 20, 19-23). Possiamo sentirlo mentre ci apre lo spirito all’intelligenza delle scritture per cogliere il senso della prova che ha accettato attraverso un amore illimitato (cf. Lc 24, 44-48). Abbiamo la certezza della sua presenza fra noi fino alla fine dei tempi (cf. Mt 28, 20). Possa la meditazione del mistero pasquale costituire per voi un vero incoraggiamento a proseguire nel cammino del vostro ministero episcopale! Possiate provare la gioiosa emozione dei discepoli di Emmaus “Non ci ardeva forse il cuore nel petto...?” (Lc 24, 32)! Questa evocazione meditativa del messaggio della resurrezione, va intesa come l’espressione dei voti che formulo dal profondo del cuore per voi, per i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i collaboratori, le collaboratrici e tutti i membri delle vostre comunità diocesane.

Rassicurateli che il Vescovo di Roma è loro vicino nei momenti difficili così come nei momenti di gioia. Invocando la Madre del Signore che partecipava alla preghiera dei discepoli nel Cenacolo nell’attesa dell’effusione dello Spirito vi imparto la mia benedizione apostolica che estendo molto volentieri a tutta la Chiesa in Québec.

 

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