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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI DEL CENTRO INTERNAZIONALE RICERCHE
PER L’AUTOSUFFICIENZA DEGLI HANDICAPPATI

Venerdì, 14 maggio 1993

 

Gentili amici del Centro Internazionale Ricerche
per l’Autosufficienza degli Handicappati.

1. A tutti voi il mio cordiale benvenuto. Saluto in particolare il Dr. Enzo Casserà e lo ringrazio per le cortesi parole che a nome vostro mi ha rivolto.

Avete voluto farmi visita per presentarmi gli apprezzabili risultati conseguiti dal vostro Centro nella promozione sociale dei disabili. Vi sono grato di tale segno di affetto, che mi piace raccogliere come espressione della fiducia riposta dal mondo della sofferenza nella Chiesa. La Comunità ecclesiale è spinta dal suo stesso annuncio evangelico a porsi in prima linea, dovunque si tratti di testimoniare ai fratelli sofferenti la concretezza e la tenerezza dell’amore di Dio.

A tale testimonianza essa è spronata non solo da sentimenti di umana pietà, ma anche dal suo stesso amore per Cristo, che non ha esitato a dirsi particolarmente presente in quanti hanno più bisogno di attenzione, di assistenza, di amore (cf. Mt 25, 40). Per questo, tra le varie attività promosse dalla Chiesa, è di particolare significato la pastorale per gli ammalati. Proprio sul tema a voi caro delle “persone disabili nella società”, nello scorso novembre, si è tenuta per iniziativa del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari una conferenza internazionale a cui hanno preso parte numerosi esperti. In essa si è registrata la crescente consapevolezza delle comunità nazionali e di quella internazionale su così delicate problematiche, traendone tutti motivo di nuova sensibilità e di maggiore impegno.

2. “La qualità di una società e di una civiltà si misura dal rispetto che essa manifesta verso i più deboli dei suoi membri” (From the very beginning: Enchiridion Vaticanum, 7, 1145). Questo fondamentale principio, che oltre dieci anni fa, in occasione dell’Anno Internazionale dell’Handicappato, la Santa Sede enunciò nel contesto di un apposito documento, si potrebbe dire il criterio ispiratore del vostro originale sforzo a favore di quanti, per i più diversi motivi, vivono una condizione di “handicap”. Ciò interpella la solidarietà sociale, e a maggior ragione la coscienza cristiana.

In tale prospettiva, l’odierno incontro con voi mi è singolarmente gradito. Esso offre l’occasione per mettere in luce un approccio positivo e valorizzante verso i disabili, per aiutarli ad integrarsi pienamente nella società civile e negli stessi processi economici.

Bisogna purtroppo riconoscere che talora il ritmo incalzante della vita moderna non rende facile l’attenzione verso chi vive in uno stato di menomazione fisica o psichica. Certo, si sono fatti al riguardo progressi notevoli nella sensibilità comune e nelle legislazioni dei diversi Paesi. In non pochi casi, tuttavia, di fronte ai fratelli portatori di “handicap”, se non ci si chiude nell’indifferenza, ci si accontenta di sterili forme di commiserazione, che rischiano di rendere più sofferta e intollerabile la loro condizione.

3. Benemerito è, allora, il vostro Centro Internazionale di Ricerche, che adotta nei confronti dei disabili un approccio del tutto alieno da umiliante assistenzialismo e vago pietismo.

Voi partite giustamente dal presupposto che essi possono offrire alla società molto più di ciò che è loro impedito, a condizione che la comunità faccia reale spazio alle loro potenzialità, il più delle volte latenti, quindi da individuare, coltivare e saggiamente orientare. Il vostro obiettivo davvero lodevole resta quello di consentire al disabile di vivere una “vita vera”, come dice il motto del premio da voi istituito, una vita in cui egli non solo non si senta di peso, ma possa riconoscersi utile ed anzi protagonista.

Quello che voi state facendo, carissimi amici, è veramente un’espressione di illuminata solidarietà. Animata da sentimenti di gratuità e da profonda dedizione, essa diviene una delle forme più alte di cristiana carità.

Continuate a percorrere con perseveranza questa strada. Vi sono vicino con il mio affetto e la mia preghiera e volentieri imparto a voi, alle persone cui prestate servizio e a quanti vi sono cari, la mia benedizione.

 

© Copyright 1993 - Libreria Editrice Vaticana

 



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