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ALLOCUZIONE DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI DELLA XXVII CONFERENZA DELLA FAO*

Giovedì, 11 novembre 1993

 

Signor Presidente,
Signor Direttore Generale,
Signore e Signori,

1. Sono molto lieto di salutare gli eminenti responsabili internazionali del settore del cibo e dell'agricoltura che partecipano alla XXVII Conferenza della FAO. Il nostro incontro, che è divenuto una tradizione, è un segno della cooperazione esistente fra la Santa Sede e la FAO. Nonostante le loro differenti missioni e i loro differenti scopi, esse sono entrambe impegnate a servire la causa dell'uomo e a promuovere la dignità umana. La dignità umana esige che in nessuna circostanza e per nessun motivo le persone possano venire private del diritto fondamentale alla nutrizione. Come hanno ricordato la Conferenza Internazionale sulla Nutrizione svoltasi, lo scorso anno, sotto l'egida della FAO e dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, il diritto alla nutrizione è espressione diretta del diritto alla vita.

Infatti, la nutrizione non riguarda soltanto la soddisfazione di necessità fisiche. Essa deve anche permettere a ogni persona di usufruire di cibo sano e in quantità sufficiente e di partecipare alla sua produzione e distribuzione (cfr. Discorso in occasione della Conferenza Internazionale sulla nutrizione, 5 dicembre 1992). Avere diritto alla nutrizione, quindi, significa essere in grado di condividere pienamente l'armonia della creazione.

2. Il nostro incontro oggi ha un significato particolare in quanto si svolge quarantacinque anni dopo l'istaurazione di rapporti ufficiali fra la Sede Apostolica e la FAO. Il 23 novembre 1948, la Conferenza, giunta alla sua quarta edizione, decise di ammettere la Santa Sede a partecipare all'attività dell'Organizzazione in qualità di «Osservatore Permanente». Nell'accordare alla Santa Sede questo status, unico anche riguardo alle altre istituzioni del Sistema delle Nazioni Unite, la Conferenza ha riconosciuto la natura specifica della Santa Sede come organo centrale e supremo di governo della Chiesa cattolica, che nel mondo svolge una missione di servizio verso l'umanità operando per la giustizia, la pace, l'armonia sociale e lo sviluppo. Come è ben noto, l'attività internazionale della Santa Sede è parte della sua missione di annunciare la «Buona Novella» a tutti i popoli, senza distinzioni, al solo scopo di servire l'uomo nella sua dignità come persona e quindi di contribuire al bene comune dell'intera famiglia umana.

Il particolare status della Santa Sede continua a riflettere la natura specifica del suo contributo agli scopi e all'attività della FAO. Senza entrare in questioni tecniche o specialistiche, la Santa Sede desidera fornire quegli orientamenti etici che ispirano i valori che hanno guadagnato terreno nella vita della comunità internazionale e che devono guidare tutte le sue attività, incluse, come nel caso della FAO, quelle che sono più tecniche per loro stessa natura. Questa è la base necessaria per una determinazione delle condizioni e dei mezzi necessari alla coesistenza ordinata dell'umanità.

In quarantacinque anni la Santa Sede non ha mai mancato di fornire questa particolare cooperazione, che essa desidera continuare in questo periodo di cambiamento nella direzione dell'Organizzazione. Colgo questa occasione per esprimere la mia gratitudine al Direttore Generale, Signor Edouard Saouma, che nei suoi molti anni di guida ha condotto la FAO ad affrontare le sfide lanciate dalle mutevoli realtà globali. La sua notevole professionalità e la sua grande esperienza porteranno ora beneficio al suo nativo Libano, che oggi desidera riscoprire nell'unità delle sue genti la solida base per la ricostruzione nazionale, per la coesistenza pacifica e per la ripresa della sua tradizione.

Al Direttore Generale eletto, Signor Jacques Diouf, faccio i miei più sinceri auguri per il successo della sua opera futura nell'interesse della FAO e della comunità internazionale.

La sua conoscenza della situazione nei Paesi in via di sviluppo, la sua esperienza nel campo della diplomazia multilaterale e il suo impegno per lo sviluppo internazionale promettono un'attività feconda in favore di tutto il mondo rurale, e in particolare di coloro che finora hanno beneficiato meno dei miglioramenti agricoli, come ad esempio i piccoli agricoltori dei Paesi più poveri.

3. Proprio come a Hot Springs, cinquanta anni fa, quando la Conferenza delle Nazioni Unite sul Cibo e l'Agricoltura fondò la FAO, l'attuale sessione della Conferenza si sta svolgendo in un periodo in cui la comunità internazionale, oltre ad aver già vissuto mutamenti profondi, sta ancora sperimentando nuovi sviluppi quasi ogni giorno. Ora come allora, esistono nuovi attori sulla scena mondiale, sono necessari nuovi rapporti internazionali, bisogna affrontare nuovi problemi e fornire risposte adeguate. Tali risposte vengono richieste dal bene comune universale che consiste nel rendere possibili tutte le condizioni necessarie allo sviluppo degli individui, dei popoli e dell'intera famiglia umana. Le decisioni importanti che siete chiamati a prendere possono contribuire al miglioramento della situazione di milioni di persone che attendono interventi concreti che possano cambiare la loro condizione di sottosviluppo, di povertà e di fame.

Alla Conferenza di Hot Springs si era già a conoscenza del fatto che «la prima causa di fame e malnutrizione è la povertà» (Conferenza delle Nazioni unite sul Cibo e sull'Agricoltura, Risoluzione XXIV). Oggi la medesima consapevolezza deve ispirare tutta la vostra opera. C'è urgente necessità di chiedere perché, dopo così tanti anni, la povertà continua a essere la causa della fame e della malnutrizione. Forse è stato troppo spesso dimenticato che «il povero - individuo o nazione - ha bisogno che gli siano offerte condizioni realisticamente accessibili» (Centesimus Annus, n. 52).

Questa Conferenza, la ventisettesima, sottolinea l'universalità della FAO per il numero dei suoi Stati membri, tramite l'ammissione di un cospicuo numero di nuovi. Ma, come sapete, questa universalità non dovrebbe essere interpretata solo in termini di quantità, o come rappresentazione di una sorta di eguaglianza. Piuttosto dovrebbe essere paragonata alle varie situazioni all'interno dei Paesi e fra di loro: il benessere di alcuni, l'estrema povertà di altri. Nell'universalità della FAO, quindi, si riflette la realtà di un mondo diviso, in cui spesso l'egoismo di alcuni non permette ai più deboli di godere pienamente delle risorse e di altri beni, del commercio, delle scoperte scientifiche, dei benefici della nuova tecnologia; tutto ciò può far sì che possa venir negato l'eguale diritto di ogni popolo «ad assidersi alla mensa del banchetto comune» (Sollicitudo rei socialis, n. 33).

Non è anche a causa di questo egoismo, di questa mancanza di condivisione e di comunione fra i Paesi che una larga parte dell'umanità soffre per la fame e la malnutrizione al punto di vedere compromesse le speranze di vita stessa?

4. Il vostro impegno quotidiano e le varie attività della FAO testimoniano che la fame e la malnutrizione non sono semplicemente il risultato di disastri naturali ma che rappresentano anche le conseguenze di atteggiamenti individuali e collettivi, sia attivi sia di omissione, che dipendono dalla volontà e dall'operato dell'uomo.

Esiste un insieme di fattori che non consente ad ogni individuo di avere cibo a sufficienza, nonostante i dati esaminati in questa Conferenza mostrino, ancora una volta, che la produzione mondiale è sufficiente a soddisfare la domanda della popolazione mondiale considerata come un insieme. Un accurato studio della FAO di fatto offre una più ampia visione, che consiste in un rapporto più equilibrato nel mondo tra la produzione agricolo-alimentare e la crescita demografica, che in questo momento appare stazionaria o tendente ad un rallentamento (cfr. Conferenza FAO, L'agricoltura verso il 2010, Doc. C 93/94). Di conseguenza la soluzione di limitare il numero dei partecipanti al «banchetto comune» piuttosto che di moltiplicare il pane da dividere appare sempre meno da condividere!

Il persistente squilibrio tra le diverse parti del mondo - e perciò le crisi e la carenza di cibo - non possono essere spiegate ricorrendo semplicemente al diverso livello di crescita che divide i Paesi sviluppati da quelli in via di sviluppo. Sono piuttosto da attribuire all'azione di politica economica e in particolare di quella agricola dei singoli Paesi o gruppi di Paesi il cui effetto in termini mondiali assume importanza in rapporto ai livelli di produzione, vendita e distribuzione, influenzando così la disponibilità di prodotti agricoli e alimentari.

E' pertanto necessario modificare la lista delle priorità nella lotta contro la fame e la malnutrizione a livello sia nazionale sia internazionale. Infatti, mentre l'autosufficienza alimentare rimane un obiettivo valido nello sviluppo di un dato paese, l'adeguata distribuzione dei beni assume un'importanza sempre più grande, cosicché essi siano resi realmente disponibili, in particolare per i molto poveri. L'adozione dei criteri di solidarietà e di distribuzione implica una disponibilità proporzionalmente più forte e disinteressata da parte dei Paesi più ricchi e dei principali produttori. Questa disponibilità è più che mai necessaria in un momento in cui i criteri dettati dalle tendenze economiche mondiali più recenti richiedono alle economie più deboli adattamenti strutturali che nel breve periodo possono compromettere i diritti fondamentali dei popoli e in alcuni casi persino la effettiva disponibilità di prodotti alimentari.

Inoltre, la lotta contro la fame e la malnutrizione richiede a tutti i Paesi di unirsi e adottare regolamenti nuovi e vincolanti che rispondano alle mutate domande del commercio e degli scambi internazionali e non agli interessi di un ridotto numero di Paesi. In tal modo sarà possibile evitare chiari sintomi di protezionismo nelle sue varie forme, che costituiscono il principale ostacolo al commercio e che creano le attuali barriere al mercato per i Paesi in via di sviluppo. Pertanto il movimento verso un nuovo ordine commerciale mondiale che non penalizzi il progresso agricolo dei Paesi in via di sviluppo dovrebbe essere messo in atto il più rapidamente possibile, favorendo così l'integrazione del loro potenziale nelle economie dei Paesi ricchi.

Per perseguire l'obiettivo di uno sviluppo sostenibile è quindi necessario trovare un giusto equilibrio tra la domanda della produzione dettata dalla lotta contro la fame e la necessità di salvaguardare l'ambiente e di preservare la grande varietà di risorse della creazione. Mediante tale criterio la FAO può svolgere con sempre maggior precisione il compito di mettere in pratica una parte delle conclusioni della Conferenza di Rio, offrendo così un reale servizio anche alle generazioni future.

Signore e Signori,

5. E' chiaro che le scelte che conducono alla solidarietà tra i Paesi devono concretizzarsi nell'indispensabile opera di rendere i beni e le risorse disponibili per l'uso immediato e futuro dei più bisognosi. La stabilità della coesistenza internazionale lo richiede, le condizioni per una pace reale lo esigono.

Questo compito richiede anche un'attenta rilettura dei fini e degli obiettivi di tutte le istituzioni del Sistema delle Nazioni Unite, per dare un'effettiva applicazione alle direttive della Carta delle Nazioni Unite, dove si afferma che per realizzare «condizioni di stabilità e di benessere che sono necessarie per i rapporti pacifici e amichevoli tra le nazioni... le Nazioni Unite devono promuovere condizioni di progresso e di sviluppo economico e sociale» (art. 55). E nonostante il fatto che i metodi e i mezzi debbano essere più precisi, non bisogna dimenticare che anche recentemente la necessità di garantire cibo a sufficienza, negato da situazioni di conflitto, è stata il motivo centrale dell'azione umanitaria internazionale.

All'interno della comunità internazionale sta quindi maturando l'idea che l'azione umanitaria, lontano dall'essere un diritto dei più forti, debba essere ispirata dalla convinzione che l'intervento, o persino l'ingerenza quando le situazioni obiettive lo richiedono, è una risposta all'obbligo morale di soccorrere individui, popoli o gruppi etnici il cui fondamentale diritto alla nutrizione è stato negato al punto di minacciare la loro esistenza.

6. Il vostro lavoro, pertanto, presenta precise responsabilità, e le vostre decisioni comporteranno non solo conseguenze tecniche ma anche conseguenze cariche di implicazioni umane. Lottate per assicurarvi che tutti i popoli, e in particolare quelli che vivono e lavorano nel mondo rurale, possano continuare ad avere fiducia nell'operato della FAO.

Possa l'Onnipotente Creatore dell'Universo rafforzare la vostra perseveranza ed illuminare il vostro lavoro.


*L'Osservatore Romano 12.11.1993 p.5.

 

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