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VIAGGIO PASTORALE IN LITUANIA, LETTONIA ED ESTONIA

INCONTRO ECUMENICO DI PREGHIERA
CON LE ALTRE COMUNITÀ CRISTIANE NELLA CATTEDRALE LUTERANA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II

Riga (Lettonia) - Mercoledì, 8 settembre 1993

 

Perché tutti siano una sola cosa (Gv 17, 21).

1. Così prega Gesù per i suoi discepoli, e quindi anche per noi. La sua è una preghiera solenne, che diventa impegnativa per tutti i cristiani. Sono parole che sgorgano dalle labbra dell’Uomo-Dio, nell’imminenza della Passione, in cui sarà schernito, condannato a morte e crocifisso. Sono parole che da una parte rivelano il piano di Dio che è un piano di unità, e, d’altra, sono un appello alla responsabilità dell’uomo: Dio vuole l’unità, ma la libertà dell’uomo comporta il rischio della divisione: Dio vuole l’amore ma il peccato dell’uomo provoca diffidenze ed antagonismi.

L’evangelista Giovanni ascoltò con cuore giovane queste parole di Gesù e le fissò nel suo Vangelo, secondo la tradizione, al tramonto di una lunga vita, generosamente dedicata alla diffusione del messaggio ricevuto dal Maestro e al servizio dei fratelli. Egli fu, insieme a Pietro e agli altri Apostoli, testimone di questa preghiera, pronunciata dal Maestro nella sera in cui fu istituita l’Eucaristia. Gesù era ormai arrivato al culmine del mandato ricevuto dal Padre: aveva istituito il Sacramento dell’unità e dell’amore e si avviava a bere il calice amaro del tradimento. Tutto stava per essere compiuto.

2. Il Vescovo di Roma, testimone della fede di Pietro, è lieto di poter meditare nell’odierna suggestiva Celebrazione queste parole evangeliche insieme a tutti i fratelli in Cristo che lo hanno cordialmente accolto a Riga, e di condividere la gioia di riformati, ortodossi, battisti, cattolici che convivono in pace in questa cara regione.

Cari fratelli, dopo aver insieme vissuto in pieno secolo XX, l’esperienza delle catacombe, ora volete continuare a pregare insieme. La comune esperienza della croce ha contribuito in modo determinante a rafforzare la comune ricerca dei valori e tra questi, in primo luogo, il grande valore dell’unità dei cristiani.

Accanto a non poche contraddizioni, l’epoca attuale registra numerosi aspetti positivi. Tra questi, emerge lo spirito ecumenico, che si eleva su antiche divisioni dovute spesso ad una religiosità legata più a preoccupazioni temporali che religiose. Invocata da Cristo nel Cenacolo, e tante volte rotta dai suoi discepoli nel corso della storia, l’unità diviene ogni giorno di più la comune aspirazione e l’impegno fraternamente condiviso da tanti cristiani.

Nella vostra calda accoglienza vedo di ciò un segno carico di speranza. Esso invita ad una più intensa preghiera.

3. È significativo che l’odierno incontro di preghiera segua immediatamente la breve visita che ho poc’anzi compiuto alla cattedrale cattolica, dove sono stato accolto dal caro Arcivescovo di Riga, Mons. Janis Pujats, il quale mi ha poi accompagnato in questa cattedrale luterana che custodisce la tomba di Meinardo, primo apostolo del Paese. Il comune passato impegna i credenti a collaborare fraternamente per un futuro che sia ugualmente comune.

In un luogo tanto significativo per i cristiani di Lettonia la nostra preghiera fiorisce spontaneamente con sfumature diverse, ma convergenti. Come in una sinfonia, immagine spesso adoperata dai Padri della Chiesa, la nostra sarà infatti preghiera di ringraziamento, di lode e, infine, d’implorazione.

4. Ringraziamo insieme Iddio, in primo luogo, per averci convocati a questo incontro fraterno. Se siamo oggi qui, è perché il suo Spirito ci ha guidato, perché l’appello di Gesù all’unità sta diventando più forte rispetto alla tentazione della separazione e della divisione, sorte in altri contesti storici, quando gli interessi temporali avevano spesso il sopravvento, purtroppo, sulla missione evangelizzatrice. Ma la Parola di Dio è più forte delle parole degli uomini e la speranza che ci accomuna è più radicata delle eredità che ci separano.

Ringraziamo insieme il Signore del tempo e della storia di averci dato la grazia di vivere in un tempo che cerca la pace e la comunione ecclesiali e di averci chiamati a ricostruire un cammino di fratellanza che sappia vincere gli antagonismi fraterni. Ringraziamolo di aver suscitato nei cristiani la nostalgia dell’originaria unità del Cenacolo. Lo stesso amore alla propria terra, la Lettonia di oggi, la Livonia di ieri, chiamata “Terra di Maria”, spinge i credenti all’impegno per l’unità.

Maria, che seppe fare della propria vita una continua preghiera di ringraziamento a Dio, insegni anche a noi a ringraziare, come facciamo in quest’ora di fraternità e di condivisione di fede e di speranza.

5. Sull’esempio della Serva e Madre del Signore, la nostra preghiera di ringraziamento diventa adorazione e lode. L’adorazione e la lode costituiscono il primo obbligo comune dei cristiani, le necessarie premesse dell’ecumenismo che vogliamo promuovere. Ponendosi umilmente alla presenza di Dio, i seguaci di Cristo potranno meglio approfondire le esigenze dell’unità che, in ultima analisi, derivano dal mistero dell’unità trinitaria.

Senza l’adorazione della divina Maestà, mancherebbe all’unità ecclesiale la necessaria stabilità e al servizio fraterno quella motivazione trascendente che, scoprendo in ogni uomo l’immagine vivente di Dio, dà al credente la forza di “sperare contro ogni speranza” (Rm 4, 18).

Nell’adorazione scopriamo che la volontà di Dio resta la norma suprema dei nostri rapporti fraterni: chiamati ad essere umili ed efficaci strumenti di Dio per la realizzazione del suo piano di salvezza, noi tutti dobbiamo adoperarci affinché Cristo cresca in noi ogni giorno di più. Nella misura in cui tale crescita si realizza, diminuiranno i condizionamenti provenienti dalle ragioni storiche delle divisioni. Più gli elementi permanenti della fede s’affermano sugli elementi storici contingenti, più questa diventerà luminosa ed attraente anche per l’uomo d’oggi.

6. La nostra comune preghiera si spinge fino all’implorazione. L’ecumenismo è una grazia che va domandata al Signore, offrendogli insieme la totale disponibilità a purificare le mani, gli sguardi e, soprattutto, i cuori.

Per lungo tempo, secolo dopo secolo, gruppi di cristiani hanno rifiutato di stringere la mano ad altri gruppi di cristiani, rivolgendo i loro sguardi in direzioni differenti e spesso divergenti, rifiutando di amarsi come Cristo ci ha amati e ci ama.

Alla soglia del terzo Millennio dell’era cristiana, ringraziamo Dio per la nuova primavera ecumenica che ci interpella tutti. In un tempo di crescente interdipendenza mondiale, i cristiani sono chiamati a stringersi fraternamente la mano, a volgere lo sguardo sugli stessi obiettivi, ad approfondire il legame di carità che li unisce tutti a Cristo.

Essi comprendono così in modo nuovo e approfondito ciò che Cristo disse al momento di prendere congedo terreno dai suoi discepoli: “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15, 5). Il mondo è oggi sempre più sensibile ai valori dell’unità e dell’interdipendenza, della solidarietà e della pace. Alle ambigue ed artificiali convergenze create da idoli mondani che cercano di assoggettare l’uomo, come il denaro, il piacere, la forza e il potere, le Chiese sono chiamate ad offrire al mondo ormai alle soglie del terzo Millennio la sola unità che veramente salva: quella che deriva dall’ascolto e dall’accoglienza della Parola di Cristo. Essa sola, infatti, è in grado di svelare il significato trascendente delle relazioni umane, del progresso, della creatività, della vita e della morte.

Salga perciò dai nostri cuori l’implorazione della grazia divina, affinché possa svilupparsi in tutti i cristiani un’autentica vocazione ecumenica. È questo lo scopo ultimo della nostra odierna preghiera.

7. Come cristiani pienamente inseriti nel nostro tempo, che è tempo di convergenze sempre più numerose, imploriamo con umiltà e fiducia la grazia di saper essere oggi docili strumenti dell’unità della Chiesa. Se la fedeltà alle esigenze storiche di altri tempi, interpretate secondo criteri divergenti, figura tra le cause delle divisioni intervenute tra i cristiani e se le distanze e i contrasti culturali rendevano in passato arduo il dialogo e difficili gli scambi, oggi i tempi sono profondamente mutati. Ora, il Papa può venire a Riga e i fratelli di Riga sono cordialmente accolti a Roma. Ora è meno difficoltoso parlare uno stesso linguaggio, poiché sappiamo di aver ricevuto uno stesso mandato dal Signore ed un’unica vocazione, quella di adorarlo e di servirlo nei fratelli, che ancora attendono la sua Parola di speranza e di salvezza.

Che lo Spirito conduca tutti noi su cammini di pace! Dopo averci guidati come singoli e come comunità ad una più profonda esperienza di Cristo ci faccia incontrare tra noi nella gioia condivisa di una nuova Pentecoste.

 



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