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VISITA PASTORALE A LA VERNA E CAMALDOLI

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON I MONACI CAMALDOLESI
NELL
EREMO FONDATO DA SAN ROMUALDO

Camaldoli (Arezzo) - Venerdì, 17 settembre 1993

 

1. Sono grato al Signore che mi ha offerto questa mattina la possibilità di visitare il Santuario francescano de La Verna e di incontrare ora voi, Monaci di Camaldoli, in questo vostro splendido Eremo, fondato da San Romualdo agli albori del secondo Millennio. Tra La Verna e Camaldoli corre un profondo legame storico e spirituale. Tra le vostre celle, infatti, ve n’è una, in cui dimorò per un certo tempo Francesco d’Assisi.

Carissimi fratelli e sorelle! Vi saluto tutti con affetto. Ringrazio il Priore Generale Don Emanuele Bargellini per l’invito a suo tempo rivoltomi e sono grato a tutti voi per avermi accolto con l’ospitalità che da sempre distingue questa Famiglia religiosa. Saluto le Monache camaldolesi, come pure gli Oblati benedettini, qui presenti a testimonianza anche visibile dei vincoli profondi che uniscono fra loro quanti s’ispirano alla Regola benedettina.

2. Fra meno di tre settimane si aprirà il Capitolo Generale della vostra Congregazione, con un tema di fondo suggestivo ed impegnativo: “Scegliere la speranza, scegliere il futuro”.

Scegliere la speranza e il futuro significa, in ultima analisi, scegliere Dio, futuro della storia e dell’universo, presenti alla sua eternità e guidati dalla sua Provvidenza. Significa scegliere Cristo, speranza di ogni uomo.

Come non pensare, in questo momento di spirituale colloquio, alla struttura portante della vostra vita vale a dire alla preghiera liturgica comunitaria, di cui Benedetto dice nella Regola: “Nihil operi Dei praeponatur?”: (cap. XX). È attestato da molti che a Camaldoli si realizza il non facile equilibrio tra la varietà dei testi sacri e delle melodie e la sobria essenzialità del rito liturgico.

Proseguite, carissimi fratelli e sorelle, in tale servizio di lode, certi che esso è anche la prima carità che rendete a quanti la Provvidenza, per i suoi sentieri misteriosi, conduce a pregare con voi. La conversione – lo sapete per esperienza – procede molto più dalla parola di Dio fatta preghiera che da tante umane parole.

Scegliere Dio significa inoltre contemplare e meditare quotidianamente la sua Parola, ciò che voi fate, secondo l’inestimabile tradizione monastica, coltivando la “lectio divina” che oggi, per un dono della divina Sapienza, viene partecipata in abbondanza all’intero Popolo di Dio. I Pastori sanno bene di quanto in ciò la Comunità ecclesiale è debitrice verso voi monaci!

Scegliere Dio vuol dire anche coltivare umilmente e pazientemente – accettando, appunto, i tempi di Dio – il dialogo ecumenico e il dialogo interreligioso. Le Comunità del vostro Ordine, specialmente quelle sorte in California e in India, sono impegnate da anni in questa ricerca spirituale, intessuta di preghiera e di rispettoso dialogo con monaci buddisti e indù. Nel vostro Monastero, poi, si svolgono di frequente e con frutto incontri ebraico-cristiani, sulla base dell’amicizia e della vicendevole stima, della conoscenza progressiva e della mutua cordiale accoglienza.

3. “Nihil amori Christi praeponere”, leggiamo ancora nella Regola di Benedetto (cap. IV). Ecco, carissimi, un altro aspetto costitutivo della vostra missione nella Chiesa: quello del cenobio e dell’ospitalità, aperta a Cristo che si manifesta in ogni fratello, specialmente nel più piccolo, nel più debole e provato.

Al riguardo, mi piace qui sottolineare la singolare dimensione ecclesiale della vita del monaco, dimensione che non viene meno neppure quando egli, per speciale vocazione divina dimora nella solitudine più grande la cosiddetta “reclusione”.

La dottrina dei Santi Padri è ben espressa in un passo dell’opuscolo “Dominus vobiscum” di San Pier Damiani, indirizzato all’eremita Leone di Fonte Avellana, che viveva “amore supernae libertatis inclusus”. Scriveva il santo Dottore: “Se tutti siamo una cosa sola in Cristo ciascuno di noi possiede in esso tutto ciò che gli è proprio, e perciò, quando per la solitudine corporale sembriamo lontani dalla Chiesa siamo sempre presentissimi in essa per il mistero inviolabile dell’unità” (cap. 10, PL 145,239 B).

4. Carissimi fratelli e sorelle, scegliere la speranza e il futuro significa scegliere lo Spirito di Dio in Cristo. Ciò avviene, in particolare, in quella forma di vita che Dio stesso ha suscitato nella Chiesa ispirando San Romualdo a fondare la Famiglia benedettina di Camaldoli, con la tipica caratteristica complementarità di Eremo e Monastero, vita solitaria e vita cenobitica tra loro coordinate.

Valorizzate dunque il prossimo Capitolo Generale come momento di importante approfondimento di tale carisma originario, a voi consegnato attraverso una millenaria e pluriforme tradizione, che ha cercato di conservare nell’unità i diversi aspetti dell’eccezionale intuizione del vostro Fondatore. Potrete così rendere ancor più trasparente e significativa la vita monastica camaldolese nel contesto attuale della Chiesa e della recente dimensione internazionale della Congregazione.

E voi, care Monache Figlie di San Romualdo, che saluto e ringrazio per il prezioso servizio reso alla tesa, continuate ad offrire alla Congregazione il vostro peculiare contributo di impegno ascetico, di riflessione e di esperienza umana e spirituale.

5. La presenza, poi, al nostro breve ma intenso incontro degli Oblati benedettini sta a testimoniare come l’esperienza monastica vada ispirando il cammino di fede di non pochi laici, inseriti nella vita della Chiesa in mezzo al mondo. Mentre saluto cordialmente i numerosi partecipanti al Convegno, li esorto ad essere, da laici, testimoni di quel primato di Dio e di Cristo, che i monaci cercano di rendere visibile con la loro vita nell’Eremo e nel Monastero.

Con tali sentimenti imparto di cuore a ciascuno di voi e all’intera Congregazione la benedizione apostolica, affidandovi a Maria, Madre di Cristo e della Chiesa, che custodiva fedelmente e silenziosamente nel suo cuore la Parola di Dio.

Proseguite con slancio rinnovato nel vostro cammino!

 



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