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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI DEL SINODO DEI VESCOVI DELLA
CHIESA CALDEA IN VISITA
«AD LIMINA APOSTOLORUM»

Lunedì, 14 novembre 1994

 

Beatitudine,
Cari Fratelli nell’Episcopato
,

1. È con gioia che vi accolgo in occasione della vostra “Visita ad limina”, atto che manifesta la comunione delle Chiese locali, sparse nel mondo, con il Successore di Pietro. Ringrazio innanzitutto il vostro Patriarca per le sue cordiali parole che mi consentono di essere vicino alle diocesi di cui voi siete i Pastori.

Nel ricevervi oggi, il mio pensiero è rivolto prima di tutto alle vostre comunità, le eredi dell’Apostolo Tommaso che, duemila anni fa, portò il Vangelo dalla Mesopotamia fino ai confini dell’India, dopo essere stato egli stesso rafforzato nella sua fede dalla contemplazione del Signore. È mediante uno dei dodici apostoli che Dio “impiantò il Verbo” (Efrem Siro, Inno, n. 7), nella vostra Chiesa che ha ricevuto così l’annuncio diretto della Risurrezione del Signore; essa conserva questo tesoro in vasi di creta poiché la salvezza e la potenza vengono dal Signore, come dice umilmente l’Apostolo Paolo (cf. 2 Cor 4, 7).

Rendo grazie al Signore per la lunga tradizione e per la ricca storia della vostra Chiesa. Nell’attingere al suo patrimonio liturgico e spirituale, il popolo caldeo cattolico celebra, vive e annuncia la fede nella cultura che gli è propria. In questa ottica, vi incoraggio ad essere oggi i degni testimoni degli Apostoli, per proseguire instancabilmente il ministero che vi è stato affidato e la nuova evangelizzazione che io ho auspicato, all’alba del terzo millennio, mediante azioni pastorali appropriate. Con i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i fedeli delle vostre diocesi, voi siete chiamati a rendere presente il volto di Cristo nella vostra terra, affinché i nostri contemporanei possano contemplare lo splendore e la luce del nostro Dio che illumina tutte le azioni umane e conferisce all’esistenza il suo senso compiuto.

2. La mia preghiera si rivolge innanzitutto all’insieme dei cattolici di rito caldeo e ai loro compatrioti, che vivono situazioni difficili e molteplici sofferenze, specialmente a causa dell’embargo imposto al popolo del vostro Paese. Mi auguro che voi li assicuriate dei miei sentimenti fraterni.

Voi sapete che mi sono più volte rivolto ai responsabili politici della vostra regione e alla comunità internazionale, auspicando che tutte le parti in causa compiano degli sforzi per riprendere il dialogo e per offrire l’aiuto necessario alle popolazioni. In tal modo sarà reso possibile lo spirito di convivenza fra tutti gli abitanti, indipendentemente dalla loro religione, dalla loro cultura e dalla loro origine e verranno rispettate la giustizia e l’uguaglianza fra tutti. Tali sforzi eviterebbero alle persone sofferenze come quelle a cui voi assistete costantemente, sofferenze che affliggono in particolar modo i più deboli della società, i malati e i bambini. Le condizioni di vita attuali mettono anche in pericolo l’esistenza delle famiglie, che dispongono sempre meno dei mezzi volti a soddisfare i loro bisogni fondamentali per allevare e per educare i giovani. Voi sapete che la Santa Sede manifesta instancabilmente la sua sollecitudine pastorale e il suo sostegno ai membri delle vostre comunità affinché si instaurino fra tutti la pace e una maggiore solidarietà, necessarie al progresso spirituale, sociale e materiale del vostro popolo. Che possiate ascoltare le parole confortanti di S. Efrem, Grande Dottore della Chiesa: “Se la speranza illumina il nostro sguardo, vedremo ciò che è nascosto” (Efrem Siro, Carmina Nisibena, 70), vedremo i segni della promessa di Dio.

Con l’aiuto del Signore, in questo contesto doloroso, invito le vostre comunità a essere indefessamente fermenti di concordia e di riconciliazione. Affido ad esse il compito di portare ai loro compatrioti prove tangibili di solidarietà cristiana e segni dell’amore del Signore. Queste testimonianze caritatevoli rinnovano la speranza delle persone e rendono visibile il volto di Cristo, attento ai suoi fratelli in umanità (cf. Mt 25, 40). È a voi, Pastori, che spetta in primo luogo esprimere l’amore di Cristo con le opere, affinché facciate per gli altri ciò che Cristo ha fatto per voi (cf. Gv 13, 15). Preoccuparsi di dare incessantemente l’esempio è un modo insigne di annunciare il Vangelo, di essere missionari e di invitare il popolo a vivere cristianamente.

3. Desidero incoraggiarvi nella riforma liturgica che avete intrapreso per vivere meglio i misteri del Signore, seguendo le orme del Diacono S. Efrem, al quale l’oriente cristiano ha conferito il titolo tanto espressivo di “cetra dello Spirito Santo”. Nella prospettiva aperta dal Concilio Vaticano II e in stretta collaborazione con la Congregazione per le Chiese orientali, sono già state avviate alcune attività. Ne sono lieto; tuttavia è opportuno ora che questa riforma sia portata a termine in un lasso di tempo adeguato, affinché i fedeli ottengano “più sicuramente... l’abbondanza di grazie nella Sacra Liturgia” (Sacrosanctum Concilium, 21), e le ricchezze della preghiera comunitaria. In tal modo, unito ai suoi Pastori, il popolo di Dio potrà cantare le lodi del Signore e attingere all’unica fonte della vita, per ricevere la forza necessaria all’esercizio delle responsabilità quotidiane, nelle realtà temporali.

4. So, carissimi Fratelli della Chiesa caldea, che dovete affrontare numerose difficoltà nella riorganizzazione pastorale delle vostre comunità, in particolare nei territori in cui le tensioni politiche e sociali compromettono gravemente la presenza cattolica. In effetti, l’instabilità civile e l’insicurezza spingono i cristiani ad abbandonare le zone di tensione e a rifugiarsi all’estero, impoverendo in tal modo le Chiese locali. Che voi possiate dare ai fedeli i mezzi spirituali e le istituzioni che possano consentire loro di rimanere fra i loro concittadini, affinché la Chiesa resti presente e visibile.

5. Uno dei compiti importanti del vostro ministero è la formazione dei cattolici mediante “il catechismo, che ha lo scopo di ravvivare tra gli uomini la fede illuminata per mezzo dell’istruzione, e di renderla cosciente e operosa” (Christus Dominus, 14). È l’insieme dei fedeli che deve preoccuparsi con voi dell’educazione religiosa dei bambini e dei giovani. Al termine dell’Anno della Famiglia è opportuno ricordare che, in quanto Chiesa domestica, la famiglia è un luogo privilegiato per la formazione della personalità dei suoi membri. Mediante la testimonianza l’educazione e la catechesi, ogni generazione fa scoprire a quelle che la seguono i valori spirituali e morali fondamentali affinché ognuno possa adempiere alle responsabilità che gli saranno affidate nella famiglia e in seno alla società. Il nucleo familiare è anche il crogiolo dove possono nascere e sbocciare le vocazioni religiose e sacerdotali. Vi esorto ad aiutare i vostri fratelli nella fede a restare fedeli alle sane tradizioni delle vostre famiglie, per le quali il senso dell’unità, dell’indissolubilità e della fedeltà è tanto importante.

6. Nel corso delle vostre riunioni regolari con i Vescovi delle altre comunità cattoliche, vi scambiate riflessioni sui diversi aspetti della vostra missione e sulle vostre esperienze pastorali. Questi incontri offrono a ciascuno l’occasione di ricevere il sostegno legittimo, di cui ha bisogno, e di vivere l’esperienza spirituale della comunione. Che il Signore vi sostenga nella vostra collaborazione fra Pastori dei diversi riti, poiché le vostre Chiese particolari “godono di pari dignità” e “nessuna di loro prevale sulle altre per ragioni del rito, e godono degli stessi diritti e sono tenute agli stessi obblighi, anche per quanto riguarda la predicazione del Vangelo . . . sotto la direzione del romano Pontefice” (Orientalium Ecclesiarum, 3).

Vorrei anche invitarvi a continuare ad aprirvi alle altre Chiese e ai rapporti ecumenici con esse. Per la loro situazione geografica e culturale e per la loro sensibilità religiosa, le “Chiese orientali che sono in comunione con la Sede Apostolica” hanno “lo speciale compito di promuovere l’unità di tutti i cristiani, specialmente orientali” (Ivi, 24). È in questo spirito che sono lieto di aver potuto accogliere Sua Santità Mar Dinkha IV, Patriarca della Chiesa Assira d’Oriente, venuto a Roma per firmare una dichiarazione cristologica con la Chiesa Cattolica. È anche opportuno incoraggiare il dialogo con le altre tradizioni religiose presenti nel vostro Paese, in particolare con il mondo musulmano, così come con gli uomini di buona volontà, per una migliore comprensione reciproca e una effettiva cooperazione in vista del bene comune.

7. Di recente si è conclusa a Roma l’Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi sulla vita consacrata. Spero che questo momento importante della collegialità episcopale dia frutti nelle diverse comunità ecclesiali. Affido al vostro zelo pastorale il compito di esortare i giovani a consacrarsi in modo totale e radicale a Cristo; a tal fine, spetta a voi favorire e attuare le riforme necessarie affinché la vita religiosa sia più credibile e le persone consacrate ricordino in modo profetico, mediante la pratica dei consigli evangelici, che Cristo è primo e che può colmare pienamente coloro che si impegnano a seguirlo. Il popolo cristiano ha bisogno di uomini e di donne che, in modo edificante, siano completamente dediti al Signore e ai propri fratelli, e possano esprimere questo amore per Dio e per il prossimo attraverso scelte coerenti e progetti concreti.

Condivido la vostra preoccupazione per la formazione teologica e spirituale dei seminaristi. Il dinamismo della Chiesa di domani dipende in gran parte dall’attenzione che noi rivolgiamo oggi alla preparazione al ministero ordinato. Vi incoraggio a occuparvi in modo particolare della pastorale delle vocazioni, poiché le comunità cristiane avranno sempre bisogno di Pastori che le guidino, che annuncino loro la Buona Novella e che trasmettano loro Cristo mediante i sacramenti.

8. Desidero ricordare con affetto il defunto Patriarca Paul II Cheikho. Mi ricordo con emozione di questo venerabile fratello. Che questa figura della vostra Chiesa, ricca di semplicità, d’amore e di pietà, sia oggi un modello per tutti! Prego il Maestro divino di accordargli la ricompensa promessa ai servitori buoni e fedeli.

Beatitudine, desidero anche rivolgerle i miei calorosi auguri in occasione del cinquantesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale, per ravvivare in lei il dono di Dio ricevuto mediante l’imposizione delle mani. Che lo Spirito Santo l’accompagni e la colmi dei suoi doni affinché prosegua instancabilmente il suo ministero apostolico e pastorale!

Al termine del nostro incontro, cari Fratelli nell’Episcopato, vi chiedo di portare ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai laici delle vostre comunità il mio saluto affettuoso, assicurandovi della mia preghiera affinché, nelle difficoltà presenti, non perdano la speranza e lo spirito ispiri a tutti sentimenti di concordia e di pace. Mediante l’intercessione dell’Apostolo san Tommaso, imparto di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica a voi e ai membri del popolo di Dio, affidato alla vostra sollecitudine pastorale.

 

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