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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PRESULI DELLA REGIONE EST 2
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL BRASILE
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Martedì, 13 giugno 1995

 

Carissimi Fratelli nell’Episcopato,

1. Vi accolgo fraternamente in occasione della vostra Visita “ad limina Apostolorum” e, mediante voi, saluto cordialmente tutta la Chiesa di Dio in Brasile, in particolare negli Stati di Minas Gerais e dello Espírito Santo. La vostra visita vi porta a cercare appoggio in questi pilastri della Chiesa che sono gli Apostoli Pietro e Paolo per un rinnovato impulso del vostro ministero pastorale. I nostri incontri mi permettono di conoscere meglio le vostre preoccupazioni e i vostri motivi di speranza, e di confermare i forti vincoli che uniscono i Vescovi con il Successore di Pietro e che mettono le Chiese particolari in comunione con la Chiesa universale.

Rendo grazie a Dio, per mezzo di Gesù Cristo, per tutti voi che annunciate la Buona Novella nell’immensa “Terra de Santa Cruz”, aperta all’accoglienza fraterna di persone provenienti da ogni dove.

Le distanze e le difficoltà di comunicazione non vi impediscono di giungere fino alle più lontane comunità delle vostre diocesi per conoscere le pecore del gregge, rivelando la vostra anima di Pastori con una testimonianza di vita semplice e molte volte di povertà personale, identica a quella di gran parte del vostro popolo.

Nell’ascoltarvi, capisco l’onere del vostro compito, ma allo stesso tempo intravvedo il vostro ardore, la vitalità delle vostre comunità nella fede e il coraggio disinteressato degli operai che lavorano nella vigna del Signore. Ringrazio il Vescovo di Guaxupé, Don Gerardo Oliveira do Valle, che, facendosi interprete dei vostri pensieri, con le sue parole mi ha reso partecipe dei progetti e delle speranze che animano il vostro lavoro apostolico.

2. L’occorrenza della celebrazione dei trent’anni dalla pubblicazione del documento conciliare Presbyterorum Ordinis, frutto della riflessione del Concilio Ecumenico Vaticano II, si presenta come un’occasione opportuna per riprendere il suo insegnamento sul sacerdozio ministeriale. Con voi desidero oggi affrontare l’importante questione della formazione dei futuri presbiteri, tanto più necessaria in quanto maggiori e più urgenti sono le esigenze della nuova evangelizzazione.

I nostri sentimenti devono essere gli stessi del Signore che “vedendo le folle, ne sentì compassione” e disse: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!” (Mt 9, 37-38). La debolezza umana, mediante la preghiera, si trasforma, con la grazia divina, in forza, poiché tutto possiamo in colui che ci dà forza (cf. Fil 4, 13).

Degni di lode e di ancora maggiore incoraggiamento sono sia lo sforzo della vostra Conferenza Episcopale che, attraverso organismi e commissioni clericali, fornisce mezzi e strumenti affinché ai vostri sacerdoti venga offerta una migliore preparazione, sia anche il sacrificio dei Vescovi che non temono di restare temporaneamente senza alcuni dei loro collaboratori quando questi ultimi si recano nelle varie università, e in modo particolare in quelle di Roma, per ricevervi un’abilitazione accademica.

3. È con gioiosa speranza che noto, nel vostro Paese, un discreto ma costante aumento del numero delle vocazioni al presbiterato. Sebbene ancora non si sia esteso in modo uniforme a tutte le regioni della vostra Nazione, il fenomeno esige da tutti i Pastori una particolare attenzione, poiché potrà fornire elementi per una riflessione pastorale e per una minuziosa revisione delle opzioni già compiute, e anche per l’elaborazione di nuove strategie e direttive.

Potremmo chiederci: in quali regioni le vocazioni aumentano e quali sono i motivi di questo aumento? Che forma assume la pastorale vocazionale locale? Questa stessa domanda può formularsi all’inverso: laddove ancora mancano vocazioni, perché questo fenomeno? La vocazione sacerdotale è un dono di Dio, mediante il quale, partecipando “nella funzione degli apostoli, ad essi è concessa da Dio la grazia per poter essere ministri di Cristo Gesù fra i popoli” (Presbyterorum Ordinis, 2). Sappiamo, tuttavia, che tale dono deve essere accolto da un cuore sensibile e attento alla chiamata. Solo una pastorale vocazionale che presenti chiaramente il sacerdozio cattolico in tutta la radicalità delle sue esigenze, e che aiuti i giovani ad udire la chiamata del Signore e a rispondergli in modo libero e coraggioso, in totale fedeltà al Magistero della Chiesa e al Successore di Pietro, realizzerà il grande progetto della “nuova evangelizzazione, nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nella sua espressione” (Discorso ai Vescovi del CELAM, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VI/1 [1983] 698).

Per affrontare un compito così grande, sarà necessario prestare la più viva attenzione a tutte le fasi che la pedagogia della Chiesa prevede per l’accompagnamento dei chiamati sia nella selezione dei candidati e nella formazione e ricezione degli Ordini Sacri, sia nella così chiamata formazione permanente. Tutta questa attenzione diviene indispensabile per garantire la costante efficacia del ministero e per evitare i tristi fenomeni di defezione che feriscono profondamente il cuore di Cristo e della Chiesa.

4. Nel dare un nuovo impulso al primo dovere della vostra sollecitudine pastorale nella guida e nella formazione dei chiamati, si rende necessario prestare una particolare attenzione alle motivazioni profonde che portano un giovane a bussare alla porta del Seminario.

Come non considerare la crisi della famiglia, ambiente nel quale il giovane cresce e si sviluppa, e che a volte lascia segni profondi e non sempre positivi nella sua personalità? O ancora i concetti di vita e di valori generati dalla cultura del permissivismo e dell’edonismo, che creano una mentalità diffusa, estranea, quando non ostile, allo spirito di rinuncia e di dedizione senza riserve che il sacerdozio esige?

Non dovrebbero anche essere oggetto di attenta analisi i facili e fragili entusiasmi di quanti fossero mossi o da un’illusoria prospettiva di miglioramento di vita sociale ed economica per il proprio futuro, o da un’erronea interpretazione dello stato clericale e dell’esercizio del ministero, inteso prevalentemente sotto l’aspetto sociologico, con allineamento politico partitico e con i suoi conseguenti conflitti?

È necessario un discernimento costante circa le capacità del giovane, discernimento che si trasforma necessariamente in un permanente processo di formazione psicologica, umana e spirituale, che inizia con una prima selezione particolarmente accurata. La Chiesa ha il dovere non solo di carità, ma anche di giustizia, di non accettare coloro che, con segni evidenti, manifestano disturbi della personalità che, se considerati in modo superficiale durante la formazione, potranno avere conseguenze funeste e turbare la futura vita del ministro sacro. Il superamento delle difficoltà proprie dell’impatto ministeriale con la molteplice dimensione dell’apostolato avverrà con l’umile e saggia condivisione dell’esperienza altrui e con la docile e fiduciosa comunione con le proprie autorità gerarchiche.

Non abbiate paura di essere rigorosi nella selezione: è il bene della Chiesa e dei propri giovani che lo esige. È meglio avere pochi candidati, con i quali si potrà però iniziare un cammino formativo serio, che vedere i nostri seminari pieni di candidati che, nella loro personale deficienza, rendono la propria formazione impraticabile e ostacolano quella degli altri.

In un Paese vasto come il vostro è necessario stabilire canali di comunicazione tra i responsabili della selezione vocazionale, i direttori dei seminari e gli stessi Vescovi, in modo da evitare che un candidato escluso da una casa di formazione per validi e seri motivi venga accettato in un’altra, senza le dovute informazioni e senza una conoscenza dettagliata delle sue condizioni personali e delle cause della precedente esclusione. Speciale attenzione deve essere rivolta all’ammissione di candidati provenienti da altre regioni o da un territorio non appartenente alla propria diocesi. Il rigore deve essere ancora maggiore quando si tratta di candidati prossimi all’ordinazione diaconale o presbiterale.

5. Riconoscendo le nuove sfide da affrontare nella preparazione degli uomini che diventeranno i sacerdoti del Terzo Millennio della Cristianità, volli che fosse pubblicata l’esortazione Pastores dabo vobis al fine di orientare i Pastori e tutti gli interessati nel loro compito di ravvivare la preparazione umana, spirituale, intellettuale e pastorale dei seminaristi (cf. n. 42).

Tenendo presente che il sacerdote “scelto fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio” (Eb 5, 1), è necessario che il futuro ministro plasmi la sua personalità umana “in modo da renderla ponte e non ostacolo per gli altri nell’incontro con Gesù Cristo Redentore dell’uomo” (Pastores dabo vobis, 43): il senso di civiltà, di rispetto per gli altri, di disponibilità generosa e di buona educazione sociale, tutto, infine, deve essere orientato in modo che egli possa operare in persona Christi Capitis e in nome della Chiesa (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1548-1553).

Da parte sua, perché la nuova evangelizzazione dia frutti, la Chiesa avrà bisogno di sacerdoti la cui vita spirituale sia stata forgiata dall’ascesi e dalla disciplina interiore che permette loro di “vivere intimamente uniti” a Gesù Cristo (cf. Decreto sulla formazione sacerdotale Optatam Totius, 8). Per questo, il Concilio diceva ai formatori di insegnare ai seminaristi “a cercare Cristo nella fedele meditazione della Parola di Dio; nell’attiva partecipazione ai misteri sacrosanti della Chiesa, soprattutto nell’Eucaristia e nell’ufficio divino” (Optatam Totius, 8). In verità, tutta la vita del sacerdote è volta alla Liturgia, “culmine verso il quale tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana la sua virtù” (Costituzione Sacrosanctum Concilium, 10); per questo, “la sacra liturgia, nei seminari e negli studentati religiosi va computata tra le materie necessarie e più importanti, nelle facoltà teologiche poi tra le materie principali” (Costituzione Sacrosanctum Concilium, 16).

D’altro canto, il Concilio sottolineava che “nel sacro rito dell’ordinazione, il Vescovo ricorda ai presbiteri che devono essere “maturi nella scienza”... Ora, bisogna che la scienza del ministro sacro sia anch’essa sacra, in quanto derivata da una fonte sacra e diretta a un fine altrettanto sacro” (Presbyterorum Ordinis, 19). È questa la grande importanza della formazione intellettuale, volta a favorire la comprensione della Fede. L’insegnamento della filosofia sia realmente la base per lo studio teologico (cf. Optatam Totius, 15). I professori di teologia, attentamente selezionati, non insegnino semplicemente correnti di opinione ma si preoccupino di inserirle nella Dottrina della Chiesa. I futuri sacerdoti non sono chiamati a essere divulgatori di opinioni teologiche, ma testimoni qualificati della fede che riceviamo dal Deposito della Chiesa, e che dobbiamo trasmettere fedelmente. “Si faccia in modo che – come è già stato detto – negli incontri sacerdotali i documenti del Magistero siano approfonditi comunitariamente, sotto l’autorevole guida, in modo da facilitare, nella pastorale diocesana, quell’unità di interpretazione e di prassi che tanto giova all’opera di evangelizzazione” (Direttori per il Ministero e la Vita dei Presbiteri, n. 77).

Permettetemi di ricordarvi, infine, che nel periodo del seminario, lo studio ha la preminenza sull’ineludibile necessità di pratica pastorale. Quest’ultima, tuttavia, dovrà essere praticata come conseguenza degli studi, integrata in essi, come apprendistato guidato, e volta a preparare la futura attività del ministro ordinato. Essa non potrà mai essere una giustificazione per non dedicarsi profondamente agli studi (cf. Pastores dabo vobis, 51).

6. Inoltre, una volta compiuta con la massima attenzione l’autentica selezione dei chiamati, sarà necessario, con uguale zelo, preoccuparsi della selezione e della preparazione degli educatori e dei formatori nei seminari e nei noviziati in vista di una serena ma previdente, solida e vigorosa formazione umana, culturale, spirituale e ascetica. Per una buona formazione al ministero pastorale si esigono formatori ben preparati dal punto di vista culturale e disciplinare, che siano stabili e non improvvisati od occasionali e temporanei. Per questo è necessario che essi vengano scelti tra i migliori elementi del nostro clero, anche se, a tal fine, dovremo ridurre altri campi della pastorale diocesana.

Grande cura è ancora necessaria nella scelta dei formatori spirituali, che devono essere anche psicologicamente capaci di conquistare la fiducia e l’apertura d’animo dei candidati, per guidarli con prudenza ed equilibrio. Anche se non devono invadere il campo del foro interno, i superiori disciplinari hanno tuttavia il dovere di contribuire alla formazione spirituale e ascetica dei candidati, svolgendo una metodica azione di illuminazione circa le reali implicazioni morali e spirituali legate allo svolgimento del ministero sacerdotale.

7. Prima di decidersi a favore dell’ammissione agli Ordini Sacri, occorre appurare, per avere la certezza morale, che il candidato sia chiaramente consapevole di quella che sarà la sua vita futura e che sia stato formato per una scelta libera e personale in base alle proprie capacità naturali e all’aiuto della grazia. È importante, quindi, prestare una particolare attenzione all’esame completo del candidato, specialmente prima dell’ammissione agli Ordini, con la scrupolosa e religiosa osservanza dei cosiddetti “scrutini” (Codice di Diritto Canonico, can. 1051) per comprovarne l’idoneità canonica (Codice di Diritto Canonico, can. 1029) al ministero sacro.

La gradualità nella formazione presuppone un aumento delle esigenze man mano che si avvicinano le fasi della decisione definitiva. Il diaconato deve essere punto-chiave, come ingresso nelle file clericali e come momento di impegno definitivo per la scelta del celibato ecclesiastico. In questo senso, particolare attenzione deve essere rivolta alla virtù della castità e alla maturazione in pienezza della personalità dei formandi. La constatazione delle virtù e delle doti richieste si farà in base al superamento delle prevedibili difficoltà personali legate alla solitudine, con l’esemplare osservanza della vita di celibato, sostenuta e alimentata con la preghiera, la frequenza dei sacramenti, la comunione presbiteriale e la dedizione al lavoro pastorale.

Non posso non richiamare la vostra attenzione sulla responsabilità personale del Vescovo nell’imporre le mani sul candidato, ordinandolo diacono o presbitero. Noi risponderemo dinanzi a Dio, e dinanzi alla Chiesa, delle ordinazioni che conferiamo. In questo contesto, è importante riaffermare nuovamente la necessità del Seminario Maggiore come luogo di formazione sacerdotale, casa propria di formazione, “normale spazio, anche materiale, di una vita comunitaria e gerarchica” (Pastores dabo vobis, 60), una volta superati altri tipi di esperienza formativa, che si sono dimostrati insufficienti e insoddisfacenti.

8. Tenendo, inoltre, nella giusta considerazione le difficoltà sopra elencate, la cui importanza e gravità mutano non solo in relazione all’ambiente del ministero, ma anche alle caratteristiche specifiche del “ministro sacro”, sarà necessario che la vostra provvidente attenzione, venerabili Fratelli, consideri, oltre a ciò che abbiamo definito come formazione iniziale, anche la così chiamata formazione permanente degli stessi ministri sacri.

Nel 1992, i Padri sinodali giustificarono la sua necessità “qualificandola come “fedeltà” al ministero sacerdotale e come “processo di continua conversione” (Pastores dabo vobis, 70). So di molte diocesi che promuovono incontri regolari del Vescovo con i sacerdoti giovani, che vengono seguiti da vicino, in vari modi, durante i primi anni del sacerdozio; desidero esprimere loro il mio incoraggiamento e il mio sostegno. Lo stesso vale per la formazione dei sacerdoti con anni di esperienza ministeriale, anche degli anziani: seguirli è un dovere di giustizia e di delicata carità, poiché si tratta di aiutarli a riscoprire continuamente le “vene sorgive della spiritualità sacerdotale” (Direttorio per il Ministero e la Vita dei Presbiteri, n. 94) e il senso della propria consacrazione a Dio. Un sacerdote santo santificherà il gregge che gli è stato affidato; un sacerdote che non compie i suoi doveri, lo trascinerà, con il suo cattivo esempio, prima verso l’abbandono religioso e poi – Dio non lo permetta! – verso l’indifferentismo religioso, possibile preludio della perdita della fede.

La Dichiarazione Finale del primo Congresso Latinoamericano di Vocazioni svoltosi nel 1994, ha ribadito la convinzione che qualsiasi vocazione è primariamente opera dello Spirito di Gesù Cristo. Ciò esige dalla Chiesa, e dagli agenti della Pastorale Vocazionale, un atteggiamento orante. Maria Santissima, con il suo ascolto, la sua vita e la risposta data a Dio, è modello tanto del chiamato quanto dell’agente di Pastorale Vocazionale. La Chiesa e il mondo hanno bisogno di sacerdoti che ardano di zelo e si dedichino anima e corpo alla causa del Regno: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso!” (Lc 12, 49).

Siamo alle soglie del terzo millennio cristiano. Saranno i sacerdoti a portare la “fiaccola” della luce, della vita e del calore che emanano dal cuore di Dio. L’ordine del Signore – “mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (At 1, 8) – è ancora lungi dalla sua completa realizzazione. Per questo è urgente che i cristiani vengano permeati dallo spirito della nuova evangelizzazione affinché trasformino l’ambiente in cui vivono, mossi dall’entusiasmo dei nostri ministri sacri.

9. Cari fratelli nell’Episcopato, tornate alla vostra amata Patria con la certezza della mia stima e del mio affetto per tutto il vostro popolo. Ricordate ai vostri sacerdoti, ai seminaristi, ai religiosi e ai laici il mio amore in Gesù Cristo, e dite loro che a Roma “ringraziamo sempre Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere” (1 Ts 1, 2). Nell’affidare i cattolici del Brasile all’amorevole intercessione della Virgen de Aparecida, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica come pegno di unità e di pace nel suo Divino Figlio.

 

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