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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLE SUPERIORE GENERALI DELLE CONGREGAZIONI RELIGIOSE
E DEGLI ISTITUTI SECOLARI DI VITA APOSTOLICA

Giovedì, 18 maggio 1995

 

Carissime Sorelle!

1. Da tutto il mondo siete giunte a Roma per studiare ed approfondire, in uno speciale Convegno, le questioni attinenti la vita religiosa nel nostro tempo, alla luce del recente Sinodo dei Vescovi sulla vita consacrata e la sua missione nella Chiesa e nel mondo. Sono molto lieto di accogliervi in questa Udienza a voi riservata e a tutte porgo il mio cordiale benvenuto nel Signore.

Saluto il Cardinale Eduardo Martínez Somalo, Prefetto della Congregazione incaricata di seguire da vicino gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, e lo ringrazio per l’indirizzo rivoltomi e per i gentili auguri che, a nome di tutte le Religiose presenti, mi ha espresso. Desidero manifestare la mia riconoscenza per l’impegno con cui il Dicastero, in adempimento del compito ad esso affidato dalla Costituzione Apostolica Pastor Bonus (cf. art. 107), attende ai suoi compiti ed auspico che dalla sua azione sollecita ed illuminata venga sempre meglio promossa la pratica dei consigli evangelici nella Chiesa.

Ringrazio la Presidente dell’Unione per le parole che mi ha rivolto, indicando le linee di impegno su cui state riflettendo in vista di una più incisiva opera a servizio del Vangelo, ed esprimo le mie felicitazioni alla nuova Presidente ed al suo Consiglio esecutivo, augurando loro buon lavoro.

Quanto deve la Chiesa alle Religiose per la loro scelta di totale consacrazione a Dio e di generosa dedizione ai fratelli! Lo dico pensando anche, con animo dolente ed insieme ammirato, alle tante Religiose che in questi ultimi tempi hanno dato la vita in diverse Nazioni: Rwanda, Burundi, Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Algeria, Zaire ed altrove, ed a quelle che continuano a soffrire a motivo dei disagi provocati dalla guerra, dalla guerriglia, dal terrorismo, dalla persecuzione e dalla emarginazione. Ad esse va la gratitudine mia e di tutta la Comunità cristiana.

2. Viviamo ancora nell’atmosfera liturgica del Tempo pasquale ed il pensiero va perciò spontaneamente a quanto l’apostolo Pietro dice nel suo primo discorso dopo la Pentecoste alla folla in ascolto: “Questo Gesù Dio l’ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni!” (At 2, 32). E poco dopo, tornando sull’argomento, trae le conseguenze: se Cristo è risorto, allora è chiaro che “in nessun altro c’è salvezza; non vi è, infatti, altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati” (At 4, 12). Questa testimonianza coraggiosa e franca dell’Apostolo colpisce gli ascoltatori (cf. At 2, 37; 4, 13), che in massa si convertono (cf. At 2, 41).

Carissime Religiose, anche oggi i cristiani, ed ancor più le persone consacrate, devono sentirsi innanzitutto “testimoni della risurrezione” di Gesù. Solo Lui, infatti, può illuminare sul vero significato della vita e della morte e può, quindi, indicare quale è la via della salvezza. La missione della Chiesa è proprio quella di testimoniare che Cristo è veramente il Verbo divino incarnato, è la Luce del mondo, è la Verità. “L’essere essenzialmente missionaria non significa soltanto che la Chiesa possiede una missione universale nei confronti dell’intera umanità, ma che, nella sua realtà costitutiva, nella sua anima e, quindi, si potrebbe dire nella sua stessa psicologia, possiede un dinamismo che si dispiega concretamente nella predicazione del Vangelo, nella diffusione della fede e nell’invito alla conversione, proclamato “fino agli estremi confini della terra”... Ognuno nella Chiesa e con la Chiesa ha il compito di propagare la luce del Vangelo secondo la missione salvifica, trasmessa dal Redentore alla Comunità ecclesiale” (Catechesi di mercoledì, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII/1 [1995] 1008s.).

3. Alla luce del Cristo risorto e riflettendo sulle tante, appassionate e dotte relazioni del recente Sinodo dei Vescovi sulla vita consacrata, si possono ricavare alcune direttive che servono per voi, Superiore Generali, e per le vostre Consorelle, che da voi attendono delucidazioni, incoraggiamento e fervore.

La prima convinzione riguarda la perenne validità della vita religiosa nella Chiesa. Possiamo essere certi che anche nel prossimo millennio, di cui siamo ormai alle porte, continuerà a farsi sentire la voce misteriosa ma reale di Gesù: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi” (Mt 19, 21). Nonostante l’attuale scarsità di vocazioni, dobbiamo aver fiducia nella Provvidenza: Dio non abbandonerà la sua Chiesa. La cosa essenziale è che vi sia da parte delle Famiglie religiose piena collaborazione nella formazione dei propri membri ad un amore totale, sincero e gioioso a Gesù Cristo profondamente conosciuto, seguito e obbedito.

La seconda convinzione riguarda il valore e il significato della riscoperta dei “carismi” della Fondatrice o del Fondatore, per viverli pienamente, pur adattandosi alle esigenze dei tempi. In effetti, se la fondazione ha superato la barriera del tempo, è segno di un particolare disegno della Provvidenza sia nei riguardi della Chiesa sia nei riguardi della società.

La terza convinzione si riferisce alla radice teologica della consacrazione religiosa: la “consacrazione battesimale e cresimale”, consacrazione sacramentale, dona, insieme con il carattere, la grazia santificante e quindi la partecipazione alla vita trinitaria di Dio e fonda l’impegno di testimonianza nel Corpo Mistico. La “consacrazione religiosa” è il riconoscimento ecclesiale di una chiamata interiore alla donazione totale a Dio e al suo progetto salvifico mediante i tre voti. Si deve affermare col Concilio che lo stato religioso, “costituito dalla professione dei consigli evangelici, pur non concernendo la struttura gerarchica della Chiesa, appartiene fermamente (inconcusse) alla sua vita ed alla sua santità” (Lumen Gentium, 44). Esso, dunque, non può mancare e non mancherà mai.

La quarta convinzione riguarda la “missione” della vita consacrata, che è la comunione con Cristo e con la Chiesa, suo Corpo Mistico. La persona religiosa è innanzitutto chiamata in maniera tutta speciale alla “sequela Christi”, la quale implica il sacrificio e la mortificazione secondo il monito di Gesù: “Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mc 8, 34).

Vi è poi la comunione pastorale che si esplica nella collaborazione con la Chiesa locale, mediante l’apertura generosa, nel rispetto delle finalità del proprio Istituto, alle direttive ed iniziative del Vescovo diocesano. La persona consacrata dovrà, inoltre, mostrarsi sempre sensibile alle necessità dei propri contemporanei, condannando il male e l’errore ed amando sempre tutte le persone con dedizione, equilibrio e serenità, nel dialogo fraterno e costruttivo.

Talvolta la vita comune, l’obbedienza, la monotonia del lavoro, il senso della solitudine possono mettere in crisi il fervore della donazione. È allora specialmente che devono prevalere la luce e la forza della vita spirituale, meditando quanto già l’Autore della Lettera agli Ebrei mirabilmente scriveva: “Deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede” (Eb 12, 1-2).

4. L’intuizione di Santa Teresa di Lisieux, che con il suo genio religioso e la sua santità ha portato una ventata di autentica spiritualità nel ventesimo secolo, vale anche per voi, Superiore Generali, e per tutte le persone consacrate: “Compresi che l’Amore racchiudeva tutte le vocazioni, che l’Amore era tutto, che abbracciava tutti i tempi e tutti i luoghi; in una parola, che l’Amore è eterno!” (Manoscritti autobiografici, cap. IX). Ecco, carissime Sorelle, la chiave della vostra vocazione è l’Amore teologale sempre più ardente, sempre più convinto!

Vi assista sempre e vi sostenga nei vostri propositi e nei vostri programmi Maria Santissima, che veneriamo con particolare devozione nel mese di maggio a Lei dedicato.

E vi accompagni anche la mia benedizione, che ora vi imparto di gran cuore, estendendola con affetto a tutte le vostre Consorelle.

 

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