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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PRESULI DELLA REGIONE NORD 1
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL BRASILE
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Martedì, 30 maggio 1995

 

Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. Sono molto lieto di darvi oggi il benvenuto, Vescovi della regione Nord 1 del Brasile, in occasione della vostra visita “ad Limina”. Fonte di gioia nell’incontrarvi è il ministero apostolico che condividiamo e il pensiero della profonda esperienza di fede che dovete esigere nelle Chiese che presiedete per l’espansione del regno di Dio nell’immensa regione amazzonica. Vi saluto con le parole di san Paolo: “Grazie a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo” (Fil 1, 2). Proprio come san Paolo condivise con i suoi fratelli di Filippi “la cooperazione alla diffusione del Vangelo” (Fil 1, 5), anche noi, in quanto successori degli Apostoli, siamo uniti nella chiamata meravigliosa e nella consacrazione che ci ha dato il Signore per essere servitori della Buona Novella della salvezza. Ringrazio il Vescovo D. Antônio Possamai per le cordiali parole e per i sentimenti espressi a vostro nome, e vi assicuro che vi ricordo ogni giorno nelle mie preghiere e nelle mie sollecitudini per la Chiesa.

2. Nello scorso mese di aprile ho condiviso con i Vescovi delle Province Ecclesiastiche di Rio de Janeiro e di Niterói alcune riflessioni sulle diverse sfide che dovete affrontare nel vostro ministero episcopale. In particolare ho ricordato l’importante ruolo svolto dai missionari – Vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose – agli albori dell’evangelizzazione del Brasile, volendo applicare gli insegnamenti di allora al sorgere di una nuova evangelizzazione destinata a porre i fedeli laici di fronte alle proprie responsabilità nell’ambito familiare, professionale e sociale.

In questo grande compito siete sostenuti dalla speciale consacrazione ricevuta mediante lo Spirito Santo al momento dell’ordinazione episcopale. Sempre assistiti dallo Spirito Santo, in questi quasi cinque secoli di storia, i vostri predecessori fondarono una tradizione ecclesiale che contribuì a determinare l’identità cattolica del vostro popolo e che non deve andare perduta né essere sminuita, in quanto riflette una fondamentale fedeltà alla comunione apostolica e universale, che ha il suo capo visibile nel Successore di Pietro (cf. Lumen Gentium, 18). Una manifestazione concreta di questo vigore ecclesiale è il riconoscimento di quella grande ricchezza della Chiesa in Brasile rappresentata dai fedeli laici: uomini e donne dal cuore buono, semplice e generoso, che cercano di vivere pienamente la consacrazione battesimale. La loro presenza e il loro operato nella vita della Chiesa rivestono, in questa fine di secolo, una grande importanza in tutto il mondo, ma in particolare nella vostra patria.

Nella nostra epoca, caratterizzata dallo svilimento della concezione cristiana della persona dovuto al relativismo etico, che apre le porte alla negazione di Dio e, di conseguenza, porta “a riorganizzare l’ordine sociale prescindendo dalla dignità e responsabilità della persona” (Centesimus Annus, 13) e al desiderio generato dal consumismo che inverte il ruolo prioritario dell’etica sulla tecnica, il primato della persona sulle cose e la superiorità dello spirito sulla materia (cf. Redemptor Hominis, 16), è indispensabile esprimere con chiarezza i valori morali evangelici e la finalità trascendente della vita umana rivelati dal Redentore degli uomini. D’altro canto, e in modo evidente, occorre insistere sulla giusta autonomia delle realtà temporali, preconizzata dalla Costituzione conciliare Gaudium et Spes, intendendo che “le cose create e le stesse società hanno leggi e valori propri, che l’uomo gradualmente deve scoprire, usare e ordinare” (Gaudium et Spes, 36). Entrambe le situazioni esigono dall’uomo atteggiamenti responsabili, non solo per una giusta e armoniosa convivenza sociale ma anche per ricordargli che “Dio l’ha lasciato “in mano al suo consiglio” (Sir 15, 14), perché cercasse il suo creatore e giungesse liberamente alla perfezione” (Veritatis Splendor, 39).

3. L’azione pastorale deve quindi poter fornire elementi che confermino l’idea centrale dell’Esortazione post-sinodale Christifideles Laici, ossia la vocazione universale alla santità.

Siamo chiamati da Dio, da sempre, “per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità” (Ef 1, 4). Questa vocazione alla santità, che è di tutti, si realizza soprattutto nei fedeli rigenerati dal battesimo e che diventano “figli adottivi per opera di Gesù Cristo” ricevendo la “redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia” (Ef 1, 5-7).

Da questa vocazione alla santità deriva la grandezza del sacerdozio reale di tutti i fedeli laici. È esattamente questa condizione sacerdotale a conferire loro un posto proprio nel Corpo della Chiesa, a rafforzare la loro dignità e a chiamarli a partecipare alla missione redentrice che si continua a svolgere nella Chiesa, per mandato di Cristo, fino alla fine dei secoli. Il fedele laico, nella sua vita cristiana e nella sua azione nella Chiesa, non è un mero ausiliario del Vescovo o del sacerdote. Il Battesimo gli dà il diritto e quindi anche il dovere di svolgere nella sua esistenza l’azione sacerdotale di Cristo. Ne consegue la giusta autonomia del fedele laico in ciò che gli è proprio: in qualsiasi stato o condizione di vita, ogni persona nella società, indipendentemente dalla sua razza e dalla sua cultura, ha di fatto un posto che le è dovuto ed è chiamata ad attuare “la missione che Dio ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo” (Codice di Diritto Canonico, can. 204).

L’area specifica del fedele laico è l’apostolato nel mondo secolare in quanto egli, inserito nelle realtà temporali, partecipa, come cristiano, alle attività inerenti al suo stato di vita e al lavoro sociale (cf. Codice di Diritto Canonico, can. 210; cf. Christifideles Laici, 17). Non vi è quindi possibilità di confusione, o se vogliamo di conflitto, tra la sfera dell’azione laicale e quella ecclesiale; sarebbe, per lo meno “anacronistico”, come ho già avuto occasione di commentare (cf. Discorso, 10-X-1990). Di fatto conviene sempre ricordare ciò che diceva al riguardo il Concilio Vaticano II: “il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l’uno all’altro; infatti l’uno e l’altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano all’unico sacerdozio di Cristo” (Lumen Gentium, 10).

Da un lato, l’espressione “sacerdozio ministeriale o gerarchico” designa “il sacro ministero (esercitato nella Chiesa dai Vescovi e dai sacerdoti) per il bene dei loro fratelli” (Lumen Gentium, 13); dall’altro il “sacerdozio comune dei fedeli” è legato al sacramento del Battesimo, indicando anche che per un cristiano un tale sacerdozio ha il significato e la finalità di “offrire, mediante tutte le opere, ...spirituali sacrifici” (Lumen Gentium, 10), o anche, come spiegava san Paolo “di offrire” i propri “corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio” (Rm 12, 1). La vita cristiana è così vista come una lode elevata a Dio e come un culto professato dalla persona, individualmente, e da tutta la Chiesa. La sacra liturgia (cf. Sacrosanctum Concilium, 7), la testimonianza della fede e l’annuncio del Vangelo (cf. Lumen Gentium, 10), sulla base del significato soprannaturale della fede a cui partecipano i fedeli (cf. Lumen Gentium, 12), costituiscono l’espressione di tale sacerdozio. Questo si realizza concretamente nella vita quotidiana del battezzato quando la sua esistenza diventa dono di sé nella partecipazione al ministero pasquale di Cristo.

4. Basandoci su queste premesse, si capisce come il sacerdozio comune e il sacerdozio ministeriale dei Vescovi e dei presbiteri, sebbene diversi, siano inseparabili. Il sacerdozio comune raggiunge la pienezza del proprio valore ecclesiale grazie al sacerdozio ministeriale, in quanto quest’ultimo esiste in vista del sacerdozio comune. I Vescovi e i presbiteri sono indispensabili alla vita della Chiesa e dei battezzati, ma a loro volta sono chiamati a vivere in pienezza lo stesso sacerdozio comune, e, sotto questo aspetto, hanno bisogno del sacerdozio ministeriale. “Per voi io sono Vescovo, con voi sono cristiano” dice sant’Agostino (Serm. 340,1).

Inoltre, come vi ho detto in un’altra occasione: “Esiste così una cooperazione organica tra gerarchia e popolo fedele. Evidentemente questa cooperazione non consiste nel fatto che il laico prenda il posto del sacerdote per effettuare funzioni clericali, né che il sacerdote prenda il posto del laico per adempiere a funzioni laiche; essa esige invece che l’uno e l’altro collaborino tra loro per realizzare la funzione universale della Chiesa... Ogni cristiano, aiutato dalla fede e mosso dalla carità, cercherà personalmente (attraverso le strutture proprie dell’ordine temporale) di agire con giustizia, che per lui diventerà spesso un grave dovere morale” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIII/2 [1990] 777).

Si sente spesso dire che mancano oggi in Brasile, nei diversi ambiti della vita secolare, nei mezzi di comunicazione sociale e nella vita artistica, letteraria, politica e scientifica, cristiani autentici e coerenti capaci di unire la competenza e la credibilità della loro azione pubblica a una testimonianza esplicita di fede e di impegno con l’annuncio del Vangelo. In altri tempi non sono mancati nella vostra patria simili guide laiche cattoliche che hanno costituito la brillante generazione che ha dato tanto rilievo, ad esempio, all’Azione Cattolica in Brasile. Ciò non significa che manchino oggi nel Paese laici cattolici ma, indubbiamente, la loro azione pubblica non sempre emerge con il rilievo che vorreste e che sarebbe auspicabile in un Paese che possiede una tradizione culturale tanto permeata di fede cristiana.

Quali sono le cause di questa poca visibilità dell’apostolato dei fedeli laici?

La risposta risiede, in primo luogo, nella stessa valorizzazione dei fedeli laici, inseriti per eccellenza nelle realtà temporali, e nella loro legittima autonomia. Sarete sicuramente d’accordo con me sul fatto che non basta riunire i fedeli perché svolgano semplicemente un lavoro pastorale. Le grandi esigenze dell’evangelizzazione e l’insufficiente numero di ministri ordinati necessitano indubbiamente di questa collaborazione dei laici. Tuttavia, ridurre la loro azione alla cooperazione con i Pastori non esaurisce né realizza la pienezza della loro missione personale e specifica. Essi non sono meri collaboratori o coadiutori del ministero ordinato. Sotto la vostra guida pastorale e nel rispetto delle legittime disposizioni da voi approvate (cf. Codice di Diritto canonico, can. 212 § 1), essi sono chiamati ad agire nella realtà temporale e nel campo delle proprie capacità per la costruzione di una società improntata ai valori evangelici. La loro azione specifica possiede quindi un carattere ben diverso da quello dell’operato proprio dei Vescovi. La legislazione canonica garantisce questo diritto ai laici, diritto sul quale devono fondare e svolgere il proprio operato (cf. Codice di Diritto canonico, can. 215-216).

In questo senso non si può non riconoscere nella fioritura spontanea di movimenti religiosi antichi e nuovi un dono speciale di Cristo alla sua Chiesa, un segnale inequivocabile del fatto che lo Spirito Santo, che è la vita del Corpo Mistico di Cristo, in esso agisce e distribuisce i suoi doni “a ciascuno come vuole” (1 Cor 12, 11). Tali movimenti e associazioni religiose dei fedeli laici, unitamente a una necessaria e ossequiosa unione con la propria Chiesa locale e con il proprio Vescovo, possiedono una dinamica di vita e molto spesso una struttura organizzativa che va al di là delle frontiere delle vostre Chiese particolari. Più precisamente il diritto di associazione comprende: la fondazione di associazioni, l’adesione a quelle esistenti, così come l’autonomia di statuto e di governo delle stesse (cf. Apostolicam Actuositatem, n. 19).

Vi sono nella Chiesa una ricchezza e una molteplicità di doni e di carismi che fanno nascere al suo interno questa enorme varietà di proposte spirituali in cui si manifesta l’azione dello Spirito Santo. L’imprescindibile formazione dottrinaria e spirituale del fedele trova in queste proposte vie concrete, definite, sperimentate e approvate dalla autorità ecclesiale competente.

5. La regione dove il Signore vi ha costituito Pastori comprende un’estesa area di terre brasiliane ricche di foreste e con una vasta rete di corsi fluviali, spesso unica via di collegamento, oltre a quella aerea, tra le varie località. La bassa densità demografica, in rapporto con la superficie delle vostre diocesi, è controbilanciata dalle sfide che dovete affrontare: le migrazioni interne, la crescita della popolazione urbana attratta dai poli di sviluppo, l’azione missionaria in remote regioni della foresta abitate a volte solamente da indigeni.

“Anzitutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo riguardo a tutti voi” (Rm 1, 8). Facendo mie le parole dell’Apostolo delle Genti, è mio proposito ringraziarvi per il diligente zelo pastorale unito al sacrificio con cui vi dedicate alla causa del Vangelo. Allo stesso tempo, il mio ringraziamento va a tutti i missionari dei tempi moderni, religiosi e religiose che, insieme alla moltitudine dei laici delle innumerevoli comunità ecclesiali, animano le nostre mete pastorali. Se non potessimo contare su di loro, rimarremmo con le mani legate. I laici in particolare, oltre a costituire la maggior parte del Popolo di Dio, hanno, a maggiore ragione, “parte attiva nella vita e nell’azione della Chiesa. All’interno della comunità della Chiesa la loro azione è talmente necessaria che senza di essa lo stesso apostolato dei pastori non può per lo più raggiungere la sua piena efficacia” (Apostolicam Actuositatem, 10).

Nelle vostre relazioni quinquennali questo tema è stato oggetto di particolare attenzione e voi vi siete giustamente soffermati sulla questione del protagonismo dei laici, specialmente in rapporto all’evangelizzazione urbana. Questo protagonismo, così come viene proposto dal Documento di Santo Domingo (cf. n. 97 ss.), deve essere inserito nel quadro della vocazione specifica dei laici. Come potranno prendere coscienza della propria missione ecclesiale? In che modo potranno inserirsi nella società come “lievito nella pasta”.

Voi, carissimi fratelli, in virtù del sacerdozio gerarchico, nel quale agite nella persona di Cristo-Capo, avete il serio dovere di santificare, istruire e governare il popolo sacerdotale, come ci insegna il Concilio Vaticano II (cf. Presbyterorum Ordinis, 7). L’efficacia del lavoro apostolico del fedele laico è intimamente legata alla sua base spirituale, alla sua vita di preghiera personale e comunitaria, alla frequenza con cui riceve i sacramenti, soprattutto l’Eucaristia e la penitenza, e alla sua corretta formazione dottrinale. La comunità ecclesiale si riunisce intorno al suo Vescovo e, in suo nome, intorno al presbitero, non per scambiare semplicemente esperienze o per creare un clima di rivendicazione sociale, ma per ascoltare la parola della Verità, il Vangelo di Cristo, trasmesso senza distorsioni e in fedeltà al Magistero della Chiesa.

All’interno dell’ampia libertà di iniziativa in cui il laico opera, a livello sia individuale sia comunitario, esiste un denominatore comune, quello della propria fede consapevolmente assunta e diligentemente divulgata, che non è possibile eludere senza mettere a rischio l’autenticità del credo professato. Ai fedeli laici spetta specificatamente e in forza della loro partecipazione alla missione profetica di Cristo “testimoniare come la fede cristiana costituisca l’unica risposta pienamente valida... dei problemi e delle speranze che la vita pone a ogni uomo e a ogni società” (Christifideles Laici, 34). Per questo, sempre con grande speranza, ho voluto recentemente sottolineare il ruolo (profetico) che la donna è chiamata a svolgere nell’edificazione della Chiesa (cf. Lettera ai Sacerdoti, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII/1 [1995] 593). Come non ricordare l’eroica e perseverante testimonianza data da tante donne – contemporaneamente a uomini di grande valore – nel trasmettere per prime la fede nell’ambito familiare? Non posso non menzionare qui, con immensa gratitudine, la dedizione paziente e sacrificata di innumerevole religiose e laiche impegnate nella catechesi dei bambini in ambito parrocchiale. Elevo ferventi preghiere a Dio Padre affinché le benedica e le ricompensi!

6. Sono inoltre a conoscenza delle diverse iniziative, promosse in alcune Chiese locali del Brasile, volte alla formazione specifica dei laici. So anche quanto si stiano adoperando in questo senso alcuni movimenti religiosi e associazioni che agiscono nella stessa direzione dei loro Vescovi, riconducendo peraltro alla Chiesa una moltitudine disorientata, sia per il progressivo vuoto spirituale generato dai mali della società moderna a cui prima ho fatto riferimento, sia per la proliferazione delle sette.

Vorrei tuttavia ora richiamare la vostra attenzione su un altro campo di non minore importanza, che, per le enormi dimensioni del vostro Paese, acquisisce un significato fondamentale. Ho già avuto occasione di sottolineare la responsabilità che spetta agli agenti pastorali nel campo delle Comunicazioni Sociali in vista di un corretta divulgazione dei valori etici (cf. Discorso, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII/1 [1995] 894 ss.). Oggi, la mia attenzione si volge ad alcuni dei protagonisti di questo fenomeno di massa.

Tutti sappiamo che la mentalità delle persone viene influenzata in modo decisivo da questi mezzi di comunicazione. In essi si trova la chiave del mondo di valori che orienteranno le generazioni future. Lo ha già sottolineato il Concilio Vaticano II nel Decreto Inter mirifica: “Poiché le opinioni pubbliche esercitano oggi un grandissimo influsso e peso nella vita privata e pubblica dei cittadini di ogni ordine, è necessario che tutti i membri della società assolvano, anche in questo settore, i propri doveri di giustizia e di carità. Perciò si adoperino... a formare e diffondere opinioni pubbliche rette” (n. 8).

Dovete pertanto far sì che i vostri fedeli laici s’impegnino nell’evangelizzazione dei mezzi di comunicazione sociale e di diffusione culturale, incentivando anche programmi di promozione umana, adatti alle esigenze di ogni fascia sociale, che servano da stimolo alla solidarietà cristiana. Come giornalisti, cronisti, pubblicisti, produttori di film per il cinema e la televisione, attori, musicisti e artisti, essi dovranno unire il proprio talento personale, la propria arte e il proprio prestigio nell’ambiente in cui lavorano a una testimonianza inequivocabile della loro fede in Gesù Cristo. Spetta a voi, in quanto Pastori, promuovere, sostenere e orientare la azione apostolica inserita nelle realtà di questo mondo così complesso in cui operano questi vostri fedeli, affinché essi, mediante la forza del Vangelo, possano diventare veramente sale della terra e luce del mondo (cf. Mt 5, 13-14).

7. Vorrei concludere questo nostro incontro, stimati Fratelli, rinnovandovi il mio ringraziamento e il mio apprezzamento. Vi chiedo di porgere i miei cordiali saluti ai vostri sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli, una volta tornati nelle vostre diocesi. Già nella prospettiva della solennità di Pentecoste, in cui si commemora il dono dello Spirito Santo agli Apostoli, gli esordi della Chiesa e l’inizio della sua missione diretta a tutti i popoli, lingue e nazioni, vi invito a volgere, ancora una volta, il vostro sguardo al Cero pasquale in cui brilla la luce, simbolo di Cristo Risorto. Di fronte all’enorme missione a voi affidata, non vi fate mai vincere dalla stanchezza o dallo sconforto. Gesù, il Redentore degli uomini, cammina accanto a voi e rende fecondi tutti i vostri sforzi. Condividono le vostre preoccupazioni apostoliche molti collaboratori generosi, nel clero, tra i religiosi e tra i laici.

A voi, venerabili Fratelli nell’Episcopato, è affidato il compito di condurre questo Popolo di Dio alla pienezza della risposta fedele al disegno divino. Vi accompagna in questo arduo, ma edificante cammino Maria, la Regina del Cielo, che portò Cristo in seno (cf. Regina Coeli), prosegue oggi la sua missione materna con i fedeli, ottenendo per essi, con la sua intercessione, la vita divina di Cristo Risorto.

A tutti voi, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, e a tutti i laici delle vostre comunità imparto con affetto la mia Benedizione Apostolica.

 

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