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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA PLENARIA
DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTER-RELIGIOSO

Venerdì, 24 novembre 1995

 

Caro Cardinale Arinze, Loro Eminenze,
Cari Fratelli nell’Episcopato, Amici in Cristo,

1. Sono felice di avere l’opportunità di poter incontrare i membri del Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-Religioso riuniti per la vostra Assemblea Plenaria. Vi porgo il benvenuto nella pace di Cristo, per mezzo del quale “abbiamo ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio” (Rm 5, 2).

A trent’anni dalla pubblicazione della Dichiarazione conciliare sui rapporti della Chiesa con le Religioni Non-Cristiane, il vostro impegno nel dialogo inter-religioso può solo continuare a essere guidato e incoraggiato dall’insegnamento e dalle intuizioni di quell’importante documento. Il tema della vostra Assemblea, il dialogo della Spiritualità e la Spiritualità del Dialogo, offre infatti un’eccellente occasione per riflettere su quella che può essere definita “la lettura dell’anima dell’uomo”, punto di partenza della Nostra Aetate, la quale afferma: “Gli uomini attendono dalle varie religioni la risposta ai reconditi enigmi della condizione umana... La natura dell’uomo, il senso e il fine della nostra vita, il bene e il peccato, l’origine e lo scopo del dolore, la via per raggiungere la vera felicità, la morte, il giudizio e la sanzione dopo la morte, infine l’ultimo e ineffabile mistero che circonda la nostra esistenza, donde noi traiamo la nostra origine e verso cui tendiamo” (Nostra Aetate, 1).

2. Spesso oggi, in molte parti del mondo, la cultura materialistica imprigiona, per così dire gli uomini nello spazio e nel tempo, così da farli trovare disorientati e incapaci di dare un senso alla vita. Alcuni, come ebbe già a notare il Concilio Vaticano II, vivendo in un’atmosfera di materialismo pratico, non percepiscono questo dramma dell’uomo (cf. Gaudium et Spes, 10). Altri poi “dai soli sforzi umani attendono una vera e piena liberazione dell’umanità, e sono persuasi che il futuro regno dell’uomo sulla terra appagherà tutti i desideri del loro cuore” (Gaudium et Spes, 10). Una terza categoria poi, quelli che credono in Dio o cercano l’Assoluto, trova risposta a questi interrogativi del cuore dell’uomo attraverso la spiritualità, in altre parole, attraverso una concezione della vita e della storia dell’uomo non costretta negli angusti limiti della nostra esistenza umana, ma aperta alla trascendenza e all’eternità. La Chiesa, dal suo canto, “crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà sempre all’uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla sua altissima vocazione”. Essa crede inoltre “di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana” (Gaudium et Spes, 10).

3. La “spiritualità”, oggi al centro delle vostre riflessioni, implica l’idea di una ricerca da parte dell’uomo di un rapporto personale con Dio, un rapporto che può dare vita e consistenza ai suoi rapporti con i credenti di altre tradizioni religiose. La “spiritualità” non è solo conoscenza e dibattito. E inseparabile dalla ricerca della santità, la quale, in senso assoluto, appartiene solo a Dio, ma che, attraverso la sua amorevole misericordia, è concessa anche all’uomo come dono e responsabilità. Il Concilio Vaticano II ha riecheggiato l’esortazione di San Paolo: “Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione” (1 Ts 4, 3), sottolineando in più occasioni che tutti sono chiamati alla santità (cf. Lumen Gentium, 42).

In una prospettiva più ampia, la ricerca della perfezione, della purificazione, della conformazione alla volontà di Dio non è limitata ai soli cristiani. Riguarda ogni essere umano. Non c’è da meravigliarsi quindi se riscontriamo nelle tradizioni religiose dell’umanità una chiara consapevolezza della chiamata ai più alti valori. Le varie religioni, come insegnava il mio predecessore Paolo VI, “portano in sé l’eco di millenni di ricerca di Dio, ricerca incompleta, ma realizzata spesso con sincerità e rettitudine. Posseggono un patrimonio impressionante di testi profondamente religiosi. Hanno insegnato a generazioni di persone a pregare. Sono tutte cosparse di innumerevoli «germi del Verbo»” (Evangelii Nuntiandi, 53).

4. Pertanto il tema della spiritualità rappresenta un naturale punto di contatto tra i fedeli di varie tradizioni religiose e un proficuo argomento per il dialogo inter-religioso. Come la vostra Assemblea Plenaria ha dimostrato, il “dialogo della Spiritualità” è una forma essenziale e suprema di dialogo tra uomini e donne di esperienze religiose diverse. Essa permette a “persone radicate nelle proprie tradizioni religiose” di dividere “le loro ricchezze spirituali, per esempio per quanto riguarda la preghiera e la contemplazione, la fede e i modi di cercare Dio o l’Assoluto” (Evangelii Nuntiandi, 42). Questo tipo di scambi, per i quali dovrebbero essere adeguatamente preparati, possono essere fonte di arricchimento reciproco e stimolo a una proficua collaborazione nella promozione e nella salvaguardia dei più elevati valori e ideali spirituali dell’umanità. All’interno di questo dialogo ci sarà l’ampia possibilità per i cristiani di condividere l’essenza del messaggio evangelico e per comunicare “la ragione della speranza che è in noi” (1 Pt 3, 15). Sebbene il dialogo possa assumere altre forme – il “dialogo della vita”, il dialogo della cooperazione, il dialogo formale o i dibattiti tra esperti –, tutte importanti, il dialogo della spiritualità offre una profondità e una qualità che potranno evitare alle altre forme di dialogo il pericolo di un puro e semplice attivismo.

5. Questo dialogo della spiritualità ha bisogno di una spiritualità del dialogo, vale a dire, di una visione capace di sostenere gli sforzi compiuti per favorire rapporti buoni e armoniosi tra i fedeli di religioni diverse. Il dialogo inter-religioso non è mai semplice. Ha bisogno di solide convinzioni, di grande comprensione e profonda sensibilità delle diversità. E mio auspicio che dal vostro incontro escano le linee guida di una spiritualità del dialogo, le quali potranno essere d’aiuto ai pastori e ai fedeli di ogni dove, perché “tutti i fedeli e le comunità cristiane sono chiamati a praticare il dialogo, anche se non nello stesso grado e forma” (Redemptoris Missio, 57).

6. Mentre tutta la Chiesa si prepara al Giubileo dell’Anno 2000 dobbiamo considerare “il sempre maggior spazio dato al dialogo con le altre religioni” come uno dei “segni di speranza presenti in questo ultimo scorcio di secolo” (Tertio Millennio Adveniente, 46). In questo contesto desidero ringraziarvi per la vostra attenzione alle implicazioni e alle condizioni necessarie a questo dialogo. Prego con tutto il cuore che l’avvento del Terzo Millennio veda un approfondimento e un consolidamento di relazioni sempre più cordiali tra le differenti tradizioni religiose, per il bene della pace e della solidarietà tra i popoli di ogni dove. Nell’invocare su voi l’intercessione di Maria, Madre del Redentore, vi imparto di buon grado la mia Benedizione Apostolica.

 

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