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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELLA THAILANDIA IN VISITA
«AD LIMINA APOSTOLORUM»

Castel Gandolfo - Venerdì, 30 agosto 1996

 

Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. È per me una grande gioia dare il benvenuto a voi, membri della Conferenza Episcopale della Thailandia, in occasione della vostra visita “ad limina” alla Sede Apostolica, fedele depositaria della predicazione e della somma testimonianza dei Principi degli Apostoli, Pietro e Paolo. Sono certo che i nostri incontri di questi giorni rafforzeranno ulteriormente i vincoli di unità, di carità e di pace che ci uniscono nella comunione del Corpo di Cristo - la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. In particolare, desidero ringraziare il Cardinale Michai Kitbunchu per i cordiali saluti che ha espresso a nome dei sacerdoti, delle persone consacrate, uomini e donne, e dei fedeli laici della Chiesa in Thailandia.

Della mia Visita Pastorale nel vostro Paese di dodici anni fa serbo un vivo ricordo, soprattutto della cortese ospitalità e dell’intraprendente vitalità del vostro popolo, del suo spirito di tolleranza, della sua sconfinata generosità verso i rifugiati e gli stranieri, della sua ricchezza etnica e culturale e del suo profondo senso religioso. Ricordo con gioia il caloroso benvenuto datomi da Sua Maestà Re Bhumibol Adulyadej, e, in occasione del quindicesimo anniversario della sua ascesa al trono, desidero esprimere il mio apprezzamento per il ruolo da lui svolto nel tutelare la tradizione tailandese della libertà di religione e nel promuovere i nobili ideali della giustizia sociale e della solidarietà.

2. Cari Fratelli, riflettendo sul vostro ministero non posso non ricordare ciò che i Padri del Concilio Vaticano II hanno insegnato in modo tanto incisivo, ovvero che la Chiesa “per sua natura è missionaria” (Ad gentes, 2). È ancora viva nella memoria delle vostre Chiese particolari l’evangelizzazione compiuta con spirito di generosità e di rinuncia dai primi missionari e suggellata con il sangue dei Sette Martiri della Thailandia. Questi nobili inizi non possono non stimolarvi a rinnovare e rinvigorire l’opera di evangelizzazione tra i fedeli cristiani.

All’approssimarsi del Terzo Millennio, la Chiesa volge infatti il suo sguardo con particolare interesse all’Asia “verso cui dovrebbe orientarsi principalmente la missione ad gentes” (Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 37). Oggi questo sforzo missionario deve essere compiuto principalmente dagli asiatici stessi. Avendo ricevuto la fede da missionari impegnati, i cattolici della Thailandia sono chiamati a recare testimonianza del Vangelo nei nuovi settori della società, specialmente tra le popolazioni tribali e i poveri, tra gli immigranti e i rifugiati, oltre che tra i lavoratori o i professionisti. Insieme a voi, sono profondamente grato per l’opera dei sacerdoti della Thai Missionary Society - a sua volta un frutto della plantatio Ecclesiae che sta maturando - che stanno ora diffondendo la Buona Novella nel vostro Paese e all’estero. Attraverso voi, esorto anche le persone consacrate, uomini e donne, che “condividono in modo speciale con la Chiesa la sua attività missionaria in virtù della loro consacrazione interiore a Dio” (cf. Giovanni Paolo II, Vita consecrata, 77), a compiere nuovi sforzi per contribuire alla crescita del Regno di Dio in Thailandia e altrove. Lo zelo necessario per questo pressante impegno evangelico deve essere trasmesso a tutti i giovani, uomini e donne, negli istituti di formazione, alimentando in essi un generoso e coraggioso impegno per diffondere la Buona Novella.

3. Come servi dello Spirito di Verità, che fa ricordare tutto ciò che Cristo ha insegnato alla sua Chiesa (cf. Gv 14, 26; 16, 13), i Vescovi devono fare in modo che il loro popolo sia formato in una conoscenza approfondita e sistematica della persona e del messaggio di Gesù, conoscenza che gli permetterà di comunicare agli altri le imperscrutabili ricchezze della salvezza (cf. Ef 3, 8) con gioia e convinzione, sempre pronti a rispondere delle ragioni della speranza che è in loro (cf. 1 Pt 3, 15). Una delle grandi benedizioni concesse alla Chiesa universale negli ultimi anni è stata la pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica; con gioia desidero incoraggiare la vostra Conferenza nel suo desiderio di realizzare una traduzione in modo che la sua dottrina ravvivi la fede del vostro popolo.

Attraverso di voi rivolgo un particolare saluto a tutti i catechisti - genitori, laici, uomini e donne, e religiosi - che si dedicano in modo tanto generoso a portare Cristo, uno e solo “mediatore fra Dio e gli uomini” (1 Tm 2, 5) e speranza dell’umanità, a bambini, giovani e adulti “in modo organico e sistematico, al fine di iniziarli alla pienezza della vita cristiana” (Giovanni Paolo II, Catechesi tradendae, 18). Il loro apostolato è indispensabile per la crescita delle diocesi, delle parrocchie e delle famiglie cristiane. I centri di formazione catechetica, i programmi di rinnovamento dottrinale e spirituale e un costante incoraggiamento personale sono i mezzi inestimabili per educare tutti coloro che hanno la responsabilità di trasmettere la fede. Prego affinché i catechisti nelle vostre comunità locali - obbedienti a Cristo come loro maestro (cf. Mt 23, 8) - con il vostro sostegno, dato attraverso parole o azioni, trasmettano fedelmente il Vangelo vivente, la persona stessa di Gesù, che è “la via, la verità e la vita” (Gv 14, 6).

4. Le vostre Chiese locali sono benedette dalla presenza di molti laici, uomini e donne, che sono profondamente fedeli alla vita cristiana e alla celebrazione della Liturgia, con dignità e devota solennità. Allo stesso tempo i laici hanno bisogno del vostro aiuto per potere svolgere la loro missione specifica nella sfera temporale, missione che coinvolge molti di essi nell’aiuto agli immigranti e ai rifugiati, ai senzatetto, ai malati di Aids, alle donne e ai bambini gravemente offesi nella loro dignità umana da una vera e propria industria dello sfruttamento sessuale. Allo stesso modo, l’incessante ricerca del significato della vita da parte dei giovani, il loro desiderio di una profonda comunione con Dio e con la comunità ecclesiale e il loro entusiasmo nelle attività di volontariato a favore dei bisognosi rappresentano una sfida per tutti gli operatori di pastorale. I giovani della Thailandia vanno incoraggiati a essere “soggetti attivi, protagonisti dell’evangelizzazione e artefici del rinnovamento sociale” (Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 46).

Tuttavia è attraverso la famiglia, fondamento della società e prima cellula di vita ecclesiale, che i laici devono rispondere alla loro vocazione principale. Per questa ragione la famiglia merita la vostra attenta sollecitudine pastorale, in particolare laddove essa è minacciata da un crescente materialismo e da un comportamento consumistico estranei ai valori tradizionali della cultura tailandese e spesso promossi da istituzioni esterne. Il risultato di tutto ciò è il diffondersi di una “mentalità a favore dei contraccettivi” che non solo contraddice la piena verità dell’amore coniugale, ma conduce anche a una più facile accettazione del terribile crimine dell’aborto (cf. Eiusdem, Evangelium vitae, 13). Per allontanare questa grave minaccia ogni diocesi dovrebbe sviluppare un programma per l’apostolato familiare che aiuti i genitori e i bambini a vivere la loro vocazione secondo la volontà di Cristo.

Un problema specifico che state affrontando nella vostra sollecitudine per le famiglie è rappresentato dai matrimoni interconfessionali. Le coppie che si trovano in tale situazione spesso hanno bisogno di un’assistenza particolare. La preparazione al matrimonio, che è “compito soprattutto della famiglia” (Eiusdem, Lettera alle famiglie, n. 16), ma che richiede anche l’aiuto di sacerdoti e altri ministri, dovrebbe garantire che la fede del coniuge cattolico e il suo libero esercizio siano sufficientemente salvaguardati, soprattutto per quanto riguarda il dovere di fare tutto il possibile per assicurare che i figli nati da tale matrimonio ricevano il battesimo cattolico e una educazione cattolica (cf. Eiusdem, Familiaris consortio, 78). L’autentico dialogo interreligioso e la comprensione non vengono favoriti dall’indifferenza verso la religione, ma dall’amore della verità e dal sincero rispetto reciproco.

5. La Chiesa in Thailandia è giustamente orgogliosa del contributo offerto dalle sue scuole cattoliche alla promozione della vita ecclesiale e nazionale. Il Concilio Vaticano II descrive i principali fini delle scuole gestite dalla Chiesa: ovvero che i bambini cattolici vengano “iniziati gradualmente alla conoscenza del mistero della salvezza,... si preparino a vivere la propria vita secondo l’uomo nuovo nella giustizia e nella santità della verità... e diano il loro apporto all’aumento del suo corpo mistico” (Gravissimum educationis, 2). Sono certo che sarete sempre vicini a coloro che si dedicano a questo apostolato, che farete ogni sforzo possibile per conservare e rafforzare l’identità cattolica delle scuole della Chiesa e che cercherete dei modi per aprire ancora di più le porte ai membri meno fortunati della comunità cattolica e della società in generale. È questo un modo importante di mettere in pratica l’opzione preferenziale della Chiesa per i poveri.

La missione della Chiesa in Thailandia è altresì promossa dal crescente impegno della vostra Conferenza nell’ambito delle comunicazioni sociali. Con grande gioia ho appreso che vi siete assunti la responsabilità di trasmettere programmi televisivi che siano uno strumento di evangelizzazione. Ciò vi offre nuove e interessanti opportunità; è necessario compiere ogni sforzo possibile per insegnare ai fedeli a fare un uso appropriato dei mezzi di comunicazione come strumento della “civiltà dell’amore”.

6. Come illustrano le vostre relazioni quinquennali, le vostre Chiese particolari sono benedette da molti candidati al sacerdozio e alla vita religiosa. In particolare mi unisco a voi nel ringraziare Dio in occasione del venticinquesimo anniversario del Lux Mundi, il Seminario Maggiore Nazionale, per l’opera svolta nel preparare sacerdoti che saranno “santi e immacolati” al cospetto di Dio (cf. Ef 1, 4). È importante che le famiglie e le comunità parrocchiali preghino ferventemente per un aumento delle vocazioni e che voi siate personalmente coinvolti nell’intero processo di formazione dei vostri seminaristi, assegnando a questo compito sacerdoti esemplari, anche se ciò comporta sacrifici in altri ambiti.

Anche negli anni successivi all’ordinazione, soprattutto nei primi tempi, è necessario adoperarsi per aiutare i sacerdoti a conservare l’abitudine della disciplina, della preghiera e dello zelo apostolico appresa in seminario. Il Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, pubblicato con la mia approvazione dalla Congregazione per il Clero, dovrebbe guidarvi, sia individualmente sia attraverso la Conferenza Episcopale, nei vostri sforzi per rinnovare le menti e i cuori dei sacerdoti impegnati nella missione della Chiesa. Possano i sacerdoti non considerarsi mai semplici custodi delle istituzioni ecclesiali bensì “strumenti vivi di Cristo eterno sacerdote” (Presbyterorum ordinis, 12) nel predicare la Parola, nel celebrare i sacramenti e nel diffondere il Regno di Dio! Il rapporto personale tra un Vescovo e i suoi sacerdoti, i suoi “collaboratori” (1 Cor 3, 9) nel servire il popolo di Dio e nel proclamare il Vangelo ad gentes, presenta inoltre il ministero ordinato come autentica “opera collettiva” (Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, 17). Questo senso di fraterna collaborazione è acuito dell’effettiva realizzazione delle varie strutture di comunione ecclesiale auspicate dal Concilio Vaticano II e dal Codice di Diritto Canonico. Così la diocesi dimostrerà di essere una vera famiglia, una comunità di persone in cui tutti, clerici, religiosi e laici, pongono i propri carismi al servizio dell’intero Corpo di Cristo (cf. Rm 12, 4-8; 1 Cor 12, 4-11).

7. Pur salvaguardando la giusta autonomia degli Istituti di Vita Consacrata esistenti nella vostra diocesi, potete aiutarli a compiere la loro particolare missione dando loro la dovuta considerazione nella pianificazione pastorale (cf. Giovanni Paolo II, Vita consecrata, 48-49). Continuate ad esortare i Superiori a discernere con attenzione l’idoneità dei candidati che chiedono di essere ammessi e, soprattutto negli Istituti di diritto diocesano, aiutateli a offrire una solida formazione spirituale, morale e intellettuale prima e dopo la professione dei consigli evangelici. Colgo l’occasione per chiedere a tutti gli uomini e le donne consacrati in Thailandia di meditare devotamente e a lungo sull’Esortazione Apostolica post-sinodale Vita consecrata e di accettarla come un dono provvidenziale dello Spirito alla Chiesa dei nostri giorni. Essi dovrebbero guardare con gioia al futuro, verso il quale lo Spirito li sta guidando, con determinata fedeltà ai carismi della loro chiamata e con totale dedizione a Colui nel quale hanno riposto la loro fiducia (cf. 2 Tm 1, 12). Possano loro recare testimonianza in mezzo al popolo di Dio del “primato di Dio e dei beni futuri” (Giovanni Paolo II, Vita consecrata, 85) e della verità che in Gesù Cristo “è vicino . . . il regno di Dio” (Lc 10, 9)!

Desidero esprimere un particolare apprezzamento alle religiose in Thailandia che sono totalmente dedite alla vita contemplativa, nella speranza che si possa presto istituire anche una comunità contemplativa di uomini. Attraverso la loro testimonianza delle tradizioni dell’ascetismo e del misticismo i religiosi contemplativi offrono un valido contributo, in modo silenzioso ma efficace, al dialogo interreligioso (cf. Giovanni Paolo II, Vita consecrata, 8). Condividendo la loro esperienza di preghiera interiore, di meditazione e di contemplazione, essi contribuiscono a creare vincoli più stretti tra i seguaci del cristianesimo e i buddisti, aprendo al contempo la strada a una maggiore collaborazione nella promozione dello sviluppo umano integrale. In questo contesto, la dottrina sociale della Chiesa costituisce anche un ponte che collega i cristiani e i buddisti. Possiate voi e i vostri concittadini appartenenti a tradizioni religiose diverse operare insieme nel rispetto e nella comprensione reciproca per difendere la vita e la dignità umane, sostenere la famiglia e promuovere la giustizia e la pace nella società, collaborando in ogni modo possibile per edificare una società sempre più degna della persona umana!

8. Cari Fratelli, durante la mia Visita Pastorale nella vostra nazione, ho condiviso con voi la speranza che il mistero di Cristo venisse fatto conoscere “nei veri valori che caratterizzano la vostra cultura tailandese” (Giovanni Paolo II, Discorso ai sacerdoti, ai religiosi e ai laici, 11 maggio 1984, n. 7: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII, 1 (1984) 1367). Il segno di cattolicità della Chiesa implica il fatto che il Vangelo deve incarnarsi nella cultura di ogni popolo e che il messaggio evangelico deve sempre essere predicato in modo accessibile alla comprensione di un popolo. Il compito necessario e arduo dell’inculturazione non rappresenta né un sincretismo né un adattamento della verità. Esso indica piuttosto che il Vangelo possiede la forza interiore per raggiungere il cuore stesso di una cultura e incarnarsi in essa: la Buona Novella prende i molti valori positivi presenti nelle diverse culture e li introduce nel mistero della salvezza purificandoli, elevandoli e perfezionandoli nella luce della divina Sapienza (cf. Lumen gentium, 17). Prego affinché Dio Onnipotente vi conceda il dono del discernimento, permettendovi di incoraggiare con saggezza e giudicare con prudenza questo processo di inculturazione, processo che deve essere promosso ogni giorno di più se la Chiesa deve radicarsi sempre più profondamente in Thailandia.

9. L’approssimarsi del Terzo Millennio sta ispirando l’intera Chiesa a volgersi con maggior fervore verso il suo Signore e a partecipare più pienamente alla sua missione redentrice. Come Pastori abbiamo una responsabilità unica nello svolgere questo compito sacro. Durante l’Ultima Cena Gesù ha invitato i suoi apostoli a essere suoi amici (cf. Gv 15, 13-14) suggellando questa amicizia con il dono dell’Eucaristia. Egli continua a invitare noi, successori degli apostoli, a entrare in comunione con lui, di modo che possiamo poi condurre molti altri - coloro che già fanno parte del gregge e coloro che ancora sono lontani - verso colui che è “la nostra pace” (Ef 2, 14). Prego affinché il Grande Giubileo in Thailandia sia veramente un “anno di misericordia del Signore” (Is 61, 2; cf. Lc 4, 19) al quale ogni Chiesa particolare si preparerà con spirito di conversione e con un rinnovato impegno nell’evangelizzazione. Possa Maria intercedere per il popolo che voi servite con zelo e devozione e condurre tutti voi a suo Figlio, che è “la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1, 9)! Con caloroso affetto per il Popolo di Dio in Thailandia, presente nel mio cuore e che ricordo ogni giorno nelle mie preghiere, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

 

© Copyright 1996 - Libreria Editrice Vaticana



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