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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA COMUNITÀ DEL SEMINARIO ROMANO MAGGIORE

Sabato, 17 febbraio 1996

 

Signor Cardinale, fratelli nell’episcopato, nel sacerdozio, carissimi seminaristi e giovani, ospiti tutti del Seminario Romano:

È per me sempre motivo di gioia incontrarmi con la comunità del Seminario Romano. Il clima di questo nostro annuale appuntamento è insieme di famiglia e di preghiera. Ai piedi della Madonna della Fiducia rinnoviamo i sentimenti di singolare affetto che legano il Papa a questo Seminario e gustiamo al tempo stesso momenti di intensa meditazione favorita dalle esecuzioni dell’orchestra e del coro della diocesi guidati da Mons. Marco Frisina. Ed è bello che a tali momenti siano invitati a partecipare i giovani della scuola di preghiera che qui si svolge nel corso dell’anno. A ciascuno rivolgo un saluto cordiale, al Cardinale vicario, al Vice Gerente, al Rettore e ai suoi collaboratori e specialmente a voi, cari seminaristi, che colmate di vita e di entusiasmo questo grande e storico Seminario. Anche a voi, familiari dei seminaristi, e giovani amici delle varie parrocchie e scuole di Roma, a voi tutti va il mio saluto insieme con un sentito "Grazie": è infatti anche per il vostro contributo che il Seminario riesce ad essere "famiglia" e "comunità giovanile". Ma non si possono dimenticare gli artisti... Grazie al loro contributo noi abbiamo sentito questo splendido oratorio, l’"Oratorio di Santa Caterina da Siena"; vi sono diversi motivi per sentire e meditare appunto questo tema, questa figura nell’anno presente.

In occasione delle mie precedenti visite ho avuto modo di riflettere per così dire ad alta voce con voi su molteplici aspetti dell’esperienza cristiana e vocazionale, prendendo spunto sempre dall’oratorio eseguito per la circostanza. Quest’anno sono venuto tra voi con un’idea in mente: quella del 30° anniversario del Concilio Vaticano II, una ricorrenza che con soddisfazione ho notato essere a voi ben presente. Ma dopo aver assistito con viva risonanza interiore all’oratorio di S. Caterina da Siena, voglio dire che c’è una felice convergenza tra il carisma di Caterina e, diciamo così il carisma del Vaticano II, che potremmo definire passione per Cristo e, in lui, per il mistero della Chiesa.

Il 2 dicembre 1965, sei giorni prima della solenne chiusura, il mio venerato predecessore e Servo di Dio, Paolo VI, venne qui al Seminario Romano Maggiore nel quarto centenario della sua fondazione. In quella visita egli coronò l’immagine della Madonna della Fiducia, inaugurò ambienti restaurati e nuovi e, ciò che ora maggiormente ci interessa, parlò del Concilio, ne parlò e ne affidò gli insegnamenti all’attenzione della comunità del Seminario, presentandoli come "Il codice di rinnovamento della vita ecclesiastica, destinato a far sentire la sua corroborante autorità in ogni settore della Chiesa, anche, in modo particolare, nei seminari" (Insegnamenti di Paolo VI, III 1965, p. 689).

Oggi vorrei riprendere e riproporre tale consegna, di fronte a una nuova generazione di seminaristi e mentre è ormai prossimo il Giubileo del duemila. Vorrei in questo incontro riconsegnare a voi, cari alunni del Seminario Romano Maggiore, e a tutti voi giovani presenti, l’eredità di quello che è stato l’evento principale della storia della Chiesa in questo secolo, autentico "Portale di ingresso" nel Terzo Millennio cristiano. Ho dedicato ai documenti conciliari gli "Angelus" di questi mesi e, come sapete, già in altre occasioni ho consegnato simbolicamente il Concilio alle nuove generazioni.

In modo particolare nel settembre scorso, al termine del pellegrinaggio dei giovani d’Europa a Loreto, al quale so che anche alcuni dei presenti hanno preso parte, ho affidato ai giovani la costituzione "Gaudium et spes", invitandoli a leggerla e a meditarla ("Osservatore Romano", 11-12 sett. 1995, p. 7). A voi che state vivendo un tempo forte e specifico di formazione e di discernimento consegno invece la "lezione" del Concilio nella sua integralità, nella varietà e complementarietà dei suoi documenti. Tra questi i decreti "Optatam Totius" sulla formazione sacerdotale e "Presbyterorum Ordinis" sul ministero e la vita dei presbiteri vi sono naturalmente più familiari. Quest’ultimo, in particolare, conserva una fortissima carica spirituale e pastorale, com’è emerso anche nei convegni svoltisi nei mesi scorsi per commemorarne la promulgazione.

Ma in questo momento vorrei esortarvi a considerare il Vaticano II con uno sguardo che miri al suo nucleo profondo, al suo principio ispiratore, a quello che Paolo VI nella visita del ‘65 chiamò il suo "punto focale", cioè la sua meditazione sulla Chiesa.

Voi che vi preparate a servire la Chiesa come ministri di Cristo imparate a scrutarne il mistero. Nel volto della Chiesa sappiate riconoscere i lineamenti di Cristo per appassionarvene, un amore appassionato per Cristo e per la Chiesa: questo è anche il messaggio che scaturisce dalla testimonianza di S. Caterina da Siena ripresentataci quest’anno dall’oratorio.

Un sentito apprezzamento ed un grazie cordiale va ancora una volta a Marco Frisina, agli attori e ai membri del coro e dell’orchestra che hanno riproposto in una sintesi vibrante l’esperienza spirituale della Patrona d’Italia.

Al centro di tale esperienza, il fuoco che ha santificato Caterina è proprio il suo amore per Cristo e per la Chiesa. La divina Provvidenza volle che ella sperimentasse misticamente tutta l’intensità di questo sentimento, senza tuttavia perdere il contatto con la concretezza della vita e della storia del popolo di Dio.

Fu così che Caterina si ritrovò a svolgere una parte da protagonista nella vita ecclesiale del suo tempo. E io ho pensato anche: "Cosa mi dice, cosa mi dice Caterina: devo viaggiare di più o di meno . . .?". E la risposta mi è venuta: "Sì, viaggiare puoi, ma non trasferire mai la sede, la Santa Sede, da Roma... viaggiare sì. Ma sempre tornare...!".

Lo spirito di amore che agì in maniera singolare in S. Caterina da Siena ha ispirato nei nostri tempi l’evento del Concilio Vaticano II. Lo stesso spirito agisce anche in questo vostro Seminario, come negli altri seminari sparsi per il mondo, per farne cenacoli in cui si rinnova la Pentecoste nella gradualità del quotidiano attraverso le pene e le fatiche di cui è intessuto il cammino della formazione sacerdotale.

In questi cenacoli si avverte in modo speciale la presenza di Maria, Regina degli Apostoli, e guida di ogni itinerario vocazionale. E qui, in questo Seminario Romano, Maria è sinonimo di "fiducia", di abbandono confidente e responsabile alla volontà di Dio. Alla sua materna protezione affido ciascuno di voi: vi ottenga ella un appassionato amore per Cristo, per servire la Chiesa sulle vie della nuova evangelizzazione.

Per questo prego e di cuore vi benedico.

Prima di congedarsi dalla comunità del Seminario Romano Maggiore, al termine della visita, Giovanni Paolo II ha voluto offrire ai giovani seminaristi la sua personale esperienza sacerdotale, invitandoli a prepararsi all’ordinazione nella gioiosa fedeltà al Mistero dell’Eucaristia:

Grazie per questa ultima parola. Sulla torta hanno scritto "cinquanta" per ricordare il mio cinquantesimo di sacerdozio che sarà il 1° novembre prossimo.

Le mie prime tre Messe le ho celebrate nella Cappella sotterranea della Cattedrale del Wawel a Cracovia. In questi cinquanta anni, dodici anni sono stato sacerdote, prete diocesano, vice-parroco per tre anni, poi docente di filosofia a Cracovia e a Lublino e poi anche cappellano degli studenti universitari a Cracovia. Con questa missione sono legate molte memorie, molti ricordi.

Dopo dodici anni l’Arcivescovo mi chiese: allora che cosa vuoi fare? Vuoi fare il cappellano o vuoi studiare? Vuoi fare la tesi di abilitazione? Allora io ho detto che la Diocesi aveva investito in me per gli studi a Roma e quindi dovevo continuare. E ho fatto questa tesi di abilitazione, così si chiamava allora, su Max Scheler. Ho cominciato ad insegnare a Cracovia e a Lublino.

Dopo dodici anni sono diventato Vescovo ausiliare di Cracovia, poi Vicario Capitolare, alla fine Arcivescovo Metropolita: ho servito l’Arcidiocesi di Cracovia per vent’anni. A Roma sono da diciassette anni, anzi questo è già il diciottesimo anno di Pontificato.

Ritorno sempre qui in questo Seminario Romano, ogni anno, nell’ultimo sabato prima della Quaresima, per ascoltare l’Oratorio di Mons. Marco Frisina, per salutare tutti i seminaristi e alla fine per avere anche una cena solenne.

Per questo ringrazio le nostre buone suore. Meritano un applauso più grande.

Se si parla della mia esperienza nel Seminario, questa è stata molto atipica: almeno la metà degli anni della teologia li ho passati da operaio nella fabbrica. È stata una buona esperienza. Ricordo sempre come gli operai che lavoravano con me erano molto buoni, potevo anche studiare durante il tempo di lavoro. Poi quando i tedeschi hanno abbandonato Cracovia si poteva cominciare il Seminario e l’università. Allora i miei anni da seminarista sono un po’ specifici: due anni nella fabbrica, poi più o meno due anni nel Seminario di Cracovia, poi ancora due anni qui giù per fare la laurea nel Collegio Belga a Roma.

Voi siete privilegiati perché potete studiare per tutti i sei anni nel Seminario Romano, provenendo dalle diverse Diocesi. Ma si vede che anche con quell’altro metodo si può arrivare a qualche risultato.

Vi auguro di arrivare a quello che il Signore vuole per ciascuno di voi, di trovare la vostra strada, di arrivare all’ordinazione sacerdotale perché quella è la cosa più importante di tutte. Anche se uno è Vescovo, è Cardinale, è Papa, la cosa più importante sempre è che ogni giorno celebra l’Eucaristia.

E anche il fatto che può confessare. Questo è importantissimo. Quando si segue l’esempio del Santo Curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney, si vede quanto importante è il confessionale. Per questo devo dire che le mie possibilità sono molto ridotte, ma sempre qualche cosa ci rimane.

Auguro a tutti di amare il sacerdozio, di prepararvi bene, di essere convinti della vostra vocazione e lo auguro in particolare al gruppo dei quindici che in aprile riceveranno l’ordinazione.

Sono tanto necessari i sacerdoti nella Chiesa, dappertutto. Incontro tanti Vescovi in occasione delle visite "ad limina" e sempre se uno ha qualche vocazione è contento. Davanti a questi Seminari in Europa che sono molto ricchi, questo Romano, anche in Polonia e a Cracovia, ringraziamo il Signore per questa sua bontà, per la generosità con cui ci dà le vocazioni.

Domani c’è la visita della parrocchia: la 245ma, allora non è tanto male.

Vi auguro buon anno accademico e buon anno seminaristico.

 

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