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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DEL MALI
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Venerdì, 8 marzo 1996

 

Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. È con grande gioia che vi ricevo in questa dimora in occasione della vostra visita ad limina. Attraverso di voi, Pastori della Chiesa nel Mali, desidero salutare tutto il vostro popolo, serbando ancora il ricordo della calorosa accoglienza che mi fu riservata durante la mia visita a Bamako. Rivolgo un saluto particolare ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai catechisti e a tutti i laici delle vostre diocesi che, esigua minoranza fervente, testimoniano con generosità il Vangelo di Cristo in mezzo a tutti i loro fratelli e le loro sorelle maliani. Le cordiali parole che Monsignor Julien-Marie Sidibe, Vescovo di Ségou, mi ha rivolto a vostro nome testimoniano l’attaccamento delle vostre comunità al Successore di Pietro. Ve ne rendo vivamente grazie.

2. Il pellegrinaggio presso le tombe degli Apostoli è un’occasione per i Pastori della Chiesa, in comunione con il Vescovo di Roma, per ravvivare il loro impegno missionario affinché il Vangelo di Cristo sia annunciato fino ai confini della terra. Quest’anno, il nostro incontro ha luogo all’indomani della vostra solenne celebrazione del centenario della diocesi di Ségou. Sono lieto di unirmi alla gioia e alla speranza del suo Vescovo e di tutti i suoi diocesani. La vostra visita costituisce anche il proseguo di quel grande avvenimento della Chiesa universale che è stata l’Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, che avete preparato e vissuto con molto zelo, associandovi le vostre comunità. Auspico che l’Esortazione Apostolica Ecclesia in Africa, che ho promulgato l’anno scorso durante il mio viaggio nel vostro continente nel corso della fase celebrativa di questo Sinodo, sia, per ognuna delle vostre diocesi, una fonte di rinnovamento nell’attaccamento a Cristo e nell’impegno missionario di tutti i cristiani e, per la vostra nazione, un appello fraterno a guardare al futuro con fiducia.

3. La vitalità della Chiesa nel vostro Paese si esprime in particolare attraverso lo sviluppo di Comunità ecclesiali di base che adempiono ogni giorno all’impegno espresso nella vostra Lettera Pastorale del 1990 intitolata Une Eglise communion fraternelle; successivamente avete opportunamente tracciato il cammino con diversi altri documenti pastorali.

Mentre la Chiesa nel Mali entra nel suo secondo secolo di esistenza, esortate i vostri fedeli a farsi carico del presente e del futuro del Vangelo nella vostra terra. Ciò comporta un’autentica conversione del cuore e profondi cambiamenti di mentalità. Gli ostacoli all’accoglienza della fede sono spesso considerevoli a causa dell’influenza di alcune pratiche tradizionali, delle difficoltà socio-economiche, o anche delle distanze tra i luoghi dove vivono le comunità cristiane o i cristiani isolati.

Cari Fratelli, vi incoraggio a edificare comunità ecclesiali che siano vive, radiose e aperte agli altri. Che in esse si manifesti l’amore universale di Cristo che trascende le barriere delle solidarietà naturali (cf. Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, n. 89)! Che ovunque si trovino i discepoli di Cristo siano visibili i segni dell’amore di Dio per gli uomini di oggi! L’impegno dei cristiani nella società, per una vita più fraterna, in collaborazione con tutti i loro concittadini, è un’espressione particolarmente significativa di ciò.

Nell’attuale fase di cambiamento della società, la gioventù, malgrado la tentazione di scoraggiarsi o di rifugiarsi in una vita facile, cerca di costruire un mondo più umano e più giusto, più conforme alle sue aspirazioni. Siate per i giovani un sostegno fraterno, consentendo loro di scoprire il valore del dono di sé per il bene di tutti, e aiutateli a occupare il loro posto nella vita della Chiesa e della nazione.

4.

Come ho ricordato nell’Esortazione Post-sinodale, "il Sinodo considera l’inculturazione come una priorità e un’urgenza nella vita delle Chiese particolari per un reale radicamento del Vangelo in Africa, "un’esigenza dell’evangelizzazione", "un cammino verso una piena evangelizzazione", una delle maggiori sfide per la Chiesa nel continente all’approssimarsi del terzo millennio" (Ivi, n. 59). Il radicamento del Vangelo nella vostra cultura è un compito difficile che esige la fedeltà al messaggio evangelico in tutta la sua forza, rispettando al contempo i valori africani autentici.

In questa prospettiva, la famiglia è uno dei luoghi più importanti in cui si può svolgere questa inculturazione. L’attenzione che voi rivolgete da diversi anni al matrimonio per permettere alle realtà della vostra società di venire profondamente permeate dai valori cristiani, è un felice contributo all’evangelizzazione della vita familiare. Nelle vostre diocesi, in collaborazione con i sacerdoti e le religiose, si sta compiendo uno sforzo apprezzabile per preparare le future coppie agli impegni che assumeranno per tutta la loro vita. Invito i giovani cristiani a seguire con generosità questo orientamento. È il loro futuro che vi viene delineato. Vorrei sottolineare qui la missione particolare affidata alle famiglie dei catechisti, soprattutto in rapporto ai giovani, di mostrare la grandezza del matrimonio cristiano come via di santità in risposta alla vocazione battesimale. L’esempio quotidiano dei coniugi uniti suscita spesso il desiderio di imitarli. Che essi siano in ogni occasione autentici difensori della vita! Che essi siano dei modelli per il loro rispetto della dignità della donna e rendano testimonianza del senso di responsabilità dei genitori nell’educazione umana e cristiana dei figli!

5.

Cari Fratelli, "un’altra sfida evidenziata dai Padri sinodali riguarda le diverse forme di divisione che occorre comporre grazie ad una sincera pratica del dialogo. È stato a ragione rilevato che, all’interno delle frontiere ereditate dalle potenze coloniali, la coesistenza di gruppi etnici, di tradizioni, di lingue e anche di religioni diverse incontra spesso ostacoli dovuti a gravi ostilità reciproche . . . Ecco perché la Chiesa in Africa si sente interpellata dal preciso compito di ridurre tali fratture" (Ivi, n. 49). A tale proposito, come Pastori di tutto il gregge che vi è stato affidato, voi siete attenti a tutte le forme di divisione che nel vostro Paese possono costituire degli ostacoli alla pace e sapete ricordare i doveri di giustizia verso coloro che non possono ancora ritornare in patria e conducono la difficile vita dei rifugiati.

Fortunatamente, i rapporti tra la comunità cristiana e i credenti dell’Islam sono fatti, quasi sempre, di pacifica convivenza e di stima reciproca. Il cammino dell’autentico incontro con l’altro è indubbiamente difficile. Gli ostacoli che possono sorgere dovrebbero invitare i credenti a conferire ai loro rapporti reciproci una maggiore intensità capace di superare le cause della discordia. Come voi avete spesso sottolineato, il dialogo di vita che i cristiani intrattengono con i musulmani va molto al di là della semplice coabitazione, convinti come siete della comunanza del vostro destino radicata nella vostra tradizione. Negli impegni che assumete in comune per sviluppare la solidarietà nella società, il significativo superamento di una tolleranza confusa, intesa come mera accettazione dell’altro, porta poco a poco alla creazione di una comunità di fratelli che si stimano e si amano.

I credenti testimoniano infatti Dio ". . .  nel rispetto dei valori e delle tradizioni religiose proprie di ognuno, lavorando insieme per la promozione umana e lo sviluppo a tutti i livelli. Lungi dal desiderare di essere colui in nome del quale si uccidono altri uomini, Egli impegna i credenti a mettersi insieme al servizio della vita nella giustizia e nella pace" (Ivi, n. 66). La testimonianza della Chiesa deve pertanto manifestare la gratuità dell’amore di Dio offerto a tutti senza distinzione, in particolare attraverso i rapporti di amicizia e di collaborazione instaurati nel corso del tempo e degli avvenimenti della vita.

6.

Perché le comunità siano sempre più forti nella fede e più generose nella carità, voi date giustamente grande spazio alla formazione. Nelle vostre diocesi, avete grande cura delle vocazioni sacerdotali e religiose, in particolare nella pastorale della gioventù e grazie alla preghiera assidua di tutti i fedeli. La formazione permanente dei vostri collaboratori nella pastorale è una necessità crescente in tutti gli ambiti che riguardano la vita del popolo di Dio, la sua evangelizzazione e la sua testimonianza. Siate vicini ai vostri sacerdoti, affinché trovino in voi dei Pastori pronti ad ascoltarli, in un rapporto di fiducia e di amicizia (cf. Christus Dominus, n. 16). La formazione dei laici animatori deve essere una delle preoccupazioni principali delle vostre comunità. Lasciate che mi congratuli con voi per le numerose strutture e iniziative che avete messo in atto a diversi livelli: la formazione primaria dei bambini e dei catecumeni, la formazione dei catechisti e dei responsabili di comunità, senza dimenticare l’avvio al dialogo tra cristiani e musulmani. Una buona conoscenza delle lingue e delle culture locali permette anche un autentico incontro con il messaggio evangelico, poiché ogni cristiano, in definitiva, deve ricevere ciò di cui ha bisogno, a seconda della sua vocazione particolare in seno alla comunità, per conoscere la sua fede e viverla pienamente. "La Chiesa in Africa, per essere evangelizzatrice, deve "cominciare con l’evangelizzare se stessa... Essa ha bisogno di ascoltare di continuo ciò che deve credere, le ragioni della sua speranza, il comandamento nuovo dell’amore. Popolo di Dio immerso nel mondo, e spesso tentato dagli idoli, essa ha sempre bisogno di sentir proclamare le grandi opere di Dio" (Paolo VI, Evangelii nuntiandi, n. 15)" (Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, n. 76).

7.

Mentre si profila la celebrazione del grande Giubileo dell’anno 2000, vorrei invitarvi a guardare al nuovo millennio impegnandovi risolutamente a rinnovare la vostra adesione a Cristo, l’unico Redentore dell’uomo. In lui trovano compimento le attese e le speranze di tutta l’umanità. Che la preparazione di questo anniversario sia un’occasione per la Chiesa nel Mali per rafforzare la sua fede e la sua testimonianza in Cristo! Sono questi i voti che affido alla materna sollecitudine della Vergine Maria, Nostra Signora del Mali, tanto venerata nel vostro Paese. Le chiedo in particolare di essere la vostra guida nel ministero episcopale che esercitate con abnegazione al servizio del popolo che vi è stato affidato. Di tutto cuore imparto la mia Benedizione Apostolica a voi, ai vostri sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai catechisti e a tutti i fedeli del Mali.

 

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