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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI DELL'ASSEMBLEA PLENARIA DEL PONTIFICIO
CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE

Venerdì, 8 novembre 1996

 

Signori Cardinali,
Cari Fratelli nell’Episcopato,
Cari amici
,

1. Sono lieto di incontrarvi e di esprimervi la mia viva gratitudine per i lavori dell’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio Iustitia et Pax. La vostra riunione ha luogo poco prima dell’avvio dei tre anni di preparazione al grande Giubileo dell’anno 2000; questo evento eccezionale dà al programma di lavoro del vostro Dicastero la sua ispirazione profonda, affinché il mondo conosca giorni di giustizia e di pace in Cristo.

Ringrazio in particolare il vostro Presidente, il Cardinale Roger Etchegaray, per le parole che mi ha rivolto e per il suo instancabile ardore nella missione che svolge al fine di portare, in nome della Sede Apostolica, la parola e le azioni della pace a quanti sono colpiti dai flagelli della guerra e dalle tante forme sociali della povertà. Vorrei anche ringraziare i suoi attivi collaboratori per i servizi che rendono quotidianamente. Organo della Santa Sede, il Consiglio Iustitia et Pax contribuisce ampiamente alla diffusione della dottrina sociale della Chiesa; l’apporto delle sue riflessioni è stato prezioso e ha arricchito la partecipazione della Santa Sede alle attività della comunità internazionale in questi ultimi anni.

2. Il tema centrale della vostra Assemblea Plenaria è quello del rapporto fra la democrazia e i valori, che ho già ricordato in diverse occasioni. Si tratta di un insieme di questioni fra le più attuali e determinanti per mantenere e per migliorare i sistemi democratici.

La dottrina sociale della Chiesa condanna tutte le forme di totalitarismo, poiché esse negano la “trascendente dignità della persona umana” (Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 44); inoltre, essa esprime la sua stima per i sistemi democratici (cf. Ivi, 46), concepiti per assicurare la partecipazione dei cittadini (cf. Gaudium et spes, 75), secondo il saggio criterio del principio di sussidiarietà. Un tale principio presuppone che i sistemi politici riconoscano il ruolo essenziale delle persone, delle famiglie e dei diversi gruppi che compongono la società civile.

Appare tuttavia un motivo d’inquietudine: in numerosi Paesi, la democrazia, affermatasi da lungo tempo o instaurata di recente, può essere messa in pericolo da punti di vista o da comportamenti ispirati dall’indifferenza o dal relativismo nell’ambito morale, che disconoscono l’autentico valore della persona umana. Una democrazia non fondata sui valori propri della natura umana comporta il rischio di compromettere la pace e lo sviluppo dei popoli.

3. Dinanzi a tali situazioni, i cristiani sono chiamati a reagire con la forza che proviene loro dal Vangelo di Gesù Cristo e dal patrimonio illuminante della dottrina sociale della Chiesa. Spetta in particolare ai fedeli laici rendere ricca di valori umani e cristiani la pratica democratica dei popoli, grazie a un’azione educativa intelligente e continua: formare all’onestà, alla solidarietà, all’attenzione verso i più bisognosi, a “stili di vita, nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti” (Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 36).

Fondandosi chiaramente sui valori della dignità eminente della persona umana, la riflessione attuale sul sistema democratico non dovrà prendere in considerazione soltanto i sistemi politici e le istituzioni, ma dovrà anche estendersi all’insieme della società, all’economia del lavoro (cf. Paolo VI, Octogesima adveniens, 47), al fine di elaborare una concezione della democrazia autentica e completa.

4. In questa prospettiva, in cui sono opportunamente associate la democrazia e l’economia, vorrei attirare la vostra attenzione sulla questione del debito internazionale poiché, da parte di quanti portano il nome di cristiani, un contributo determinato per risolvere ragionevolmente questo problema sarebbe un segno eloquente della conversione dei cuori, elemento essenziale del grande Giubileo. Voi sapete che il problema del debito contribuisce a rendere molto dura la situazione sociale in numerosi Paesi e che costituisce un’ipoteca drammatica sullo sviluppo democratico dei loro sistemi politici ed economici, impedendo ogni speranza in un futuro più umano.

La comunità internazionale, preoccupata di vedere le reti di solidarietà lacerarsi, ha iniziato a riflettere in modo responsabile su questo tema così importante per il bene dell’umanità, per giungere a soluzioni concrete e sensate. Di fronte a questi promettenti impegni, vorrei esprimere qui la stima e l’incoraggiamento della Chiesa, decisa, da parte sua, a proseguire nello sforzo di illuminare quanti devono prendere decisioni cariche di conseguenze.

Dieci anni fa, il Pontificio Consiglio Iustitia et Pax formulò propositi lucidi e lungimiranti nel suo coraggioso documento sul debito internazionale (27 ottobre 1986). Confermando oggi questo tipo di missione del Consiglio, gli affido la responsabilità di aggiornare e di elaborare suggerimenti e orientamenti nel quadro spirituale e culturale del grande Giubileo dell’anno 2000. Sono convinto di poter contare sulla vostra generosa disponibilità nella ricerca di soluzioni che tenderanno a lenire la condizione di povertà di numerosi fratelli e sorelle e che promuoveranno un mondo che ha bisogno di ritrovare il tempo della condivisione e della solidarietà, in particolare sul piano internazionale.

Invocando, per questo compito e per questa sollecitudine, il sostegno materno di Maria, benedico di tutto cuore le vostre Diocesi, i vostri Paesi e le vostre famiglie.

 

© Copyright 1996 - Libreria Editrice Vaticana

   



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