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VIAGGIO APOSTOLICO A SARAJEVO
(12-13 APRILE 1997)

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
IN OCCASIONE DELLA CONSEGNA DEL 
"PREMIO INTERNAZIONALE DELLA PACE GIOVANNI XXIII"

Arcivescovado di Sarajevo
Domenica, 13 aprile 1997

   

Illustri Signori e Signore!

1. Sono lieto di porgervi il mio cordiale saluto. "Beati gli operatori di pace!" (Mt 5, 9). Ho accolto volentieri la proposta di conferire il "Premio internazionale della Pace Giovanni XXIII" a quattro Organizzazioni umanitarie, che si sono particolarmente distinte per la loro attiva opera di soccorso e di assistenza nei difficili anni della guerra in Bosnia ed Erzegovina e nella Repubblica di Croazia. In un contesto spesso caratterizzato da gravi tensioni e difficoltà, con la loro presenza e con la loro opera generosa e piena di coraggio, esse hanno posto segni concreti di speranza, contribuendo ad avviare la costruzione di un futuro di riconciliazione e di autentica solidarietà tra popoli e culture diverse in questa amata regione.

2. Il premio che ho la gioia di consegnare oggi a voi, illustri Rappresentanti di Associazioni umanitarie rispettivamente legate alle Comunità cattolica, serba-ortodossa, musulmana ed ebrea, trae ispirazione dal desiderio di pace espresso con vigore al mondo intero dal mio venerato Predecessore Papa Giovanni XXIII. Egli, nell'Enciclica Pacem in terris, ricordava che "a tutti gli uomini di buona volontà spetta un compito immenso: il compito di ricomporre i rapporti della convivenza nella verità, nella giustizia, nell'amore, nella libertà", specificando che si tratta di un compito "nobilissimo, quale è quello di attuare la vera pace nell'ordine stabilito da Dio" (Giovanni XXIII, Pacem in Terris,V).

L'opera di assistenza e di promozione umana da voi svolta, specialmente verso i più deboli ed indifesi, si ispira al principio universale della dignità di ogni persona e della solidarietà fra gli uomini. Per questo motivo sono lieto di consegnare oggi il "Premio internazionale della Pace Giovanni XXIII" alla Caritas della Conferenza Episcopale della Bosnia ed Erzegovina, alla Dobrotvor di Sarajevo, alla Merhamet di Sarajevo e a La Benevolencija di Sarajevo.

L'odierno conferimento del premio intende essere non soltanto un riconoscimento dell'opera altamente umanitaria compiuta da voi e dai vostri collaboratori nel recente passato, ma anche un incoraggiamento a proseguire con generosità e lungimiranza nell'attuale fase di ricostruzione, operando per una convivenza pacifica a Sarajevo, nella Bosnia ed Erzegovina ed in tutta la regione. Esso vuole, inoltre, esprimere l'auspicio che l'esempio dato dalle vostre organizzazioni e dalle persone ed Istituzioni che vi hanno fatto pervenire gli aiuti da distribuire sia seguito anche altrove da quanti intendono servire la causa della pace e della riconciliazione tra i popoli.

3. Come sottolineava Giovanni XXIII nella menzionata Enciclica, la costruzione della pace è "un'impresa tanto nobile ed alta, che le forze umane, anche se animate da ogni lodevole buona volontà, non possono da sole portare ad effetto. Affinché l'umana società sia uno specchio il più fedele possibile al Regno di Dio, è necessario l'aiuto dall'alto" (Ibid., n.V).

In questa significativa circostanza, vi invito, insieme con me, a rivolgere la mente ed il cuore verso il Cielo, affinché giunga dall'Alto l'indispensabile sostegno a quanti si pongono ogni giorno, spesso in condizioni difficili e rischiose anche per la loro incolumità, accanto all'uomo che soffre, nell'intento di contribuire efficacemente alla costruzione di una società dove regni la giustizia e la pace.

Che Dio conceda il dono di consolidare il clima di una pace giusta e stabile a Sarajevo e nell'intera regione! Egli protegga gli abitanti dei Balcani! Che la pace trionfi presto su tutta la terra. La pace di Dio accompagni sempre le vostre persone e tutte le attività umanitarie delle vostre Organizzazioni!

 



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