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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL NUOVO AMBASCIATORE D'ITALIA PRESSO
LA SANTA SEDE, S.E. IL SIGNOR RANIERO AVOGADRO,
IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE
DELLE LETTERE CREDENZIALI* 

Lunedì, 13 settembre 1999

 

Signor Ambasciatore,

sono particolarmente lieto di accoglierLa e di porgerLe i più fervidi voti augurali per l'alto Ufficio di Ambasciatore d'Italia, al quale Ella dà oggi ufficialmente inizio. Nel ringraziarLa per le nobili espressioni rivoltemi, desidero inviare un pensiero riverente e cordiale a S.E. il Prof. Carlo Azeglio Ciampi, Presidente della Repubblica, al Quale rinnovo il mio caloroso augurio di ogni bene a pochi mesi dall'elezione alla suprema magistratura della Repubblica Italiana.

La missione apostolica del Romano Pontefice non conosce limiti territoriali e per tutti i popoli Egli è egualmente padre attento e solerte. E tuttavia è specialissimo il rapporto che Lo lega a Roma e all'Italia:  nell'Urbe è venuto Pietro, che qui ha versato il suo sangue; da Roma i Successori di Pietro hanno promosso la diffusione della buona novella nel mondo. Su un arco di due millenni questa singolare missione non è mai venuta meno, anche quando, per breve stagione, circostanze esterne hanno allontanato i Papi dalla Città che era, è e rimane la loro sede naturale.

Questo dato storico, per se stesso così significativo, non è in nessun modo esteriore e materiale. Il cattolicesimo ha plasmato il Paese con infiniti segni di fede e di carità. Se è vero che l'Italia detiene un glorioso primato di opere d'arte, è anche vero che gran parte di esse ha una forte impronta, e spesso anche una precisa destinazione religiosa. Per altro verso, è doveroso riconoscere che l'Italia ha dato moltissimo alla Chiesa:  con Santi di statura eccezionale, con insigni personalità in ogni ordine del Popolo di Dio, con singolari contributi di genio e di stile alla Curia Romana, che ha saputo così mediare efficacemente nelle tensioni e nei conflitti che troppo a lungo hanno minato l'unità dell'Europa e insidiato la pace nel mondo.

Il Novecento ha felicemente superato le incomprensioni e le crisi che avevano accompagnato la costituzione dell'Italia in libero stato nazionale. A tal riguardo il Papa Paolo VI giudicò in qualche modo provvidenziale il superamento del dominio temporale, che peraltro in passato aveva avuto una sua innegabile funzione. Il nuovo secolo, lenite le lacerazioni che avevano contristato i padri, ha consentito di arrivare ad una soluzione equilibrata, che ha trovato conferma anche nel corso delle vicende non facili di questi ultimi decenni. Già alla fine del primo conflitto mondiale era apparso all'Italia e alla Santa Sede che il dissidio ottocentesco fosse ormai componibile, ma con i Patti Lateranensi si giunse finalmente ad una completa sistemazione dei rapporti. Sono queste le tavole fondatrici della convivenza che, con il Trattato hanno, tra l'altro, sancito la costituzione di uno "Stato della Città del Vaticano", dotato di quel minimo di base territoriale necessaria per assicurare al Pontefice e alla Santa Sede assoluta sovranità e indipendenza. Il Concordato, poi, al di là della lettera del dispositivo, ha assunto un grande ed esemplare valore di garanzia per quel libero esercizio della vita religiosa che si pone come il primo fra tutti i diritti umani, essendo basilare per una matura e moderna cittadinanza che l'ispirazione spirituale possa manifestarsi in tutte le sue potenzialità.

Ella, Signor Ambasciatore, ha opportunamente richiamato la reciproca collaborazione dello Stato e della Chiesa cattolica "per la promozione dell'uomo e il bene del Paese" (art. 1 Accordo di Revisione del 1984). Tale collaborazione merita di essere approfondita e proseguita per il soddisfacimento di alcune fondamentali aspirazioni, particolarmente sentite dalla Chiesa e dai cattolici in Italia. La difesa della dignità umana sin dal concepimento attiene sì al diritto naturale, ma attende dalla legislazione positiva dello Stato quel pieno riconoscimento che deriva dalla consapevolezza che nella maternità si situa un valore indiscusso per la persona e la società tutta. 

Anche la famiglia, cellula base della società e suo naturale fondamento, domanda il più fattivo riconoscimento come luogo dell'amore dell'uomo e della donna e nido per la speranza di nuove vite. È, poi, nell'educazione delle giovani generazioni che l'esperienza religiosa della Nazione italiana può vantare una genialità creativa di istituzioni scolastiche, in gran parte indirizzate ai meno abbienti, che merita rispetto e sostegno mediante l'effettiva parità giuridica ed economica tra scuole statali e non statali, superando coraggiosamente incomprensioni e settarismi, estranei ai valori di fondo della tradizione culturale europea.

In nome della particolare sollecitudine che provo per le giovani generazioni, mi sento spinto poi a domandare a tutte le componenti della società italiana uno sforzo concorde per superare remore e lentezze e giungere ad assicurare alle generazioni emergenti quel lavoro che libera le personalità e arricchisce la civile convivenza.

Attingendo a queste risorse fondamentali l'Italia può manifestare la sua vocazione nel contesto europeo. Se l'unità del vecchio continente non è solo fatto organizzativo od economico, l'Italia cristiana può dare un contributo fondamentale all'edificazione di un'Europa dello spirito, nella quale trovino accoglienza ed armonizzazione i pur importantissimi fatti esterni della casa comune. In effetti, è l'ispirazione cristiana che può trasformare l'aggregazione politica ed economica in una vera casa comune per tutti gli Europei, contribuendo a formare una esemplare famiglia di nazioni,  cui  altre  regioni  del mondo possano fruttuosamente ispirarsi.

Se l'Europa è il primo ambito naturale in cui può esercitarsi questa feconda presenza italiana, non può essere sottovalutata la trama incomparabile di relazioni che la particolare collocazione nel Mediterraneo assicura all'Italia, facendone un passaggio obbligato per i contatti dell'intero continente con le altre sponde dello stesso mare. Il contributo che ci si aspetta dalla Nazione italiana non è solo economico e culturale, ma anche di pacificazione e di armonico sviluppo in tutte le iniziative che una lungimirante progettualità può elaborare. Davvero l'Italia può essere presente come operatrice di pace, acquistandosi un titolo incomparabile di benemerenza tra le Nazioni.

Coedificatrice di un'Europa dello spirito, artefice di pace nel Mediterraneo, custode dell'antica costitutiva anima cristiana della sua storia:  ecco l'Italia che è nelle mie speranze! A questo fine auspico che i credenti e tutti gli uomini di buona volontà tengano sempre ben presente il traguardo della trascendenza. Sempre e ovunque corre loro l'obbligo di non emarginare il punto di riferimento dello Spirito, quello stesso che ha animato le coscienze più vigili, ha dato frutti incomparabili in tutti i campi e ha davvero fatto grande e inconfondibile questo Paese.

Signor Ambasciatore, come Ella ha ricordato, siamo ormai alle soglie del Grande Giubileo dell'Anno 2000. È motivo di conforto constatare come la preparazione dell'importante evento, inteso come rinnovamento interiore e ricupero dei valori dello spirito, veda il fattivo concorso delle istituzioni e delle iniziative particolari nell'apprestamento di un quadro complessivo che aiuti questa esperienza dell'anima.

Nell'esprimere apprezzamento per quanto le Autorità italiane stanno operando al riguardo, mi è grato formulare l'auspicio che la positiva collaborazione tra il Governo italiano e la Santa Sede prosegua efficacemente per preparare una "casa" accogliente per tutti gli uomini e donne di buona volontà che attraverseranno l'Italia e perverranno a Roma.

E mentre con questi voti e con queste speranze confermo la mia affettuosa partecipazione alla vicenda umana e civile del Popolo italiano, mi è grato rinnovarLe, Signor Ambasciatore, i più fervidi auguri per l'espletamento della Sua Missione, mentre di cuore imparto a Lei e alla Sua Famiglia, come pure ai Suoi Collaboratori, la mia Benedizione.


*Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. XXII, 2 p.338-341.

L’Osservatore Romano 13-14.9. 1999 p.4.

 

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