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PELLEGRINAGGIO GIUBILARE DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II
IN GRECIA, IN SIRIA E A MALTA SULLE ORME DI SAN PAOLO APOSTOLO
(4-9 MAGGIO 2001)

INCONTRO ECUMENICO NELLA CATTEDRALE GRECO-ORTODOSSA

DISCORSO DEL SANTO PADRE 

Sabato, 5 maggio 2001

 

Beatitudine Ignazio,
Santissimo Padre Zakka,
Beatitudine Gregorio III,
Cari Vescovi e dignitari delle Chiese
e delle Comunità ecclesiali di Siria e di altri Paesi,
vi ringrazio per la vostra presenza e vi accolgo,
pellegrini uniti davanti a questa assemblea come fratelli.

1. "Quando giunse e vide la grazia del Signore, (Barnaba) si rallegrò... esortava tutti a perseverare con cuore risoluto nel Signore" (At 11, 23). Tale era la meraviglia gioiosa dell'apostolo ad Antiochia, dove era stato inviato dalla Chiesa di Gerusalemme. Tali sono anche la mia gioia e il mio messaggio oggi. Questa visita in Siria mi riporta, in effetti, all'aurora della Chiesa, al tempo degli Apostoli e delle prime comunità cristiane. Completa i pellegrinaggi in terra biblica che ho potuto effettuare all'inizio dell'anno 2000. Mi offre anche la gioiosa occasione di incontrarvi in Siria e di rendervi le visite che avete fatto alla Chiesa e al Vescovo di Roma.

In questa cattedrale, dedicata alla Dormizione della Vergine Maria, desidero salutare in modo particolare il Patriarca Ignazio IV Hazim. Beatitudine, la ringrazio di tutto cuore per l'accoglienza fraterna che oggi mi riserva e per questa Liturgia della Parola che abbiamo la gioia di celebrare insieme. L'interesse e l'attività che Sua Beatitudine svolge, da tanti anni, per la causa dell'unità del popolo di Dio, sono noti a tutti. Li apprezzo profondamente e ne rendo grazie a Dio. Imploro, amato Fratello, la benedizione del Signore sul suo ministero, come pure sulla Chiesa di cui Lei è il Pastore.

2. Costruita sul fondamento degli Apostoli Pietro e Paolo, la Chiesa in Siria non ha tardato a manifestare una straordinaria fioritura di vita cristiana. Non senza motivo il Concilio di Nicea riconobbe il primato di Antiochia sulle Chiese metropolitane della regione. Menzionando qui in modo particolare Ignazio di Antiochia, Giovanni Damasceno e Simeone, come possiamo non ricordare i numerosi confessori e martiri che hanno fatto risplendere, in questa regione, gli esordi della Chiesa con la loro fedeltà alla grazia, fino all'effusione del sangue! Quanti monaci e monache si sono ritirati in solitudine, popolando i deserti e le montagne della Siria di eremi e di monasteri, per vivervi una vita di preghiera e di sacrificio, a lode di Dio, al fine, come diceva Teodoro di Edessa, "di acquisire lo stato di bellezza" (Discorso sulla contemplazione)! Quanti teologi siriani hanno contribuito allo sviluppo delle Scuole teologiche di Antiochia e di Edessa! Quanti missionari sono partiti dalla Siria per dirigersi verso l'Oriente, proseguendo così quel grande movimento di evangelizzazione che ebbe luogo in Mesopotamia e anche oltre, fino al Kerala, in India. La Chiesa in Occidente non è forse ampiamente debitrice ai numerosi Pastori di origine siriana che vi assunsero il ministero episcopale, ossia il ministero di Vescovo di Roma? Che Dio sia lodato per la testimonianza e l'irradiamento dell'antico Patriarcato di Antiochia!

Nel corso dei secoli, purtroppo, l'illustre Patriarcato di Antiochia perse la sua unità; è auspicabile che i diversi Patriarcati attualmente esistenti ritrovino le vie più adatte a condurli alla piena comunione.

3. Fra il Patriarcato greco-ortodosso e il patriarcato greco-cattolico di Antiochia è stato avviato un processo di riavvicinamento ecumenico per il quale rendo grazie al Signore di tutto cuore. Esso deriva al contempo dal desiderio del popolo cristiano, dal dialogo fra teologi, come pure dalla collaborazione fraterna fra Vescovi e Pastori dei due Patriarcati. Esorto tutte le persone coinvolte a continuare questa ricerca dell'unità, con coraggio e prudenza, con rispetto ma senza confusione, traendo dalla Divina Liturgia la forza sacramentale e lo sprone teologico necessari a questo percorso. La ricerca dell'unità fra il Patriarcato greco-ortodosso e il patriarcato greco-cattolico di Antiochia s'inscrive chiaramente nel quadro più ampio del processo di riunione fra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse. Perciò tengo a formulare nuovamente il mio sincero auspicio che la Commissione mista internazionale per il dialogo teologico fra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse possa proseguire le sue attività, nel modo più appropriato. Più questo dialogo affronterà questioni centrali, più sarà laborioso. Ciò non deve meravigliare, e tanto meno far stancare. Chi potrebbe impedirci di riporre la nostra speranza nello Spirito di Dio che non cessa di risvegliare la santità fra i discepoli della Chiesa di Cristo? Tengo a ringraziare vivamente il Patriarca Ignazio IV, per il contributo positivo ed efficace che il Patriarcato di Antiochia e i suoi rappresentanti non hanno mai smesso di apportare al progresso di questo dialogo teologico. Parimenti, sono grato al Patriarca Gregorio III e al suo predecessore, il Patriarca Maximos V, per il loro costante contributo al clima di fraternità e di comprensione, necessario per il buono sviluppo di questo dialogo.

4. Desidero menzionare con eguale gratitudine e speranza l'approfondimento dei rapporti fraterni fra il Patriarcato siro-ortodosso e il Patriarcato siro-cattolico. Saluto in modo particolare il Patriarca Zakka I nel quale la Chiesa cattolica, dal Concilio Vaticano II, a cui ha assistito come osservatore, ha sempre trovato un fedele promotore dell'unità dei cristiani. Durante la sua visita a Roma nel 1984, Santità, abbiamo avuto la gioia di poter compiere un reale progresso lungo il cammino dell'unità, avendo professato insieme Gesù Cristo come nostro Signore, Lui che è vero Dio e vero uomo. In quella stessa occasione, abbiamo potuto anche autorizzare un progetto di collaborazione pastorale, in particolare a livello di vita sacramentale, quando i fedeli non possono accedere a un sacerdote della propria Chiesa. Anche con la Chiesa siro-malankarese in India, che dipende dalla sua autorità patriarcale, la Chiesa cattolica intrattiene buoni rapporti. Imploro il Signore affinché non tardi a venire il giorno in cui scompariranno gli ultimi ostacoli che impediscono ancora la piena comunione fra la Chiesa cattolica e la Chiesa siro-ortodossa.

5. Nel corso dei tempi, e soprattutto all'inizio del ventesimo secolo, comunità armene, caldee e assire, costrette a lasciare le proprie città e i propri villaggi di origine dinanzi alla violenza e alla persecuzione, raggiunsero i quartieri cristiani di Damasco, Aleppo, Homs e altre località della regione. Fu dunque in Siria che esse trovarono un rifugio, un luogo di pace e di sicurezza. Ringrazio il Signore Dio per l'ospitalità che la popolazione siriana ha offerto, in diverse occasioni, ai cristiani perseguitati della regione. Superando qualsiasi divisione ecclesiale, questa ospitalità era il pegno di un riavvicinamento ecumenico. Era il Cristo del Venerdì Santo che si riconosceva e si voleva accogliere nel fratello perseguitato.

Da allora, per convinzione come anche per necessità, i cristiani della Siria hanno imparato l'arte della condivisione, della convivialità e dell'amicizia. Il riavvicinamento ecumenico a livello delle famiglie, dei bambini, dei giovani e dei responsabili sociali, è promettente per il futuro dell'annuncio del Vangelo in questo Paese. Spetta a voi, Vescovi e Pastori, seguire con saggezza e coraggio questa felice dinamica di riavvicinamento e di condivisione. La cooperazione di tutti i cristiani, sia essa sul piano della vita sociale e culturale, della promozione del bene della pace o dell'educazione dei giovani, manifesta chiaramente il grado di comunione già esistente fra di essi (cfr Enciclica Ut ununt sint, n. 75).

In virtù della successione apostolica, il sacerdozio e l'Eucaristia uniscono di fatto mediante vincoli molto stretti le nostre Chiese particolari che si chiamano, e amano chiamarsi Chiese sorelle (cfr Decreto Unitatis redintegratio, n. 14). "Questa vita di Chiese sorelle, noi l'abbiamo vissuta durante secoli, celebrando insieme i Concili ecumenici, che hanno difeso il deposito della fede da ogni alterazione. Ora, dopo un lungo periodo di divisione e incomprensione reciproca, il Signore ci concede di riscoprirci come Chiese sorelle, nonostante gli ostacoli che nel passato si sono frapposti tra di noi. Se oggi, alle soglie del terzo millennio, noi ricerchiamo il ristabilimento della piena comunione, è all'attuazione di questa realtà che dobbiamo tendere ed è a questa realtà che dobbiamo far riferimento" (Ut ununt sint, n. 57).

6. Solo qualche settimana fa, abbiamo avuto la grande gioia di poter celebrare nello stesso giorno la festa di Pasqua. Ho vissuto questa felice coincidenza dell'anno 2001 come un pressante invito della Provvidenza, rivolto a tutte le Chiese e Comunità ecclesiali, affinché ripristinino senza indugio la celebrazione comune della festa pasquale, festa fra tutte le feste, mistero centrale della nostra fede. I nostri fedeli insistono, a giusto titolo, affinché la celebrazione di Pasqua non sia più un fattore di divisione. Dal Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica si è dichiarata favorevole a ogni tentativo in grado di ristabilire la celebrazione comune della festa pasquale. Questo processo appare tuttavia più laborioso del previsto. Occorre forse prevedere tappe intermedie o differenziate, per preparare le menti e i cuori all'applicazione di un computo accettabile per tutti i cristiani d'Oriente e di Occidente? Spetta ai Patriarchi e ai Vescovi del Medio Oriente assumersi insieme questa responsabilità verso le loro comunità, nei diversi Paesi di questa regione. Dal Medio Oriente potrebbero nascere e diffondersi un nuovo slancio e una nuova ispirazione a tale proposito.

7. Da qui a qualche settimana, celebreremo insieme la festa della Pentecoste. Preghiamo affinché lo Spirito Santo susciti "in tutti i discepoli di Cristo il desiderio e l'azione, affinché tutti, nel modo da Cristo stabilito, pacificamente si uniscano in un solo gregge sotto un solo pastore" (Costituzione Lumen gentium, n. 15). Imploriamo lo Spirito di farci crescere in santità, poiché non vi è unità duratura che non sia edificata sull'umiltà, sulla conversione, sul perdono e pertanto sul sacrificio.

Quando lo Spirito della Pentecoste discese sugli Apostoli, la Vergine Maria era presente in mezzo a loro. Il suo esempio e la sua protezione ci aiutino ad ascoltare insieme ciò che, ancora oggi, lo Spirito dice alle Chiese e ad accogliere le sue parole con gioia e fiducia!



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