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VIAGGIO APOSTOLICO A SARAJEVO (12-13 APRILE 1997)

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI DELLA PRESIDENZA
DELLA BOSNIA ED ERZEGOVINA

Museo Nazionale di Sarajevo - Domenica, 13 aprile 1997

    

Signori Membri della Presidenza della Bosnia ed Erzegovina!

1. Ringrazio vivamente le Loro Eccellenze per la gentile accoglienza e per le cordiali espressioni che il Presidente della Presidenza mi ha rivolto, a nome di tutti. Porgo Loro ed alle loro famiglie il mio deferente saluto, che estendo volentieri alle Autorità presenti ed a quanti, in vario modo, hanno responsabilità civili e militari nella quotidiana opera di consolidamento della pace e della civile convivenza in Bosnia ed Erzegovina.

In questa regione da secoli si sono incontrati, e non di rado scontrati, l'Oriente e l'Occidente. Da molto tempo viene qui sperimentata la possibilità della convivenza tra culture diverse che hanno, ciascuna a suo modo, arricchito di valori la regione. In Bosnia ed Erzegovina convivono i popoli degli slavi del sud, uniti nella stirpe, eppur divisi dalla storia. In questa città capitale, ad esempio, s'innalzano verso il cielo la cattedrale cattolica, la cattedrale ortodossa, la moschea musulmana e la sinagoga ebraica. Questi quattro edifici non sono soltanto il luogo in cui i credenti nel Dio unico confessano la loro fede; essi costituiscono anche un visibile monito per il tipo di società civile che gli uomini di questa regione vogliono edificare: una società di pace, i cui membri riconoscono Dio quale unico Signore e Padre di tutti.

Le tensioni, che possono crearsi fra gli individui e le etnie come eredità del passato e come conseguenza della vicinanza e della diversità, devono trovare nei valori della religione motivi di moderazione e di freno, anzi di intesa in vista di una costruttiva cooperazione.

2. Ho avuto modo di affermare - e lo ripeto qui quest'oggi - che Sarajevo, città-crocevia di tensioni di culture, religioni e popoli diversi, può essere considerata come la città simbolo del nostro secolo. Proprio qui ha preso avvio nel 1914 la prima guerra mondiale; qui s'è scatenata con intensità la violenza della seconda guerra mondiale; qui, infine, nella fase terminale del secolo, la popolazione ha sperimentato, tra distruzioni e morte, interminabili anni di paura e di angoscia.

Ora, dopo tanta sofferenza, la Bosnia ed Erzegovina è impegnata finalmente a edificare la pace. Impresa non facile, come l'esperienza dei mesi trascorsi dalla fine del conflitto ha mostrato. Tuttavia, con il concorso della Comunità Internazionale, la pace è possibile, anzi la pace è necessaria. In una prospettiva storica, Sarajevo e tutta la Bosnia ed Erzegovina, se consolideranno nella pace il loro assetto istituzionale, potranno divenire alla fine di questo secolo un esempio di convivenza nella diversità per tante nazioni che sperimentano questa difficoltà, in Europa e nel mondo.

3. Il metodo a cui occorre attenersi rigorosamente nella soluzione dei problemi che insorgono lungo l'arduo cammino è quello del dialogo, ispirato all'ascolto dell'altro e al mutuo rispetto. Il metodo del dialogo che, nonostante le resistenze, si va sempre più affermando, richiede infatti, in quanti vi prendono parte, lealtà, coraggio, pazienza, perseveranza. La fatica del confronto sarà ampiamente ripagata. Si potranno lentamente guarire le ferite causate dalla trascorsa terribile guerra, e si farà spazio alla concreta speranza di un futuro più degno per tutte le popolazioni che insieme vivono in questo territorio.

Il dialogo dovrà svilupparsi nel rispetto della parità dei diritti, garantita ai singoli cittadini mediante adeguati strumenti legali, senza preferenze o discriminazioni. E' necessario impegnarsi urgentemente perché a tutti sia assicurato il lavoro, fonte di ripresa e di sviluppo, nel rispetto della dignità della persona; perché i profughi e i rifugiati, di qualsiasi parte della Bosnia ed Erzegovina, possano fruire del diritto di recuperare le case che hanno dovuto abbandonare nella tempesta del conflitto.

Parità di diritti sia attribuita alle comunità etnico-religiose. La Bosnia ed Erzegovina è un mosaico di culture, di religioni, di etnie che, se riconosciute e tutelate nelle loro diversità, possono contribuire con i rispettivi doni ad arricchire il patrimonio unitario della società civile.

4. Costruire una pace vera e duratura è un grande compito affidato all'impegno di tutti. Molto dipende certamente da coloro che hanno pubbliche responsabilità. Tuttavia, i destini della pace, pur essendo in gran parte affidati alle formule istituzionali, che vanno efficacemente disegnate nel dialogo sincero e nel rispetto della giustizia, dipendono in misura non meno decisiva da una rinnovata solidarietà degli animi. E' questa interiore disposizione che si deve coltivare sia entro i confini della Bosnia ed Erzegovina che nei rapporti con gli Stati limitrofi e con la Comunità delle Nazioni. Ma una disposizione del genere non può affermarsi se non sulla base del perdono. Per essere stabile, sullo sfondo di tanto sangue e tanto odio, l'edificio della pace dovrà poggiare sul coraggio del perdono. Occorre saper chiedere perdono e perdonare!

Signori Presidenti, nell'affidare a Loro queste considerazioni, intendo consegnarle pure alle altre Autorità di ogni grado e ambito, affinché si consolidi la speranza di un costante rafforzamento della pace faticosamente raggiunta, e si realizzi un futuro sempre più sereno e proficuo per ogni abitante di questa amata Bosnia ed Erzegovina. Pur tra le difficoltà, gli ostacoli, le resistenze, non si spenga mai la speranza! Dio non abbandona gli operatori di pace.

A Lui, onnipotente Signore dell'universo, chiedo di donare a tutti la sua consolazione, di rafforzare nei cuori propositi generosi di dialogo sincero, di ragionevole intesa, di comune impegno per la ricostruzione e la pace.

 

 © Copyright 1997 - Libreria Editrice Vaticana



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