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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (5-17 GIUGNO 1999)

CELEBRAZIONE EUCARISTICA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Spianata di Błonia Rybitwy (Sandomierz) - Sabato, 12 giugno 1999

         

1. “Sua madre gli disse: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”” (Lc 2, 48).

Oggi la Liturgia della Chiesa fa memoria del Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria. Volgiamo il nostro sguardo verso Maria che, piena di premura e di preoccupazione, cerca Gesù smarrito durante il pellegrinaggio a Gerusalemme. Come devoti israeliti, Maria e Giuseppe si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando Gesù ebbe dodici anni andò con loro per la prima volta. E proprio allora ebbe luogo l'evento che contempliamo nel quinto mistero glorioso del santo Rosario, il mistero del ritrovamento. San Luca lo descrive in modo molto toccante, in base alle notizie, come si può supporre, ricevute dalla Madre di Gesù: «Figlio, perché ci hai fatto così? (. . .) angosciati ti cercavamo». Maria, che aveva portato Gesù sotto il suo cuore e lo aveva protetto contro Erode fuggendo in Egitto, confessa umanamente la sua grande angoscia per il Figlio. Sa di dover essere presente sul suo cammino. Sa che mediante l'amore e il sacrificio collaborerà con Lui all'opera della Redenzione. Entriamo così nel mistero del grande amore di Maria verso Gesù, dell'amore che abbraccia con il suo Cuore Immacolato l'Amore ineffabile, il Verbo dell'eterno Padre.

La Chiesa ci ricorda questo mistero proprio qui, a Sandomierz, in questa antichissima Città, dove da oltre mille anni vivono la storia della Chiesa e quella della Patria. Saluto l'intera Chiesa di Sandomierz con il suo Pastore, il Vescovo Waclaw, insieme con i Vescovi ausiliari, i sacerdoti e gli Ordini maschili e femminili. Vi saluto tutti, diletti Fratelli e Sorelle, che partecipate a questo Santissimo Sacrificio. Saluto il Vescovo castrense dell'Esercito Polacco e, insieme con lui, i soldati, i sottufficiali, gli ufficiali e i generali. Saluto i rappresentanti dell'Episcopato Polacco, e anche i Vescovi ospiti delle Autorità statali e locali qui presenti.

Saluto con deferenza l'antichissima Sandomierz, a me così cara. Abbraccio col cuore le altre città e i centri industriali, in modo particolare Stalowa Wola, città simbolo del grande lavoro, della grande fede dei lavoratori, che con generosità degna di ammirazione e con coraggio edificarono il loro tempio, nonostante le difficoltà e le minacce da parte delle Autorità di allora. Ho avuto la gioia di benedire questa chiesa. Quante volte ho visitato questa terra di Sandomierz; spesso mi è stato dato di incontrarmi con la storia della vostra città e apprendere qui la storia della cultura nazionale. In questa città, infatti, si cela una mirabile forza, la cui fonte è radicata nella tradizione cristiana. Sandomierz è, in realtà, un grande libro della fede dei nostri avi. Molte sue pagine sono state scritte da santi e da beati. Nomino anzitutto il Patrono della città, il beato Wincenty Kadlubek, che fu preposito della Cattedrale di Sandomierz e Vescovo di Cracovia e, più tardi, si fece povero monaco dell'Ordine Cistercense a Jldrzejów. Fu il primo, tra i Polacchi, che scrisse la storia della Nazione nella «Cronaca Polacca».

Nel XIII secolo questa terra fu fecondata dal sangue dei beati Martiri di Sandomierz, chierici e laici, che in gran numero morirono per la fede per mano dei Tartari e, insieme con loro, il beato Sadok e 48 Padri Domenicani del convento presso la chiesa romanica di san Giacomo. Nei templi di Sandomierz annunziarono il Vangelo san Giacinto, il beato Czeslaw, sant'Andrea Bobola. I Padri Domenicani diffondevano qui con fervore il culto della Madonna. Nel collegio «Gostomianum» i Gesuiti hanno istruito e formato la gioventù. Presso la chiesa dello Spirito Santo i Religiosi della Congregazione dello Spirito Santo gestivano l'ospedale per i malati, il ricovero per i poveri e gli asili per bambini. Questa città ricorda Jan Dlugosz e santa Edvige regina, della quale quest'anno celebriamo il 600° anniversario.

Anche in tempi recenti questa terra è portatrice di frutti di santità. Il vanto della Chiesa di Sandomierz sono i laici e i chierici, che con la loro vita diedero testimonianza dell'amore a Dio, alla Patria ed all'uomo. Voglio ricordare in modo particolare il servo di Dio, il Vescovo Piotr Golebiowski, che custodì il gregge a lui affidato con mitezza e perseveranza. Attualmente, come sappiamo, è in corso il processo di beatificazione di questo Pastore buono della diocesi di Sandomierz. Ricordo anche il servo di Dio, il sacerdote professor Wincenty Granat, insigne teologo e Rettore dell'Università Cattolica di Lublin, con cui mi incontrai molte volte in varie occasioni. Voglio ricordare con gratitudine anche Franciszek Jop, Vescovo ausiliare di questa Diocesi, nominato più tardi Vicario capitolare a Cracovia e, infine Vescovo di Opole. L'Arcidiocesi di Kraków, di cui fu Amministratore nei difficili anni cinquanta, gli deve molto. Mons. Jop fu anche uno dei miei Vescovi Consacranti.

Oggi a Sandomierz, insieme con tutti voi qui riuniti, lodo Dio per questo grande patrimonio spirituale che, nei tempi delle spartizioni, dell'occupazione tedesca e della dominazione totalitaria da parte del sistema comunista, permise alla popolazione di questa terra di conservare l'identità nazionale e cristiana. Dobbiamo, con grandissima sensibilità, porci in ascolto di questa voce del passato, per portare oltre la soglia dell'anno duemila la fede e l'amore per la Chiesa e per la Patria e trasmetterli alle future generazioni. Qui possiamo renderci conto facilmente come il tempo dell'uomo, il tempo delle comunità e quello delle nazioni è impregnato dalla presenza di Dio e dalla sua azione salvifica.

2. Sul percorso del mio pellegrinaggio attraverso la Polonia mi accompagna il Vangelo delle otto beatitudini pronunciate da Cristo nel discorso della montagna. Qui a Sandomierz Cristo si rivolge a noi: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5, 8). Queste parole ci introducono nel profondo della verità evangelica sull'uomo. Trovano Gesù coloro che lo cercano, come lo cercavano Maria e Giuseppe. Questo evento getta luce su quella grande tensione presente nella vita di ogni uomo, qual è la ricerca di Dio. Sì, l'uomo veramente cerca Dio; lo cerca con la sua mente, con il suo cuore e con tutto il suo essere. Dice sant'Agostino: «inquieto è il cuor nostro finché non riposa in Dio» (cfr Le Confessioni, I). Questa inquietudine è un'inquietudine creativa. L'uomo cerca Dio perché in Lui, solo in Lui, può trovare il proprio compimento, il compimento delle proprie aspirazioni alla verità, al bene e alla bellezza. «Tu non mi cercheresti se non mi avessi trovato gia prima», scrive di Dio e dell'uomo Blaise Pascal (Pensieri, sez. VII, n. 555). Ciò significa che Dio stesso prende parte a questa ricerca, vuole che l'uomo lo cerchi e crea in lui le condizioni necessarie, affinché egli lo possa trovare. Del resto, Dio stesso si avvicina all'uomo, gli parla di sé, gli permette di conoscersi. La Sacra Scrittura è una grande lezione sul tema di questo ricercare e trovare Dio. Ci presenta numerose e magnifiche figure di coloro che cercano e che trovano Dio. Allo stesso tempo insegna come l'uomo dovrebbe avvicinarsi a Dio, quali condizioni dovrebbe soddisfare per incontrare questo Dio, per conoscerlo e per unirsi a Lui.

Una di queste condizioni è la purezza del cuore. Di cosa si tratta? A questo punto tocchiamo l'essenza stessa dell'uomo il quale, in virtù della grazia della redenzione operata da Cristo, ha riacquistato l'armonia del cuore perduta nel paradiso a causa del peccato. Avere il cuore puro vuol dire essere un uomo nuovo, restituito alla vita in comunione con Dio e con tutto il creato dall'amore redentore di Cristo, riportato alla comunione che è il suo originario destino.

La purezza del cuore è, prima di tutto, un dono di Dio. Cristo donandosi all'uomo nei sacramenti della Chiesa prende dimora nel suo cuore e lo illumina con lo «splendore della verità». Soltanto la verità che è Gesù Cristo è capace di illuminare la ragione, di purificare il cuore e di formare la libertà umana. Senza la comprensione e l'accettazione la fede si spegne. L'uomo perde la visione del senso delle cose e degli eventi, e il suo cuore cerca la soddisfazione là dove non la può trovare. Perciò la purezza del cuore è anzitutto la purezza della fede.

La purezza del cuore, infatti, prepara alla visione di Dio faccia a faccia nelle dimensioni dell'eterna felicità. Accade così perché già nella vita temporale i puri di cuore sono capaci di scorgere in tutta la creazione ciò che è da Dio. Sono capaci, in un certo senso, di svelare il valore divino, la dimensione divina, la divina bellezza di tutto il creato. La beatitudine del discorso della montagna, in certo qual modo, ci indica tutta la ricchezza e tutta la bellezza della creazione e ci esorta a saper scoprire in ogni cosa ciò che proviene da Dio e ciò che porta a Lui. Di conseguenza l'uomo carnale e sensuale deve cedere, deve lasciare il posto all'uomo spirituale, spiritualizzato. È un processo profondo, congiunto allo sforzo interiore. Esso, sostenuto dalla grazia di Dio, porta frutti meravigliosi.

La purezza del cuore è, dunque, data come compito all'uomo. Egli deve costantemente assumersi la fatica di opporsi alle forze del male, a quelle che premono dall'esterno ed a quelle che agiscono dall'interno, che lo vogliono distogliere da Dio. E così nel cuore dell'uomo si combatte una lotta incessante per la verità e per la felicità. Per riportare la vittoria in questa lotta, l'uomo deve rivolgersi a Cristo. È in grado di vincere soltanto corroborato dalla sua forza, dalla forza della sua Croce e della sua resurrezione. «Crea in me, o Dio, un cuore puro» (Sal 50[51], 12), esclama il Salmista, consapevole dell'umana debolezza, perché sa che per essere giusto davanti a Dio non basta il solo sforzo umano.

3. Cari Fratelli e Sorelle, questo messaggio sulla purezza del cuore diventa oggi molto attuale. La civiltà della morte vuole distruggere la purezza del cuore. Uno dei suoi metodi di agire è quello di mettere intenzionalmente in dubbio il valore dell'atteggiamento dell'uomo, che definiamo come virtù della castità. È un fenomeno particolarmente pericoloso quando l'obiettivo dell'attacco sono le coscienze sensibili dei bambini e dei giovani. Una civiltà che, così facendo, ferisce o perfino uccide una corretta relazione tra uomo e uomo, è una civiltà della morte, perché l'uomo non può vivere senza il vero amore.

Rivolgo queste parole a tutti voi che partecipate all'odierno Sacrificio eucaristico, ma in modo speciale le indirizzo ai numerosi giovani qui presenti, ai soldati di leva e agli scouts. Annunziate al mondo «la Buona Novella» sulla purezza del cuore e, con l'esempio della vostra vita, trasmettete il messaggio della civiltà dell'amore. So quanto siete sensibili alla verità e alla bellezza. Oggi la civiltà della morte vi propone, tra le altre cose, il cosiddetto «libero amore». In questo genere di deformazione dell'amore si arriva alla profanazione di uno dei valori più cari e più sacri, perché il libertinaggio non è né amore, né libertà. «Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12, 2), ci ammonisce san Paolo. Non abbiate paura di vivere contro le opinioni di moda e le proposte in contrasto con la legge di Dio. Il coraggio della fede costa molto, ma voi non potete perdere l'amore! Non permettete ad alcuno di rendervi schiavi! Non lasciatevi sedurre dalle illusioni della felicità, per le quali dovreste pagare un prezzo troppo alto, il prezzo di ferite spesso incurabili o perfino di una vita spezzata la propria e quella degli altri! Voglio ripetere a voi ciò che già una volta ho detto ai giovani in un altro Continente: «Solo un cuore puro può amare pienamente Dio! Solo un cuore puro può portare a termine fino in fondo la grande impresa dell'amore che è il matrimonio! Solo un cuore puro può servire pienamente gli altri. Non lasciate che distruggano il vostro futuro. Non fatevi carpire la ricchezza dell'amore! Consolidate la vostra fedeltà, quella delle vostre future famiglie che formerete nell'amore di Cristo» (Asunción, 18.5.1988).

Mi rivolgo anche alle nostre famiglie polacche, a voi padri e madri. Bisogna che la famiglia prenda una ferma posizione in difesa della salvaguardia delle soglie della sua casa, in difesa della dignità di ogni persona. Custodite le vostre famiglie contro la pornografia, che oggi invade sotto varie forme la coscienza dell'uomo, specialmente dei bambini e dei giovani. Difendete la purezza dei costumi nei vostri focolari domestici e nella società. L'educazione alla purezza è uno dei grandi compiti dell'evangelizzazione che ora stanno davanti a noi. Più pura sarà la famiglia, più sana sarà la nazione. E noi vogliamo rimanere una nazione degna del proprio nome e della propria vocazione cristiana.

«Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5, 8).

4. Fissiamo lo sguardo sulla Vergine Immacolata di Nazaret, Madre del Bell'Amore, che accompagna gli uomini di tutti i tempi in particolare dei nostri tempi nella «peregrinazione di fede» verso la casa del Padre. Ce la ricorda non soltanto l'odierna memoria liturgica, ma anche la magnifica Basilica Cattedrale che domina questa città. Porta il suo nome: è una coincidenza eloquente del luogo e del momento. Perfino la Madre di Gesù, alla quale fu rivelato nel modo più pieno il mistero della divina figliolanza di Cristo, ha dovuto a lungo apprendere il mistero della Croce: ««Figlio, perché ci hai fatto così? - ci ricorda il Vangelo di oggi - Ecco, tuo padre e io angosciati ti cercavamo». Ed egli rispose: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero le sue parole» (Lc 2, 48-50). Gesù, infatti, parlava loro della sua opera messianica.

Prima di comprenderlo, l'uomo impara «col dolore del cuore» l'Amore crocifisso. Però se, come Maria, - «serba tutto fedelmente nel suo cuore» (cfr Lc 2, 51) tutto ciò che dice Cristo, se è fedele alla chiamata divina, comprenderà ai piedi della Croce la cosa più importante, cioè che vero è soltanto l'amore unito a Dio, che è Amore.

 

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