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 DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI XXIII
AI PREDICATORI QUARESIMALISTI
DI ROMA
*

Martedì, 10 febbraio 1959  

Il Signore moltiplica le occasioni di conforto per il Nostro spirito, a letizia e ad incoraggiamento per tutti, in mia successione di fatti e di incontri che rendono sempre più confidente la parola del Padre rivolta ai figli suoi.

Pochi giorni fa Ci incontravamo presso il Ritiro dei Santi Giovanni e Paolo dei PP. Passionisti con la bella corona dei Parroci di Roma, riuniti attorno al Signor Cardinale Vicario ed ai due Vice Gerenti. Quell'incontro — Ci piace dirlo anche a voi — fu per il Nostro spirito una grande festa.

All'inizio della Quaresima, Ci è particolarmente caro darvi qui il « benvenuto », predicatori designati per l'insegnamento consueto più vivo ed intenso della sacra dottrina, nella preparazione alla Pasqua: e dare, egualmente di gran cuore, il « benvenuto » ai coadiutori nel ministero parrocchiale delle anime.

La voce del sacerdote è benedetta ed efficace in ogni periodo della sua vita: ma nella giovinezza, e nella maturità sempre vigorosa, acquista una forza. di speciale penetrazione. Tutti siamo predicatori, e dobbiamo esserlo ad un tempo: non auditores tantum, sed factores verbi: come a dire: non semplici ascoltatori e trasmettitori meccanici, ma testimoni viventi di questo insegnamento divino [1].

É l'Epistola cattolica di San Giacomo che contiene per l'appunto avvertimenti così saggi ed appropriati a questo convegno, soprattutto in ordine al congiungimento nella stessa persona di quelle qualità eminenti, che rendono il sacerdozio santo vero elemento di forza persuasiva.

La eloquenza, che si associa alla eccelsa espressione delle virtù pastorali di chi parla, è quanto di più nobile e glorioso si possa attendere da un ecclesiastico.

San Pier Damiano abbina il duplice elogio al figlio del santuario, dal quale ci si attende — sono parole sue — ut sententiis spirituali.. doctrinae exuberet et religiosae vitae splendore coruscet: che sia eruditissimo di spirituale dottrina, e fiammeggi di santità [2].

Questa unione delle due qualità è quanto mai necessaria, poiché la vita santa deve riverberare la sua luce sullo studio della scienza sacra e profana: e più vale infatti la chiarezza e l'esempio della virtù, che non la grandissima erudizione e la urbanità curata dell'eloquio.

Risalendo su nell'ascolto dei Padri della Chiesa, torna più vera la affermazione di San Gregorio nella omelia trentesima sul Vangelo: Otiosus est sermo docentis, si praebere non valet incendiunt amoris.

E l'altra osservazione, che segue nella stessa pagina,  altrettanto viva e penetrante: Si intus non sit qui doceat, doctoris lingua externis vacuum laborat! [3].

Questo — lo ripetiamo volentieri — ad introduzione e a compiacimento.     

Di fatto il complesso delle circostanze che avvolgono la Nostra umile vita e la vostra — nuovo Vescovo di Roma, Pastore della Chiesa universale, e coadiutori suoi del ministero sacro — apre il cuore ad una grande speranza, ed ad una più grande letizia.

Questa partecipazione vostra al grave compito di comunicare la sacra dottrina, che è edificazione del popolo cristiano, coordina grazie particolari, a rinvigorimento ed a profitto di tutta la compagine religiosa che costituisce la diocesi.

Permettete alcune brevi considerazioni, a direzione ed a luce del ministero della parola. Il sacro tempo della Quaresima le rende più sante ed opportune. Esse concernono tutto il complesso del vostro parlare ai fedeli: verbo et exemplo.

Viviamo in tempi arruffati ed angolosi di complicazioni spesso febbrili, di smanie divenute insaziabili e prepotenti, nel rigurgito dei rapporti, anche tra cristiani, nella vita civile.

L'esercizio della sacra predicazione, messa a servizio della azione sacerdotale, vuole essere particolarmente segnato di un triplice decoro : di saggezza, di semplicità, di carità.

I

 SAGGEZZA.

La saggezza si esprime nella scelta accurata dei temi della predicazione, sia ordinaria di tutto l'anno, omiletica e catechistica; sia straordinaria, o caratteristica della Quaresima e della preparazione alle maggiori feste del calendario liturgico. Dai Nostri primi assaggi circa lo sviluppo della vita religiosa di Roma, Ci risulta che di sacra predicazione, invero, si abbonda nelle chiese, negli istituti, nelle pie associazioni: con un concorso vario di fedeli; talora più, tal altra meno, consolante. Ma forse accade che una certa discontinuità di programma lasci da parte questo o quell'altro aspetto della dottrina, così da rappresentare, nei vari punti, minore aderenza al programma generale dell'insegnamento di tutta la verità rivelata. Un apposito e bene studiato direttorio potrà riuscire un bel fiore tra i parecchi che il prossimo Sinodo Romano ci promette.

La tentazione non manca di fare della poesia e della letteratura su argomenti più piacevoli : oppure di specializzarsi in apologetica, forse attardandosi su vecchie forme, senza tenere conto delle necessità qualche volta tremende del tempo presente, e dei progressi della esperienza pastorale.

Facciamo attenzione: il popolo ci domanda pane sostanzioso di verità: non diamogli piccoli tratti o racconti più o meno edificanti che non fanno presa profonda sullo spirito.

Alcuni di questi temi sono specialmente importanti e gravi; come: l'idea della colpa e il castigo; il reddere unicuique suum; il culto privato e pubblico; la santificazione della festa; i sacri doveri del matrimonio; la educazione dei figli; il rispetto della persona umana: e tutto ciò non a colpi di vaga erudizione, ma a rilievi vivi e interessanti di celeste dottrina.

L'ideale consiste nel saper così bene inquadrare la dottrina, in debite proporzioni, da niente dimenticare, e tutto volgere ad incremento di solida formazione intellettuale.

Al primo apparire del sacerdote, e dopo poche sue parole, i fedeli — diciamo quelli che con i doveri di culto e di pietà non dimenticano l'altro assai grave della istruzione religiosa — intuiscono il grado di preparazione remoto e recente dell'oratore, la opportunità del tema scelto e la capacità di sintesi, così da non lasciare l'impressione che le conclusioni sembrino stare su senza le premesse.

Grave dovere che batte sulla coscienza del sacerdote che parla, e che lo fa tremare, è l'eco robusta di queste parole di Sant'Isidoro Ispalense: Sicut in numismate metalloruni figura et pondus requiritur, ita in omni dottore ecclesiastico videatur quid doceat et quomodo vivat! [4]

II

SEMPLICITÀ

La semplicità è il grande dono del predicatore, che ricerca la via più sicura di toccare il fondo delle coscienze. Semplicità non è parlare a vanvera, o a braccio, come si dice a Roma: essa richiede seria preparazione di preghiera e di studio. Essa è esatta direzione del pensiero al fine che si vuole raggiungere : è misura del tempo messo a disposizione, tanto quanto basta alla istruzione dei fedeli, e non alla delizia dell'ascoltare se stessi. La semplicità non accarezza la preoccupazione di fare bella figura, né di ricercare la parola tornita, che fa scattare l'applauso: essa rende anzi timorosi di ciò che può arrestare il moto della grazia nelle anime.

Ricordate le parole di San Bernardo che dice come preferisca ascoltare la voce del predicatore, qui non sibi plausum, sed mihi planctum snoveat [5].

Ripensiamo ai grandi apostoli della storia, ai santi oratori del Quattro e del Cinquecento, i quali suscitarono entusiasmi, non attraverso le forme della speculazione filosofica, di astrusità e di indeterminatezze, ma con la espressione nitida, immediata, appropriata e palpitante dell'insegnamento divino.

III

CARITÀ

Occorre ripeterlo per noi che dobbiamo essere gli apostoli più convinti della carità? esserlo, diremmo, ostinatamente anche e soprattutto in tempore iracundiae? Sì, figli dilettissimi: la carità è la divisa del buon predicatore : nella parola, nel tratto, negli argomenti, nel modo di trattarli, nell'individuare errori e colpe.

Si amatis Deum — così Sant'Agostino — rapite omnes ad amorem Dei; rapite quos potestis: hortando, portando, rogando, disputando. rationem reddendo cum mansuetudine, cum lenitate [6].

Niente è più sicuro, è più bello a lode di un oratore sacro, che le anime siano condotte a pensare: É proprio la immagine del buon Gesù. É un discepolo suo, degno di venerazione: mitis et humilis corde.

Così accadde dei sacerdoti più distinti di cui la storia di ogni diocesi, e di tutte le famiglie religiose, dalle più antiche alle recenti, gode il ricordo. Pensiamo con commossa riconoscenza ai molti e molti che Noi stessi incontrammo lungo la via.

Lo stesso silenzio dell'assemblea: l'abbassarsi pensoso delle teste; poi l'accorrere della gente al confessionale diventano lode dell'ecclesiastico.

La carità va di pari passo con la verità. Non abbiate pertanto timore di ripetere anche quest'anno che siamo giunti ai giorni di salute, ai giorni della penitenza e della disciplina dei sensi interni ed esterni. Ditelo in termini rispettosi, ma inequivocabili; come lo diceva Gesù ai tempi suoi ed alla sua gente.

Ci prepariamo alla contemplazione della Passione e Morte di Cristo. e dei dolori della Madre sua e nostra, benedetta e cara.

Il cristianesimo senza croce, senza sofferenze, senza gli assalti del maligno non è e non sarebbe comprensibile. Ma la sofferenza, di qualsiasi natura, diviene sopportabile, con il dono offerto e ricevuto della carità. Rammentiamocene, ed insegniamo ai nostri fedeli a non scordarsene.

La sofferenza santificata dalla carità avvicina sempre più le anime al pregustamento della vita intima con Nostro Signore, a quel vivere summe Deo in Christo Iesu da cui si riflette la vita della sua Chiesa tutta intera, la quale è, sì, sofferente, angustiata, e talora perseguitata: ma rimane sempre alacre, generosa e vittoriosa.

Per finire, quasi a riassunto di questo conversare del Padre coi tigli, vogliamo tenere davanti a voi questo programma della prossima e di ogni altra predicazione: — Dio ci ha chiamati ad illuminare le coscienze, non a confonderle e a forzarle: — ci ha chiamati a parlare con la stessa semplicità con cui si enunciano gli articoli del Credo apostolico, non a complicare il ragionamento, né ad accarezzare gli uditori: — ci ha chiamati a risanare i fratelli, non a terrorizzarli. Così ci assista Gesù benedetto colla grazia sua, che è gaudium et pax in Spiritu Sancto. Così sia.

 


*  AAS. vol. LI, 1959, pp. 190-195.

[1] Iac. 2, 23.

[2] Lib. VIII della lettera ad Cintium.

[3] In Ev. n. 3-5.

[4] Diem, 36.

[5]  Sermo 59 In Cant. Cant.

[6] Narr. in Ps. 33. Sermo 2, 6.

 



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