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DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI XXIII
AI MEMBRI DELLA COMMISSIONE
MEDICA INTERNAZIONALE 
DEL COMITATO PER L'UNITÀ
E L'UNIVERSALITÀ DELLA CULTURA

IN OCCASIONE DEL SIMPOSIO INTERNAZIONALE
PER LA PROFILASSI INDIVIDUALE
*

Mercoledì, 18 marzo 1959

 

Una viva compiacenza inonda l'animo Nostro nell'accogliervi alla Nostra presenza, diletti figli partecipanti al Simposio Internazionale per la profilassi individuale, e membri della Commissione Medica Internazionale del Comitato per l'Unità e l'Universalità della Coltura. Al termine delle vostre laboriose giornate di studio avete voluto venire a ricevere la Nostra Benedizione, e tale pensiero delicato, che illumina di vivido splendore le disposizioni che vi animano nella vostra alta attività, Ci procura una gioia profonda.

Siate pertanto i benvenuti!

Desideriamo anzitutto rallegrarCi con voi: e non soltanto per il numero, l'importanza e la complessità degli argomenti svolti durante il vostro Congresso, ma anche, e specialmente, per la caritatevole sensibilità che vi ha spinti a dedicare i vostri studi all'esame di problemi tanto importanti, non soltanto per la scienza medica, ma anche per l'opinione pubblica e la morale cristiana. Come Vicario in terra di Colui, che volle farsi nostro fratello, amiamo rilevare con profonda soddisfazione gli sforzi generosi e disinteressati, che in qualsiasi campo della scienza e della coltura si rivolgono al miglioramento e all'elevazione della persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio, e redenta dal sangue di Cristo. Studiando le malattie, i disturbi, le anomalie fisiche e psichiche, che possono offuscare lo splendore di questa divina scintilla ch'è la ragione, voi vi dedicate con appassionata sollecitudine ad alleviare i mali dell'uomo, a determinarne le cause, a sperimentarne i rimedi. La vostra professione, e gli studi che instancabilmente coltivate, sono dunque una collaborazione di carità, un aiuto fraterno che prestate a chi soffre; quasi un prendere su di voi i dolori del prossimo per guarirli, e, di fronte a interrogativi angosciosi ancora insoluti, per cercare di attenuarli o addirittura di eliminarli.

Vi esortiamo dunque, diletti figli, a vedere sempre la vostra alta missione sotto la luce amabile e soave della carità. Essa vi sosterrà nelle vostre veglie al capezzale dei malati o nei vostri gabinetti di studio, nelle ricerche di laboratorio, nell'insegnamento che impartite ai discepoli; essa darà un valore soprannaturale ai vostri instancabili sforzi.

In pari tempo, siamo ben persuasi delle gravi difficoltà dei vostri studi, e degli ostacoli spesso insormontabili che si frappongono sul vostro cammino. Vorremmo pertanto indicarvi anche un'altra virtù, che è fonte di perenne letizia e di vero ottimismo. Essa è l'umiltà che si alimenta nella verità, e sta ancorata nella confidenza in Dio.

É una considerazione che vogliamo comunicarvi in cordiale semplicità, così com'è sorta in Noi nel considerare i temi che avete testé svolti, tra i quali l'accertamento precoce degli squilibri morbosi neuropsichici e delle malattie mentali e perversioni morali, e l'accertamento precoce dei tumori. Davanti a tali problemi di enorme risonanza, e dalla cui soluzione si attendono così grandi benefici per l'umana famiglia, mentre un senso di ammirazione va a voi, che li sapete chiaramente impostare, si avverte altresì l'insufficienza degli sforzi anche più tenaci, se questi non sono ispirati alla più grande umiltà e confidenza.

Riconoscere i propri limiti è il punto di partenza per ogni duratura conquista, nell'ordine della natura e della grazia. Contare, oltre che sulle proprie possibilità, sull'aiuto insostituibile di Dio, è il segreto di ogni sicuro progresso.

A Lui, pertanto, fonte della vera sapienza e ispiratore di retti propositi, sale la Nostra preghiera per ognuno di voi, per le vostre care famiglie, per i vostri studi e ricerche, per i vostri pazienti; e in pegno della continua assistenza divina, e a conferma della Nostra profonda stima, vi impartiamo di cuore la propiziatrice Benedizione Apostolica.

 


*  AAS. vol. LI, 1959, pp. 201-204.

 



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