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DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI XXIII
ALLE GENTI DEL MONDO INTERO,
NEL QUALE ANNUNCIA IL CONTENUTO
DELLA NUOVA ENCICLICA

Domenica, 14 maggio 1961

Spettacolo incomparabile che supera quanto avremmo potuto attendere. LasciateCi salutare con voi questa nuova primavera della Santa Chiesa.

 

Venerabili Fratelli,
diletti figli!

La vostra presenza così solenne e rispettosa e, insieme, vivace e vibrante, qui presso le memorie sacre di S. Pietro, Principe degli Apostoli, riempie di esultanza straordinaria il vostro e il Nostro cuore. Chi vi ha tratto qui in tanto numero, convenuti da ogni paese, appartenenti ad ogni età, ad ogni classe sociale, ad ogni lingua? Vi ha radunati il ricordo di un grande Papa e di una lettera, di una lettera che dai suoi giorni egli aveva scritto, e fatto mandare a tutto il mondo: e non su un argomento di consueto ministero pontificale, come sarebbe ad incitamento di devozione e di cristiana pietà, ma precisamente in tema dottrinale e pratico sul lavoro dei campi e delle officine, sul lavoro di quanti occupano le umane energie: braccia, testa e cuore, corpo e anima a sostentamento della vita, a prosperità, a progrediente ricchezza del mondo intero.

L'umile Papa suo successore che vi parla era un fanciulletto di dieci anni in quel 1891: ma rammenta benissimo, come nella sua parrocchia, e tutto intorno a lui le parole iniziali di quel documento « Rerum Novarum » (Noi si era ai latinucci allora) venissero ripetute nelle chiese e nei convegni come il titolo di un insegnamento, non improvviso in verità, ma antichissimo quanto il Vangelo di Gesù Salvatore, e messo in quel maggio del 1891 in una luce nuova e meglio appropriata alle moderne circostanze del mondo. Si trattava di situazioni e questioni recenti, sulle quali ciascuno amava di dire la sua, e molti la dicevano a sproposito, suscitando pericoli di confusione e tentazione di disordine sociale.

L'INSEGNAMENTO SECOLARE
DI PIETRO VIVENTE

Papa Leone, l'ammirabile pontefice, aveva voluto ricavare dai tesori dell'insegnamento secolare della Chiesa la dottrina giusta e santa, la verità illuminatrice per la direzione dell'ordine sociale secondo i bisogni del suo tempo.

Quella Lettera Enciclica « Rerum Novarum », ponendosi con grande coraggio ed insieme con chiarezza e decisione, sopra tutto fra i vari rapporti dei contadini e degli operai, detti proletari, da una parte, e i proprietari e imprenditori dall'altra, indicava come fosse indispensabile ricomporre le ragioni della giustizia e della equità a beneficio e a vantaggio degli uni e degli altri, invocando come necessari tanto l'intervento dello Stato quanto l'azione onesta e leale degli interessati, lavoratori e datori di lavoro.

La « Rerum Novarum » fu dunque un primo grande e solenne richiamo in quest'ordine di principii che commosse un po' tutti : e che pur circoscrivendo allora la sua portata alla questione operaia nell'ambito dei rapporti surriferiti, ebbe il merito di dischiudere un orizzonte, tanto più luminoso perchè traente luce e irradiazione dalla dottrina purissima della Santa Chiesa Cattolica, e dalle sue sorgenti inesauste che sono l'Antico e il Nuovo Testamento.

I quarant'anni che decorsero dalla prima diffusione e penetrazione di questa dottrina cioè dal 1891 al 1931 — furono segnati da avvenimenti così vivaci, complessi e talora violenti; le variazioni di sviluppi e di ricorrenti contese di classe e di popoli, determinate dalla prima guerra, si fecero così oscure e minacciose da suggerire all'ampia luminosa mente e al cuore saldissimo di Papa Pio XI di riprendere il colloquio della Sede Apostolica col mondo del lavoro facendogli meglio conoscere la dottrina sociale della Chiesa, in rapporto alle nuove posizioni imposte successivamente dalle stesse conquiste dell'ingegno umano, dal progresso delle tecniche nuove, sconvolgenti le forme tradizionali divenute faticose per le stesse masse lavoratrici dei campi e delle officine.

DA LEONE XIII
A Pio XI A Pio XII

Ed ecco allora apparire a richiamo e a più largo sviluppo delle basi di economia sociale poste dalla « Rerum Novarum » un altro documento pontificio, dal titolo « Quadragesimo anno », a segnare i passi da compiersi, sempre nella luce dei principii cristiani, alle nuove esperienze, ai nuovi rapporti di mondiale cooperazione di uomini lavoratori, di famiglie e di nazioni, sì, a segnare il cammino, ma anche ad incoraggiare e a rettificarne il progresso felice e vantaggioso.

Grande esultanza arrecò pure questo insegnamento di Papa Pio XI con la « Quadragesimo anno ».

Anche contenendo lo studio e la risoluzione dei nuovi maggiori problemi nell'ambito del settore industriale, l'orizzonte della questione sociale si allargava e splendeva. Così accadde nella precisazione e nel risalto più vivo che venne dato al lavoro, alla proprietà, al salario, messi in rapporto con le esigenze del bene comune e quindi sotto l'aspetto sociale. Al vertice stava sempre il principio supremo secondo il quale va regolato ogni rapporto: cioè non la sfrenata libera concorrenza, né la prepotenza economica, forze cieche ambedue: ma le ragioni eterne e sacre della giustizia e della carità.

Le esigenze della giustizia non possono essere invero soddisfatte se la società non si ricompone organicamente attraverso la ricostituzione dei corpi intermedi a finalità economico-sociali.

Conseguenza ben forte e importante fatta emergere nella « Quadragesimo anno », cioè lo studio paziente ed incessante della collaborazione tra le nazioni grandi e piccole.

È a questo punto che Noi amiamo, diletti figli, rendere omaggio, dopo che ai papi Leone XIII e Pio XI, anche alla sacra e benedetta memoria del Santo Padre, il duodecimo Pio, il quale anche lui, ponendosi sul solco della « Quadragesimo anno », cosparse del suo alto insegnamento i vari settori della sociologia di cui ebbe ad occuparsi, in riferimento alla interna struttura delle singole comunità politiche, come ai rapporti tra le stesse sul piano mondiale.

Sovente la sua parola, parlata e scritta, è stata un insegnamento di occasione, caratterizzato dalla ampiezza degli orizzonti toccati e discoperti. Ma quale ricchezza, attraverso quei suoi volumi che restano alla nostra ammirazione e venerazione: come raccolta sempre degna di consultazione per i minerali preziosi che vi abbondano!

Venerabili Fratelli e diletti figli, pensate che quanto vi abbiamo detto fin qui non è che un accostamento al punto più luminoso a cui Ci siamo proposti di condurvi, cioè oltre la « Rerum Novarum », oltre la « Quadragesimo anno », ad un terzo documento, che, celebrando questi due precedenti, ed aggiungendovi le nuove esperienze di attività sociali moltiplicatesi a dismisura in questi ultimi trenta anni, più vicini a noi, vi aggiunga, come corona, ancora un più copioso complemento di cristiana dottrina, quale la giovinezza perenne e feconda della Santa Chiesa, Una, Cattolica, Apostolica e Romana, tiene sempre in pronto, a luce ed a guida dei secoli e dei popoli.

LA NUOVA PROSSIMA ENCICLICA

Amiamo confessarvi che il nostro disegno era veramente potervi offrire, e di offrire a tutta la Chiesa Cattolica giusto la giornata della faustissima ricorrenza del settantesimo la « Rerum Novarum » — 1891 - 15 maggio - 1961 — questo terzo documento di portata generale, in forma di Lettera Enciclica: ampia e solenne. Godiamo di assicurarvi che la Noi promessa è mantenuta: l'enciclica è pronta: ma la sollecitudine di farla arrivare a tutti i credenti in Cristo, e a tutte le anime rette sparse nel mondo, alla stessa ora, nel testo ufficiale latino e nelle varie lingue parlate, Ci consiglia di ritardare alquanto la trasmissione del testo.

Intanto, diletti figli, lasciate che ve lo ripetiamo.

La vostra presenza qui in Roma in questi giorni Ci è straordinariamente cara.

Questa settimana ci avvicina e prepara alla Pentecoste, e ci richiama al ricordo dei convenuti sul Sion: « viri religiosi ex omni natione quae sub caelo est » [1].

Voi, diletti figli, discendenti di quei bravi cattolici, che primi accolsero or sono settant'anni e fecero grande onore alla proclamazione di dottrina cattolica sociale del grande papa Leone, qui conveniste in rappresentanza di tutti i lavoratori cristiani della terra.

Voi meritate bene perciò, che come Pietro sul Sion, così l'umile Successore di lui, vi apra il segreto e vi riveli senz'altro, in espressioni però riassuntive, il contenuto di questo terzo documento pontificale, che presto sarà pane e nutrimento salutare e delizioso delle anime vostre, e, lo speriamo, di quanti confidano nella Chiesa Santa e benedetta di Cristo Gesù: Magister et Salvator mundi [2].

Come accade nella lettura del Breviario quotidiano per noi sacerdoti, così sia con voi nell'ascoltarCi, la grazia dello Spirito Santo, a lume del vostro intelletto e dei vostri cuori: Spiritus Sancti gratia illuminet sensus et corda nostra.

PROSPETTO DEL
SOLENNE DOCUMENTO

Il solenne documento — dunque — che fra poche settimane sarà — amiamo ripeterlo — letizia dei vostri occhi, nutrimento sano e sostanzioso delle vostre anime, si dispiega in quattro quadri ben distinti.

Primo: la sintesi degli insegnamenti di tre Papi: Leone e i due Pii, il decimoprimo e il duodecimo.

Secondo: la presentazione di un primo gruppo di problemi di azione sociale ancora incombenti nella continuata loro pressione da settant'anni a questa parte.

Terzo: l'affermazione dei problemi nuovi, gravi e talora pericolosi, di questa epoca nostra recente e a noi contemporanea.

Infine: quarto: la ricomposizione dei rapporti della sociale convivenza nella luce dell'insegnamento della Santa Chiesa. Il primo quadro vi è già familiare per quanto abbiamo esposto sin qui ad introduzione di questo nostro colloquio. In esso splende la natura ed il contorno del buon cammino della dottrina pontificale segnato dalla « Rerum Novarum » di Leone XIII, proseguito dalla « Quadragesimo anno » di Pio XI e dalle note di carattere sociale variamente sparse nelle manifestazioni parlate o scritte di Pio XII.

Profonde innovazioni in vero si sono verificate in questi ultimi anni, così nelle interne strutture delle singole comunità politiche, come nei rapporti vicendevoli fra le medesime: innovazioni e problemi che impongono ulteriori precisazioni e sviluppi degli insegnamenti già delineati dalla « Rerum Novarum », posti in riferimento — già lo dicemmo — alle mutate condizioni odierne. Volgendoci al secondo quadro, eccoci alla visione di questi nuovi problemi. Innanzi tutto e precisamente quelli riguardanti i rapporti fra iniziativa privata e intervento dei poteri pubblici in campo economico: poi il sempre più largo diffondersi di forme associative nelle varie manifestazioni della vita: la rimunerazione del lavoro; le esigenze della giustizia, nei confronti delle strutture produttive, e il gravissimo punto della proprietà privata.

L'Enciclica imminente, nello studio, nella soluzione di questi problemi — non è superfluo il ripeterlo — tiene conto degli sviluppi che essa proseguì dall'insegnamento di Leone XIII, sino a quelli di Pio XI, ed ai messaggi illuminati e sapienti di Pio XII, dominata sempre la sua dottrina dal motivo fondamentale, che è affermazione immutabile e strenua difesa della dignità e dei diritti della persona umana.

I problemi del terzo quadro di cui l'Enciclica si occupa sono i più evidenti e urgenti dell'attuale momento storico. Essi conferiscono tono e colore caratteristico a questo documento pontificale.

PER LA UMANA
E CRISTIANA SOLIDARIETÀ

Emerge innanzi tutto il problema dell'agricoltura. L'agricoltura era una volta — che diciamo: era una volta? — fu per millenni di storia, dalle prime pagine della Bibbia santa, la ricchezza e la perenne primavera rinnovantesi ogni anno sulla terra, la poesia e l'incanto della vita: ed ora è ridotta, e sta per ridurre molte, molte comunità umane in stato come suol dirsi di depressione. Ciò che si determina fra le maggiori esigenze della giustizia è appunto questa giustizia di ricomporre l'equilibrio economico e sociale fra i due settori della convivenza umana.

Il documento Nostro imminente sta per offrire le principali direttive ispirate ad umana e cristiana solidarietà, ritenute più efficaci al nobile e grande intento.

Altro problema di proporzioni mondiali che interessa e richiama l'attenzione angosciosa del Nostro apostolico ministero con la cooperazione di quanti credono e vivono il Cristo e la sua Chiesa, è costituito dallo stato di indigenza, di miseria e di fame in cui si dibattono milioni e milioni di vite umane. Di qui il disagio che talora è realtà crudele dei rapporti fra comunità politiche economicamente sviluppate, e quelle economicamente sottosviluppate. Questo è giustamente detto il problema dell'epoca moderna, benché a dire tutto e a dir vero, nello studio della storia dei popoli, esteso alle secolari vicende di tutti gli agglomerati umani sparsi nel mondo, poté in passato essere ritenuto quasi inesorabile, attese le cause antiche e continue della arretratezza dei sistemi economici, in rapporto alle condizioni infelici di parecchie regioni.

Giustamente, santamente — diletti figli — vuol essere ribadito ed esaltato il principio della solidarietà fra tutti gli esseri umani, e ricordato e predicato ben alto il dovere per le comunità e i singoli, che dispongono ad esuberanza di mezzi di sussistenza, di andare incontro a quanti si trovano in condizioni di disagio. Purtroppo l'aiuto di emergenza non toglie alla radice le cause di queste condizioni di disagio. Di qui l'opera di collaborazione sul piano mondiale si impone, opera disinteressata, multiforme, diretta a mettere a disposizione dei paesi economicamente sottosviluppati grandi capitali e intelligenti competenze tecniche atte a favorire e a promuovere di pari passo lo sviluppo economico col progresso sociale: avvertendo con sano e benefico accorgimento di interessare gli stessi primi e principali protagonisti del lavoro umano nella attuazione della propria elevazione, individuale, familiare e sociale.

PRIMA LUCE E FORZA:
IL PRECETTO DEL SIGNORE

Questa è grande impresa, obiettivo nobile ed urgente per la stessa pace del mondo. Per portarla a compimento, e conferirle vigore incessante, sono impreteribili i rapporti di sin cera comprensione e di attiva collaborazione fra i popoli.

Il che suppone — e qui amiamo riconfermarlo in faccia a questo cielo benigno, e in faccia a questo tempio, il massimo della Cristianità — suppone — ripetiamo — il praeceptum Domini, che afferma e proclama il riconoscimento e il rispetto di un ordine morale che sia valido per tutti: che riconosca il suo fondamento in Dio tutore e vindice, distributore di benessere, di ricchezza e di misericordia; e rivendicatore terribile, a cui nessuno sfugge, di giustizia e di equità.

È su questo motivo di fondo che si posa e si estolle l'intervento della religione e della Santa Chiesa anche in campo economico e sociale. Sempre il Decalogo — diletti figli — : sempre il Vangelo. Da Gesù benedetto « via, verità, vita, luce del mondo », taumaturgo a servizio delle necessità e infermità umane, martire divino per la umana espiazione, e re vittorioso e trionfale dei secoli e dei popoli: è da lui che prende ispirazione lo sforzo di ricerca della giustizia e diviene potente. La difesa e la elevazione dei deboli e degli indigenti veggono dischiuse le meraviglie della carità, che assicurano la salvezza e la resurrezione degli uomini e dei gruppi etnici; la trasformazione delle zone arretrate e dei settori depressi.

Questa è la grande responsabilità che prende tutti, tutti, e da cui niuno che vive si può sottrarre. Il giudizio finale dell'universo al termine del suo destino è questo: Venite benedicti, discedite maledicti [3]. Queste parole sono a compendio e a conclusione della storia del mondo, consumata e decisa attraverso le enumerazione delle forme più varie, concesse o negate, della assistenza sociale di uomo a uomo, di famiglia a famiglia, di gente a gente.

Il quarto quadro della nuova Enciclica vi tratterrà in visione deliziosa sulla ricomposizione della umana convivenza. Lo studio della natura dell'uomo e della dottrina della Chiesa nella luce della Rivelazione segna le vie sicure per realizzare una convivenza umana dignitosa, pacifica e feconda. È ben naturale che questa dottrina avente la verità come fondamento, la giustizia come obiettivo, l'amore come elemento dinamico, sia non solo appresa, ma assimilata, diffusa e tradotta nella realtà.

Chiudono il documento, vasto e interessante, alcune indicazioni preziose, utili e idonee ad alimentare e a rendere sempre più operante in tutti e in ciascuno la coscienza dei doveri sociali.

Diletti figli, vogliate attendere l'Enciclica con lieto desiderio e bene studiarla.

Tornando ora sopra le molte cose dettevi in questo prolungato colloquio del pastore col suo gregge, con cuore aperto agli interessi dello spirito e non immemore dei beni della terra, Ci accade di offrirvi un'immagine che vi tornerà piacevole ed istruttiva.

Ciò che commosse tutti i fedeli della Santa Chiesa all'annuncio dell'Enciclica « Rerum Novarum » di Papa Leone XIII nel 1891, fu la sorpresa di sentire come la voce di una nuova campana, che dalla torre antica della parrocchia, di ogni parrocchia del .mondo, di città o di villaggio, venne ad aggiungersi al concerto degli altri bronzi, familiari ai buoni fedeli dalle antiche e pacifiche abitudini della pietà religiosa. Quel suono nel 1891 non fu trovato discordante dalla intonazione delle altre campane, anzi tutto affatto armonioso, vibrante e giulivo.

Quaranta anni dopo, nel 1931, non una, ma parecchie nuove campane si aggiunsero sulla torre della parrocchia. L'Enciclica « Quadragesimo anno » fu il grande gesto di Papa Pio XI, che diede il segno, e sollevò un felice e più largo concento di inviti e di ammonimenti sulla questione sociale, e sui vari e nuovi problemi proposti alla attenzione di tutte le anime rette ed ispirate alle fonti perenni della dottrina evangelica di significazione universale.

La celebrazione in questi giorni della annuale ricorrenza, che si ripete da settant'anni esatti, della « Rerum Novarum » in tempi di più vasto sviluppo delle sollecitudini materne della Chiesa, dei Sacri Pastori e di tanti membri del laicato in collaborazione fervorosa, rivolte alla diffusione della buona dottrina e della sua immediata e vasta applicazione, è motivo di singolare esultanza, e di incoraggiamento vivo e lietissimo.

ENTUSIASTICO E FERVIDO
APOSTOLATO SOCIALE

L'esultanza è nel costatare che l'antico fervore, suscitato dal gesto di Papa Leone e rinnovato dai suoi successori, perdura e solleva entusiasmo, e fortifica sentimenti e propositi di buon apostolato sociale.

Ornai dalla torre antica e dalle nuove, che si moltiplicano sul piano, sui monti, dappertutto dove la natura attrae ed offre feconda i suoi doni, non più il suono squillante di una, né di alcune campane, ma è tutto uno scroscio, tutta una festa di bronzi, di armonie vibranti alla gloria diffusa del Cristo, figlio di Dio, fratello nostro, maestro, redentore e salvatore del genere umano : sempre proteso nelle misteriose effusioni della sua grazia sulle anime, non solo in preparazione ed in avvio verso i beni celesti; ma proteso altresì sui corpi e su tutto ciò che è benessere verace della vita di quaggiù, nell'ordine civile e sociale.

L'incoraggiamento che ci è lecito e fruttuoso cogliere da questa commemorazione e da altre manifestazioni che a questa seguiranno un po' dappertutto nel mondo, vuol essere ispirato alle parole che l'evangelista S. Giovanni, il prediletto del Signore, ha scritto nella prima delle sue tre lettere e di cui proprio stamattina abbiamo gustato nel Breviario alcuni tratti impressionanti.

È dunque insegnamento riferito dall'apostolo di Gesù: « Dio è luce, e in lui non v'è tenebra alcuna » [4]. Conviene vivere in questa luce in una reciproca comunione con Lui. Se avessimo peccato, il sangue di Gesù, il figliuol suo, ci purifica : come Gesù è il propiziatore dei peccati di tutto il mondo. Ed altre suadenti parole son queste: « Bisogna saper vivere e camminare con Cristo ». « Qui dicit se in ipso manere, debet sicut ille ambulavit, et ipse ambulare » [5].

Che magnifico programma è questo di vita cristiana e di apostolica attività sociale! Vivere nel Cristo che è luce divina, carità universale; muoversi sui passi e in sua compagnia: in ipso manere: cum ipso ambulare, che è attività dinamica e tranquilla, ordinata e pacifica, a lode di Dio, a servizio della giustizia, della equità, della fraternità umana e cristiana.

Così operando e così movendoci noi siamo nel vero — diciamolo umilmente colle parole stesse del nostro S. Giovanni —: Siamo nel Vero, cioè in Dio : nel figlio suo Gesù Cristo, a cui sia gloria e benedizione nei secoli. Amen, Amen [6].


[1] Act. 2, 5.

[2] Cfr. Io. 4, 42.

[3] Matth. 25, 34, 41.

[4] Io. I, 5.

[5] Io. 2, 6.

[6] Cfr. I Io. 5, 20.

 



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