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La morte rivoluzionaria dei martiri


Juan Manuel de Prada

"Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siete figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti". Questo mandato che Gesù ci trasmette nel Discorso della montagna forse è la più improba esigenza che si può far gravare sulle spalle di un essere umano. Come possiamo giungere ad amare fino a questo estremo? Il sacrificio del Golgota è la prova più evidente di questo amore universale che fa "piovere" su tutti gli uomini, anche su coloro che appesero Gesù a un legno, anche su di noi che ogni giorno continuiamo a farlo. Compiere il mandato di amore verso i nemici diviene pertanto la prova massima della imitatio Christi, la più sovversiva e radicale espressione della nostra fede.
I 498 martiri della guerra civile spagnola che saranno oggi beatificati morirono amando quanti strapparono loro la vita. Sono testimoni di questo amore estremo che Gesù ci ha richiesto, testimoni della scandalosa bellezza della fede che professavano. Vi è, in effetti, una sfida e qualcosa di rivoluzionario nella loro morte, qualcosa che interpella l'uomo contemporaneo in modo feroce. Quegli uomini e quelle donne morirono perdonando quanti li uccidevano, morirono amando quanti li uccidevano, sicuri che il loro sangue si sarebbe trasformato in fermento fecondo per quanti, un giorno, nel ricordare la loro morte, sarebbero riusciti a decifrare il loro commovente mistero. Quegli uomini e quelle donne morirono con la gioia di sapersi amati da Colui che stava per accoglierli nel suo grembo, morirono abbracciati allo stesso legno che noi uomini abbiamo innalzato e continuiamo a innalzare ogni giorno per crocifiggere Colui che ci ha redenti con il suo amore. Solo questa identificazione profonda e incrollabile con Gesù spiega il loro sacrificio, e, spiegandolo, lo trasforma in segno universale di generosità e riconciliazione del quale beneficiamo non solo noi cristiani, ma in generale qualsiasi persona che rivolga con occhi puri lo sguardo verso la bellezza profonda di quel gesto. Commemorare quei martiri significa celebrare la possibilità di un futuro di concordia e di perdono che ci includa tutti. Un futuro pasquale, poiché dal seme di quel sangue sparso per amore nasce ogni giorno un raccolto di uomini nuovi, capaci alla fine di esorcizzare l'odio.
Questa è la testimonianza dei martiri: sebbene siamo fatti di fango, una forza sovrumana ci esalta, sebbene attorno a noi la morte passeggi sulla terra, siamo messaggeri di vita. Come Bartolomé Blanco, un giovane cordobese di appena 21 anni, che fa parte di questi 498 martiri che saranno oggi beatificati. Poche ore prima di affrontare i proiettili, Bartolomé scrisse alla sua fidanzata una lettera commovente: "Maruja dell'anima mia, il tuo ricordo mi accompagnerà fino alla tomba e finché vi sarà un battito nel mio cuore, questo palpiterà di amore per te. Dio ha voluto sublimare questi affetti terreni, nobilitandoli quando li amiamo in Lui. Per questo, sebbene nei miei ultimi giorni Dio sia stato mia luce e mio anelito, ciò non toglie che il ricordo della persona più amata mi accompagni fino al momento della morte. Sono assistito da molti sacerdoti che, come balsamo benefico, stanno effondendo i tesori della Grazia nella mia anima, fortificandola; guardo la morte in faccia e in verità ti dico che non mi spaventa né la temo. (...) Ora che mi mancano poche ore per il definitivo riposo, voglio chiederti solo una cosa: che in ricordo dell'amore che abbiamo provato, e che in questo momento sta crescendo, ti prefigga come obiettivo principale la salvezza della tua anima, perché così riusciremo a riunirci per tutta l'eternità in cielo, dove nessuno ci separerà. A quel momento, allora, Maruja dell'anima mia! Non dimenticare che dal cielo ti guardo, e cerca di essere un modello di donna cristiana, poiché alla fine di tutto, a nulla servono i beni e i piaceri terreni, se non riusciamo a salvare l'anima. (...) Sii forte e ricostruisci la tua vita: sei giovane e buona, e avrai l'aiuto di Dio che implorerò dal suo Regno. All'eternità, allora, dove continueremo ad amarci per i secoli dei secoli!".
Con la sua morte, Bartolomé Blanco ha contribuito a far sì che noi uomini continuassimo ad amarci anche sulla terra. La beatificazione di questi testimoni dell'amore che, come Bartolomé, morirono perdonando quanti li uccidevano, coincide con la promulgazione in Spagna di una Legge della memoria storica che semina zizzania perché ha riaperto la ferita del rancore e fatto agitare i fantasmi fratricidi di una battaglia i cui echi continuano a infettare la convivenza degli spagnoli. Contro questi fantasmi s'innalza la testimonianza dei martiri che oggi saranno elevati agli onori degli altari; settant'anni dopo quell'immondo pandemonio di sangue, questi testimoni di Gesù esigono da noi che abbandoniamo il risentimento, esigono da noi che amiamo oltre misura, esigono da noi che portiamo il cielo sulla terra. È, in verità, un mandato sovversivo, una sfida; un mandato così sovversivo e una sfida tale da poter riempire un'intera vita. Volgiamo lo sguardo verso quei testimoni che osarono donare la propria vita per dimostrarci che non si tratta di un compito impossibile; e, nel farlo, scopriremo che il fantasma di Caino fugge umiliato e impaurito, senza un posto nel mondo, fugge per sempre dal nostro cuore, dove non vi sono più nemici.

 

(© L'Osservatore Romano 28/10/2007)