Index   Back Top Print


logo

 

Il valore politico della misericordia

 

di Raniero Cantalamessa
Predicatore della Casa Pontificia

 

Siamo abituati a considerare la misericordia come un sentimento del tutto individuale e "privato" che entra in gioco solo nel rapporto dell'uomo con Dio o con i propri simili. Compresa bene nelle sue implicazioni, essa è, al contrario, il concetto più rivoluzionario e più "politico" che si possa immaginare. Si tratta di applicare alla vita sociale, oltre che a quella individuale, l'idea che ognuna delle grandi religioni ha del proprio Dio, non facendo del Dio in cui si crede un'arma da brandire contro gli altri, ma un modello da imitare.
Misericordia è infatti il tratto che più di ogni altro accomuna il Dio di ebrei e cristiani, il Dio dell'islam e il Dio (o meglio la religione) buddista e che più si presta, perciò, a un dialogo e a una collaborazione tra le grandi religioni per la pace nel mondo. Essere o no misericordiosi è, anzitutto, questione di fedeltà o infedeltà al proprio credo religioso.
Il Dio biblico si presenta a Mosè con le parole "Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di grazia e di fedeltà" (Esodo 34, 6) e tutta la Bibbia è la conferma di questa parola, fino a Gesù che è la suprema rilevazione della misericordia del Padre. Dives in misericordia, "ricco di misericordia", è il titolo scelto da Giovanni Paolo II per la sua enciclica sul Dio della Bibbia.
Ma anche Maometto non predicava soltanto un Dio onnipotente, pronto alla collera e al giudizio. Egli adottò per Dio un appellativo che era già comune in Arabia:  ar-Rahmân "il Misericordioso", e questa parola restò nella formula premessa a ogni sura del Corano:  "Nel nome di Dio, il Misericordioso, il Compassionevole".
Nel buddismo, che non conosce l'idea di un Dio personale e creatore, il fondamento è antropologico e cosmico:  l'uomo deve essere misericordioso per la solidarietà e la responsabilità che lo legano a tutti i viventi. Gli scritti dell'attuale Dalai Lama Gyatso Tenzin trasudano da ogni pagina un grande senso di solidarietà e quasi di tenerezza verso tutti i viventi e suggeriscono anche come calare questa visione nella politica, nell'economia e in tutte le altre realtà della vita; propongono "un'etica di pace e di cura" per il terzo millennio. Anche nell'attuale crisi del suo Tibet, egli sta dando prova di ricerca del dialogo e della soluzione pacifica del conflitto con le autorità cinesi.
Misericordia è una parola latina composta di due altre parole:  misereor "mi impietosisco", e corde "nel cuore". L'idea soggiacente è quella di una persona che, di fronte allo sbaglio e perfino all'offesa dell'altro, non reagisce immediatamente con un giudizio di condanna e la volontà di annientare il nemico, ma si sforza di mettersi nei suoi panni, di valutare le sue ragioni. Del Dio biblico si dice che è misericordioso "perché sa di che pasta siamo fatti".
Proviamo a immaginare cosa succederebbe se ci si sforzasse di trasferire nella pratica politica il grande "valore" della misericordia. Limitandoci a uno dei conflitti più dolorosi in atto da anni nel mondo:  cosa succederebbe se israeliani e palestinesi, anziché pensare solo ai torti subiti cominciassero a pensare anche alle sofferenze dell'altra parte, all'esasperazione in cui spesso sono ridotti? La ricetta opposta a quella della misericordia, e cioè "occhio per occhio, dente per dente", anche nel campo politico e militare ha mostrato di non risolvere niente e di provocare soltanto ulteriore violenza. La misericordia non è un surrogato della verità e della giustizia, ma è una condizione per mettersi in grado di trovarle. Non è un indice di debolezza, ma di forza.
Quello che si dice dei rapporti internazionali, vale anche nei rapporti tra parti sociali, schieramenti e partiti all'interno di ogni nazione e in particolare, in questo momento, della nazione italiana. L'opposto della misericordia è la tendenza, purtroppo così diffusa, a demonizzare e ridicolizzare l'avversario, a respingere le sue ragioni prima ancora di averle valutate. È un atteggiamento profondamente antipolitico oltre che antireligioso, se politica è fare l'interesse della pòlis, dello Stato, e non soltanto del proprio partito. Dante definisce mestamente l'Italia "l'aiuola che ci fa tanto feroci"; la misericordia può trasformala in un aiuola che ci fa tanto... felici. Gesù ha proclamato:  "beati (cioè felici) i misericordiosi!".
La misericordia è per ogni tipo di comunità quello che è l'olio per il motore. Se uno si mette in viaggio su un'auto che non ha neppure una goccia d'olio nel motore, dopo pochi minuti vedrà andare tutto in fiamme. Così è di una comunità umana che vuole fare a meno della misericordia. Come l'olio, anche il perdono scioglie gli attriti, "lubrifica" il meccanismo dei rapporti umani, a tutti i livelli, dalla comunità più elementare che è la famiglia alla più vasta che è la comunità internazionale.

 

(© L'Osservatore Romano 30 marzo 2008)