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Primo maggio nel segno della crisi mondiale

 

Un lavoro dignitoso per tutti

 

di Juan Somavia

Direttore Generale Organizzazione Internazionale del Lavoro, Ginevra


La situazione nel mondo del lavoro è motivo di ansia e di agitazione anche mentre ci accingiamo a celebrare il primo maggio di quest'anno. I mercati finanziari sono in tumulto e la loro attuale condizione minaccia la stabilità e il progresso del lavoro. Le recenti previsioni economiche indicano infatti per quest'anno e per il prossimo un forte rallentamento della crescita globale.
Numerose economie stanno affrontando il persistere della povertà. Sebbene quest'ultima stia diminuendo in alcuni luoghi, quattro persone su cinque vivono ancora in Paesi in cui il divario fra i redditi si fa sempre più ampio.
Gli impieghi stanno divenendo sempre più precari negli uffici, nelle fabbriche e nelle aziende agricole. Sebbene vengano creati milioni di nuovi posti di lavoro, essi sono spesso di pessima qualità. Per esempio, una delle occupazioni a più rapida crescita è in questo momento quella dei venditori ambulanti.
Il luogo di lavoro rimane pericoloso per la vita e per la salute. Ogni anno, milioni di persone muoiono, si ammalano o si feriscono sul lavoro. Anche il cambiamento climatico sta portando a una grave disgregazione delle attività economiche e sociali.
E ora un'altra crisi si profila all'orizzonte. La stabilità economica di molti Paesi è messa a repentaglio dai vertiginosi aumenti dei prezzi del riso o di altri alimenti base. La crisi dei prezzi dei generi alimentari colpisce soprattutto i più poveri, minando la stabilità degli Stati e minacciando milioni di persone con lo spettro della povertà e della fame.
Due anni fa, Benedetto XVI affermò che il lavoro è di primaria importanza per la "realizzazione personale e per il progresso della società. Per questo, è necessario che sia sempre organizzato e sviluppato nel pieno rispetto della dignità umana e al servizio del bene comune".
Mai come in questo momento l'imperativo di unire le forze per il bene comune è stato tanto importante. Il corso attuale della globalizzazione non sembra infatti essere di beneficio per la maggioranza. Un recente sondaggio su scala globale ha indicato che oltre tre persone su cinque nel mondo ritengono che costi e benefici dello sviluppo economico non siano distribuiti equamente. Più della metà delle persone interpellate ritiene quindi che la globalizzazione stia avanzando troppo rapidamente lasciandole indietro.
Tuttavia, le preoccupazioni relative all'economia vanno oltre le recessioni e i rallentamenti congiunturali. Lo si percepisce anche attraverso i titoli dei giornali e nelle trasmissioni televisive. L'incertezza e l'insicurezza alimentano l'infelicità e la frustrazione. Invece che appagata e sicura la voce della società diviene sempre più ansiosa e controversa.
È oggi quanto mai necessario trovare un equilibrio fra l'istanza democratica espressa dalla società, la dinamica produttiva dei mercati e la funzione di regolamentazione dello Stato. Otto anni fa, a Roma, in occasione del Giubileo dei lavoratori, ho avuto l'onore di parlare della necessità di formare una coalizione globale per un lavoro dignitoso. Da allora, l'Agenda per il lavoro dignitoso dell'Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) è divenuta uno strumento per rimodellare gli elementi fondamentali della globalizzazione. Ciò si deve ottenere promuovendo i diritti dei lavoratori e combattendo gli abusi; sostenendo iniziative per creare occupazione, assorbire il lavoro informale e promuovere la crescita; creando fondamenta solide per l'espansione dei sistemi di sicurezza sociale e una base sociale adeguata alle realtà di ogni Paese; promuovendo il dialogo sociale e l'istituzione di organismi atti a risolvere i problemi e a trovare soluzioni ai conflitti.
L'Agenda per il lavoro dignitoso dell'Ilo riconosce che, ovunque, le persone desiderano un lavoro decoroso per tutti. Un lavoro che offra opportunità ai giovani e alle donne. Un lavoro che promuova iniziative sostenibili, produttività e competizione. Che contribuisca all'aumento e al miglioramento della produttività agricola. Che riduca la povertà e contribuisca al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio. Che significhi occupazioni di qualità per contrastare l'impatto del cambiamento climatico. Che crei una forte base sociale per quelle opportunità tramite cui le persone potranno soddisfare le proprie aspirazioni. In altre parole un lavoro dignitoso per tutti.
Tutto questo è possibile soltanto se il lavoro viene posto al centro della politica sociale e "organizzato e sviluppato nel pieno rispetto della dignità umana e al servizio del bene comune". Affinché ciò si verifichi, è necessario rafforzare il dialogo sociale fra Governi, lavoratori e datori di lavoro per delineare insieme gli orientamenti futuri e instaurare un clima di fiducia sulla base del quale raggiungere i compromessi necessari.

 

(© L'Osservatore Romano 2 maggio 2015)