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L'immigrazione come valore economico e sociale

 

di Ettore Gotti Tedeschi


Per affrontare il tema dell'immigrazione è auspicabile un piano strategico e organizzativo. Prescindendo dagli aspetti relativi ai flussi clandestini e alla criminalità - che vanno risolti attraverso trattati e leggi, come avviene per esempio in Germania - la questione si presta a tre ordini di valutazione, due economici e uno sociale. È infatti necessario stabilire quanto il flusso immigratorio sia necessario per ripristinare l'equilibrio previdenziale del Paese ospitante (soprattutto per le pensioni), quanto sia dovuto a esigenze insoddisfatte di mano d'opera, senza la quale un Paese non sopravvivrebbe, quanto infine sia attribuibile a criteri di solidarietà.
Riguardo al primo punto si ha l'impressione che in alcuni Paesi europei la necessità di immigrazione per raggiungere valori sufficienti a riequilibrare il deficit di nascite - e perciò di popolazione attiva capace e disposta entro il prossimo quindicennio a pagare le pensioni alla popolazione non più attiva - sia stata sottostimata anche di qualche milione di persone.
Riguardo al secondo punto, per esempio in Italia si è ormai capito che senza le collaboratrici familiari e i lavoratori manuali per le imprese del nord il Paese avrebbe gravi difficoltà. Gli immigrati impiegati nelle aziende del meridione fanno inoltre comprendere che spesso il lavoro non manca, se non viene sostituito da artificiali alternative assistenzialistiche, dannose e diseducative.
Il tema della solidarietà merita poi una riflessione approfondita. In tempi di migrazioni, essa deve infatti dirigersi verso le popolazioni perseguitate e affamate che cercano rifugio, ma deve tenere conto anche della fascia più debole della popolazione del Paese che accoglie.
In alcuni Paesi europei si è studiata e si sta sperimentando la possibilità di gestire il fenomeno migratorio secondo elementi che potrebbero assicurare benefici sia per la popolazione immigrante sia per il Paese che la riceve. Ciò può avvenire disegnando una mappa strategica di immigrazione basata su legami culturali e linguistici e su rapporti economici di reciprocità. In base a questi criteri - che ovviamente devono combinare le libertà individuali con le esigenze di una maggiore integrazione, anche culturale - la Spagna potrebbe ad esempio favorire l'immigrazione dai Paesi latinoamericani; la Germania quella dai Paesi dell'Est europeo, la Francia l'immigrazione dall'Africa settentrionale, e così via.
Per altri Paesi questa integrazione privilegiata potrebbe essere favorita puntando piuttosto sui valori condivisi. Può ad esempio essere il caso di quelle popolazioni, soprattutto africane, che per diversi motivi storici non sono ora lontane dalle culture e dalle lingue europee. Queste popolazioni rappresentano un potenziale immigratorio elevato e prezioso che permetterebbe di realizzare una politica di inserimento più facile e reciprocamente arricchente.
Questa soluzione avrebbe inoltre in sé una potenziale sinergia strategica perché potrebbe risolvere il problema di aiuto economico imprenditoriale ai Paesi di origine, grazie al possibile successivo ritorno dell'immigrato in patria. Si tratta in definitiva di un legame privilegiato tra Nazioni, da realizzare con scelte coraggiose e concrete. Ciò potrebbe inoltre concorrere a risolvere i problemi - oggi difficilmente risolvibili - di molti Paesi, soprattutto dell'Africa, che rischiano di diventare vittime di un nuovo colonialismo. Questa volta asiatico.

 

(© L'Osservatore Romano 5 giugno 2008)