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Dopo l'incontro del Papa con il clero di Bressanone

 

Quell'arte «normale» che coglie
la verità attraverso la bellezza

 

di Marcello Filotei


È facile essere Mozart per trentacinque anni, difficile è sentirsi Salieri per settantacinque. Forse non tutti si sono accorti che anche di questo ha parlato Benedetto XVI nel colloquio con il clero della diocesi di Bolzano-Bressanone quando ha sottolineato come "la musica nata nella Chiesa sia un rendere udibile e percepibile la verità della nostra fede:  dal gregoriano alla musica delle cattedrali fino a Palestrina e alla sua epoca, fino a Bach e quindi a Mozart e Bruckner e così via ... Ascoltando tutte queste opere - le Passioni di Bach, la sua Messa in si bemolle e le grandi composizioni spirituali della polifonia del XVI secolo, della scuola viennese, di tutta la musica, anche quella dei maestri minori - improvvisamente sentiamo:  è vero! Dove nascono cose del genere, c'è la Verità. Senza un'intuizione che scopra il vero centro creativo del mondo, non può nascere tale bellezza".
Arrivare primi, avere un talento che spazza via qualsiasi critica, è facile, troppo facile. Difficile è fare ogni giorno la propria parte, mettendo a frutto le proprie capacità, ottime magari, superiori alla media, ma prive di quello spunto creativo che non ammette ripensamenti.
"Dio ha ucciso Mozart perché non fosse intaccato da nemmeno un barlume di mediocrità e ha costretto me ad assistere al mio disfacimento. La mia musica che diventa ogni istante più sbiadita". Così osserva il Salieri dipinto da Milos Forman nel suo Amadeus, ma sbaglia. Sbaglia di grosso perché attraverso la capacità di mettere a frutto il proprio talento, per limitato che sia, ogni artista tende alla verità attraverso la ricerca della bellezza oppure vive autenticamente il dubbio che lo accompagna. Salieri - che di talento ne aveva da vendere - è stato un artista vero poiché ha saputo rispondere alla necessità interiore che lo animava, dando fondo alle proprie capacità. Senza infingimenti, completamente immerso nel suo tempo, interpretando la realtà che lo circondava con onestà intellettuale.
Anche per questo Benedetto XVI, ponendo l'accento sulla grande musica che rende percepibile la verità, non dimentica di ricordare i "maestri minori", capaci a volte di quell'intuizione che porta a lambire la bellezza. Al tempo stesso, auspicando che la fede torni a "essere creativa anche nel nostro tempo e a esprimersi in una forma artistica convincente", il Papa pone l'accento sulla questione fondamentale:  il difficile rapporto tra modernità e Chiesa in ambito artistico.
C'è chi pensa che manchino i geni, ma più probabilmente mancano i mediocri, quanti, cioè mettono, onestamente, in gioco se stessi misurandosi con questioni che spesso li sovrastano. Manca chi si rifiuta di cercare scorciatoie anche quando non conosce la strada principale. Manca chi rinuncia a ritorni al passato, anche quando non ha la forza di proiettarsi nel futuro. Manca quell'humus intellettuale "normale" sul quale il genio è capace di innestare la propria scintilla creativa.
Molti, mediocri nelle intenzioni più che nelle qualità, temono di sottoporre il sacro al filtro dei moderni linguaggi artistici. Ma se "Cristo stesso non esita a presentarsi in termini lontani da ogni possibilità figurativa, identificandosi come "via", "verità", "vita"", così anche "l'arte che si riferisce a Cristo, può benissimo rivestire di forma e colore anche le parole più "astratte" del Salvatore", ha spiegato Timothy Verdon.
Il processo è già avviato nelle arti figurative, molto meno in musica, soprattutto per mancanza di autori "normali" e onesti. Come Salieri, capace, nell'ultima scena del film di Forman, di salutare con un'invocazione che consente a ciascuno di svolgere  il  proprio  lavoro  con umiltà e serenità:  "mediocri, ovunque voi siate io vi assolvo, io vi assolvo tutti".

 

(© L'Osservatore Romano 10 agosto 2008)