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Il cardinale Canestri ricorda il viaggio di Giovanni Paolo II in Sardegna nel 1985

Incontrare il Papa è un gesto di fede
e un richiamo alla solidarietà


di Gianluca Biccini

La visita di Benedetto XVI a Cagliari richiama nei fedeli dell'arcidiocesi il ricordo di quella compiuta da Giovanni Paolo II dal 18 al 20 ottobre 1985. Allora ad accogliere il Papa fu l'arcivescovo Giovanni Canestri, oggi cardinale novantenne. In quest'intervista il porporato ripercorre alcune tappe del suo lungo itinerario di servizio alla Chiesa soffermandosi in particolare sulle esperienze nel capoluogo sardo e sugli inizi del suo ministero nella città eterna.

Il 22 marzo 1984 Giovanni Paolo II nominava Giovanni Canestri, allora vicegerente di Roma, arcivescovo di Cagliari. Quali avvenimenti hanno segnato gli anni del suo governo pastorale?

Due su tutti:  la visita di Papa Wojtyla alle Chiese di Sardegna e l'avvio della fase preparatoria del Concilio plenario delle Chiese particolari dell'Isola. Ho ancora negli occhi e nel cuore il ricordo della visita e della concelebrazione sulla spianata della Basilica di Bonaria. Per la diocesi e per la Sardegna, incontrare il Papa è stata un'avventura esaltante e commovente, che ha scosso e accarezzato e ha fatto tanto bene al cuore e alla mente. Incontrare il Papa:  per i credenti è stato e sarà anche domenica 7 settembre, un atto di fede. Per gli smarriti è stato e sarà un invito alla speranza. Per tutti è stato e sarà un richiamo alla solidarietà. Non dubito che anche questa volta la gioventù della Sardegna sarà protagonista accanto a Benedetto XVI che ama sempre circondarsi di giovani, ai quali comunica l'essenza della verità che è Cristo.
Sono certo che la visita del Pontefice a Cagliari metterà in evidenza la grande fede e l'amore alla Chiesa di tutta la Sardegna.

Dopo gli studi a Roma, dove nel 1941 ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale dalle mani di monsignor Traglia, il giovane don Canestri è stato viceparroco alla Garbatella e a Pietralata, poi per nove anni a San Giovanni Battista de Rossi, nel quartiere Appio-Latino; quindi parroco dei Santi Ottavio e Compagni Martiri nella borgata Ottavia e nella comunità di Santa Maria Consolatrice a Casalbertone. Come si viveva nelle periferie romane durante il secondo conflitto mondiale e nel dopoguerra?

Ricordo che si soffriva la fame e che nella parrocchia di San Giovanni Battista de Rossi si distribuivano ottomila minestre al giorno. In quei tempi c'erano fame e paura, ma questo non impediva che con i giovani si programmassero recite, cantate, gite in montagna:  Sant'Oreste, il Terminillo, il Gran Sasso, il Monte Rosa e al contempo impegno di testimonianza, di apostolato, di coraggio, di libertà, di gioia. Si promuovevano le gare di cultura religiosa e il servizio alla catechesi che confermavano gli ideali di fede. La gente aveva molta fiducia nel sacerdote, la frequenza alla messa e ai sacramenti era molto alta.
In anni che potevano sembrare precari, abbiamo avuto la gioia e la fierezza di vedere costruire tante nuove chiese nelle periferie a motivo dell'incremento demografico.

Lei è stato anche impegnato come direttore spirituale nel Seminario romano maggiore e nel primo Sinodo diocesano, soprattutto alla Commissione incaricata di approfondire il tema della formazione della gioventù. Un argomento caro a Benedetto XVI che lo ha rilanciato con la lettera alla diocesi di Roma sul compito urgente dell'educazione.

"Non amerò mai a sufficienza":  questo programma pastorale mi ha accompagnato in tutte le fasi della mia vita sacerdotale e in particolare nella seppur breve e delicata missione di direttore spirituale nel Seminario maggiore.
Cercando di vivere e di insegnare quanto ha scritto sant'Agostino in Ioannis Evangelium Tractatus, 74, 2:  "Colui che ama ha lo Spirito Santo e, avendolo, merita di averne di più, e più lo ha, più ama" ho toccato con mano come la grazia del Signore entri nelle anime e le trasformi. Educare non è mai stato facile e oggi sembra diventare sempre più difficile, tanto che si parla di "grande emergenza educativa". I miei maestri e l'esperienza mi hanno insegnato che il programma pastorale che poggia tutto sulla bontà è infallibile perché evangelico.

Prima della nomina a vescovo lei è stato anche esaminatore apostolico del clero romano, insegnando nel contempo religione in vari istituti superiori della città. Erano tempi di fermento sia tra i preti sia tra gli studenti.

Appassionato di lettura e di libri, so di non mentire se confesso che ne ho letti tanti, ma molto maggiore è stato il numero delle anime giovanili che ho letto scrutando migliaia di occhi:  sereni o torbidi, pacifici e aggressivi, limpidi e scuri, intelligenti e spenti, rassegnati o volitivi, indifferenti o entusiasti, fiduciosi o sconfitti, angosciati o lieti.
Anime così diverse che si rispecchiano negli occhi così diversi. E così diversi i destini:  nella stessa classe del Liceo Albertelli, vicino alla Basilica di Santa Maria Maggiore, c'erano un futuro viceparroco di Santa Maria Mater Ecclesiae a Tor di Valle e un futuro direttore dell'"Unità". Entrambi a me carissimi.
Per educare la gioventù ci si prefigge di condurre alla Verità e sant'Agostino esorta nel De Vera Religione, al numero 39:  "Non andare fuori di te stesso, ritorna in te stesso. Nell'uomo interiore abita la verità:  e se vi troverai la tua natura mutevole, trascendi anche te stesso". Non è questo lo scopo della vera educazione?
Erano tempi nuovi proposti e lanciati anche dal beato Giovanni XXIII.

E proprio Papa Roncalli l'ha nominata ausiliare del cardinale vicario di Roma, con l'incarico della cura pastorale del settore est. Erano gli anni del Concilio Ecumenico Vaticano II.

Ho avuto la grazia e il privilegio di partecipare a tutte le sessioni:  come non commuoversi per l'esperienza della universalità e della giovinezza della Chiesa? Riandare con la memoria ai giorni di attesa del Concilio a Roma vuol dire rivivere ansie mai sopite di rinnovamento; ripensare alle emozioni della celebrazione solennissima dell'apertura, presieduta dal grande ideatore Giovanni XXIII, significa rivedermi giovane vescovo ausiliare con gli occhi grondanti di stupore per la giovinezza millenaria della Chiesa e con il cuore traboccante e straripante di dolcezza per la comunione trinitaria ed ecclesiale che si proponeva e si imponeva in quella mirabile assemblea di fratelli vescovi convocati, cum et sub Petro, dallo Spirito di Gesù per la gloria del Padre e per la salvezza degli uomini.