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Le nuove rotte del petrolio

Cosa cerca Pechino
in Medio Oriente

di Luca M. Possati

La necessità di sostenere una crescita economica dai ritmi impressionanti sta costringendo il colosso cinese ad aprire nuovi canali, con un obiettivo preciso:  trovare risorse energetiche. Una necessità imposta anche dall'attuale instabilità del prezzo del greggio, in parte riflessso di una crisi interna all'Opec, il cartello che controlla il 40 per cento della produzione petrolifera mondiale.
Proprio per questo, Pechino ora guarda al Medio Oriente. Negli ultimi anni, il rapporto con i Paesi arabi si è trasformato in modo radicale. La potenza asiatica ha assunto poco per volta un ruolo sempre più importante quale punto di riferimento economico e commerciale. Se infatti molti Paesi trovano in essa un sostegno alternativo agli Stati Uniti e all'Unione europea, a sua volta Pechino vede nel Medio Oriente uno spazio strategico per il suo crescente bisogno di petrolio.
Un tale interesse reciproco - rilevano gli osservatori - non potrà non avere ripercussioni sugli equilibri, non solo economici, dell'area. È evidente che, sul piano strettamente energetico, un ruolo cinese in Medio Oriente fa paura ai concorrenti europei e statunitensi, che vedono in Pechino un diretto rivale. Tuttavia, la stabilità politico-militare dell'area è una premessa essenziale per il commercio petrolifero di entrambe le parti.
I principali esportatori di greggio verso le rotte cinese - che dal 2003 è il secondo Paese consumatore al mondo - sono attualmente l'Arabia Saudita e l'Iran, con i quali Pechino si è impegnata in investimenti e progetti bilaterali nel settore. Significativi sono anche i rapporti economici con il Sudan e soprattutto con l'Egitto. Molto strette, inoltre, le relazioni con l'Iraq. A suo tempo, le autorità di Pechino si opposero nettamente all'intervento americano del 2003 e aprirono subito dopo relazioni diplomatiche con il nuovo corso del dopo Saddam Hussein. Oggi il colosso asiatico è uno dei principali investitori nello sfruttamento dei giacimento di petrolio iracheni.
Fatto di non minore importanza è che la Cina intrattiene relazioni diplomatiche anche con Israele, in particolare nel settore della tecnologia agricola e militare. Questo potrebbe assegnarle un ruolo di mediatore non secondario nella stabilizzazione.
Al momento, si stima che la Cina importi 140 milioni di tonnellate di petrolio all'anno, di cui il 75 per cento passa attraverso lo Stretto di Malacca. Tuttavia, l'insicurezza di quest'ultimo a causa della pirateria ha costretto Pechino alla ricerca di una via alternativa nel Mekong, il fiume che nasce sull'altopiano del Tibet, attraversa lo Yunnan e poi corre per 4.880 chilometri lungo i confini di Myanmar, Laos e Thailandia, attraverso Cambogia e Vietnam, dove sfocia nel Mar cinese meridionale. Sin dal marzo 2006, la Cina ha ottenuto da vari Paesi il permesso di trasportare almeno 1.200 tonnellate di greggio al mese. Ma sono in corso trattative per aumentare il carico delle navi. Questo ha scatenato numerose proteste da parte dei gruppi ambientalisti, secondo i quali gli accordi sarebbero stati stretti senza preoccuparsi delle popolazioni che vivono lungo il fiume. Gli esperti sostengono che, oltre al Mekong, l'obiettivo di Pechino è quello di realizzare un grande oleodotto dal porto di Sittwe, in Myanmar, nella Baia di Bengala, fino a Kunming, capitale dello Yunnan.
La progressiva infiltrazione cinese nelle rotte petrolifere mediorientali preoccupa senza dubbio l'Occidente e in particolare gli Stati Uniti. Il continuo flusso di capitali nell'area ha spinto parte dei media arabi a caldeggiare un ruolo sempre più attivo del colosso asiatico nelle politiche dell'area. Secondo gli analisti, Washington non gradirebbe invece un tale avvicinamento, a causa dei rapporti di collaborazione di Pechino con Teheran. Inoltre, diversi Paesi hanno accusato la Cina di vendere armi all'Iran e alla Siria.
Nei prossimi anni, in vista di un ulteriore incremento del suo commercio petrolifero, per Pechino sarà decisivo lo sviluppo dei rapporti soprattutto con Arabia Saudita, uno dei principali membri dell'Opec.
Se i cinesi hanno bisogno di petrolio, i Paesi arabi hanno crescenti necessità di sviluppare un moderno sistema di infrastrutture, trasporti, educazione e sanità, e la Cina si propone in questo senso come un partner strategico della massima rilevanza.

 

(© L'Osservatore Romano 26 settembre 2008)