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I giovani
e la crisi globale


di Leonardo Becchetti

Negli anni ottanta l'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro in Europa era particolarmente difficile. La difficoltà veniva però compensata, una volta assunti, da una relativa stabilità occupazionale - almeno nel pubblico, nel sistema bancario e nelle grandi imprese. Oggi la condizione dei giovani è cambiata. E non in meglio. Una grande varietà di forme contrattuali di lavoro a tempo determinato e flessibile hanno reso più facile l'ingresso nel mondo del lavoro ma hanno aumentato anche i tempi di permanenza in una dimensione di precarietà e in una situazione economica non in grado di attivare risparmio. È nata una "società liquida", descritta da Zygmunt Bauman, che crea una vita di relazioni, anche lavorative, altrettanto instabile, con elevati costi umani e sociali.
Nel quadro di una stagnazione strutturale che ha ridotto per tutti la possibilità di arricchimento, i principali Paesi dell'Europa continentale hanno dimostrato maggiore capacità di resistenza grazie ai loro risparmi. Mentre i Paesi anglosassoni consumavano più del loro reddito, in Italia e Germania si è avuta una maggiore tenuta sociale di fronte alla crisi finanziaria globale grazie alla minore quota di debito delle famiglie rispetto al reddito e grazie alla ricchezza pensionistica. Non è però possibile, soprattutto per i giovani, vivere di rendita sui risparmi del passato che, ovviamente, tendono a esaurirsi.
È invece necessario riformare il mercato del lavoro coniugando flessibilità e sicurezza, rendendo uguale per tutti (dipendenti di piccole e di grandi imprese) il trattamento di disoccupazione e di riqualificazione professionale, costruendo nuove forme contrattuali che assicurino una stabilità crescente di fronte al continuo aumento dell'anzianità di lavoro. Il sistema economico, tuttavia, non è solo fatto di destini ineluttabili cui adattarsi, ma anche di opportunità.
Se si vuole far aumentare le risorse a disposizione e allargare le prospettive per le giovani generazioni bisogna, tra l'altro, aumentare la capacità di valorizzare le energie della società civile trovando forme sempre nuove per coniugare il valore economico con il valore sociale e ambientale. Premiando la sussidiarietà e ricordando, nel dibattito sul rapporto tra Stato e mercato, che la terza forza del "privato sociale" - le organizzazioni di terzo settore, le imprese sociali - già opera nel welfare, concorrendo con il pubblico nella qualità nei servizi e con il privato nei costi.
È opportuno inoltre sottolineare, in coerenza con i risultati degli studi economici sulle motivazioni, che le persone non sono macchine da lavoro e che la loro produttività non dipende soltanto dal know how (il saper fare) ma anche e primariamente dal know why, cioè dalle motivazioni e dalla comprensione dei traguardi a cui mira l'azione che si compie. Una parte della soluzione del problema dell'occupazione giovanile parte pertanto dai giovani stessi.
L'osservazione di chi si trova da tempo al crocevia tra università e mondo del lavoro è che solo quella minoranza di studenti fortemente motivati e decisi è preparata a superare le difficoltà di questi tempi. In un sistema globale che premia le eccellenze diventa ancora più urgente scoprire il proprio talento, approfondire le motivazioni delle proprie scelte e investire in maniera decisa nella formazione. Andando in profondità si scopre che la sorgente in grado di alimentare in modo costante e permanente lo sforzo maggiore oggi richiesto per accedere a una posizione stabile è il valore umano e sociale dell'attività che si intraprende. Un valore che si scopre sia scegliendo attività ricche di significato, sia esplorando il senso profondo della dimensione del lavoro.
In questo è possibile coniugare le esigenze del sistema socioeconomico con la sollecitazione di Benedetto XVI che invita a educare i giovani a "valori quali la sobrietà, la solidarietà e la responsabilità per sconfiggere l'individualismo e gli interessi di parte e difendere il bene di tutti". Riguardo ai giovani che faticano a entrare nel mondo del lavoro è quindi importante ragionare non soltanto in termini di capacità produttiva non pienamente utilizzata, ma anche di capacità di soddisfazione di vita non pienamente sfruttata, sapendo che la seconda è in grado di alimentare la prima. Il traguardo è giungere a far coincidere motivazione interiore, vocazione personale, creazione di valore per la società e soddisfazione di vita. Un traguardo ambizioso dove la realizzazione dell'individuo apre nuove strade per la collettività.

 

(© L'Osservatore Romano 16 gennaio 2009)