Index   Back Top Print


logo

 

La festa dei santi Pietro e Paolo nella tradizione bizantina

Ali della conoscenza di Dio
e braccia della croce


di Manuel Nin

La festa degli apostoli Pietro e Paolo è celebrata il 29 giugno in tutte le Chiese cristiane d'oriente e occidente, e in alcune tradizioni orientali è preceduta da un digiuno di durata variabile che inizia il lunedì dopo la domenica di Tutti i santi, successiva a Pentecoste. Collegata alla festa, è il giorno seguente la celebrazione dei Dodici apostoli, testimoni di Cristo e predicatori del Vangelo.
L'iconografia rappresenta l'abbraccio fraterno tra Pietro e Paolo, o i due apostoli che sorreggono la Chiesa. I tratti sono quelli tradizionali:  Pietro con capelli ricci, fronte bassa e barba corta e tonda; Paolo calvo, con la fronte alta, la barba lunga e liscia. Questa fedeltà permette di riconoscerli nelle icone della Pentecoste, della Dormizione della Madre di Dio e della comunione degli apostoli, dove Cristo su un lato dà il suo corpo a Pietro e a cinque apostoli, e sull'altro porge il calice con il suo sangue a Paolo e ad altri cinque apostoli. Queste icone, dalla chiara simbologia, vogliono sottolineare il ruolo centrale dei due apostoli nella vita della Chiesa.
L'ufficiatura vespertina celebra i due apostoli come "primi tra i divini araldi", "bocche della spada dello Spirito", strumenti dell'opera di salvezza che Cristo porta a termine:  "Essi sono le ali della conoscenza di Dio che hanno percorso a volo i confini della terra e si sono innalzate sino al cielo; sono le mani del vangelo della grazia, i piedi della verità dell'annuncio, i fiumi della sapienza, le braccia della croce".
Per entrambi il martirio è la meta per raggiungere Cristo:  "L'uno, inchiodato sulla croce, ha fatto il suo viaggio verso il cielo, dove gli sono state affidate da Cristo le chiavi del regno; l'altro, decapitato dalla spada, se ne è andato al Salvatore". Pietro è invocato anche come "sincero amico di Cristo Dio nostro", e Paolo come "araldo della fede e maestro della terra". L'innografia li collega a Roma, dove resero la loro testimonianza, "stupendi ornamenti" della città:  "O Pietro, pietra della fede, Paolo, vanto di tutta la terra, venite insieme da Roma per confermarci".
Nel mattutino Pietro è celebrato come "primo", "capo della Chiesa e grande vescovo", ma anche teologo in quanto ha confessato Gesù come Cristo:  "Sulla pietra della tua teologia, il sovrano Gesù ha fissato salda la Chiesa". Il pescatore viene paragonato al mercante in cerca di perle preziose:  "Lasciato, o Pietro, ciò che non è, hai raggiunto ciò che è, come il mercante:  e hai realmente pescato la perla preziosissima, il Cristo". E la Pasqua è per lui manifestazione del risorto e perdono:  "A te che eri stato chiamato per primo e che intensamente lo amavi, a te come insigne capo degli apostoli, Cristo si manifesta per primo, dopo la risurrezione dal sepolcro. Per cancellare il triplice rinnegamento il sovrano rinsalda l'amore con la triplice domanda dalla sua voce divina".
Paolo invece è presentato come predicatore e maestro, chiamato a portare alle genti il nome di Cristo:  "Tu hai posto come fondamento per le anime dei fedeli una pietra preziosa, angolare, il Salvatore e Signore". Il suo essere portato fino al terzo cielo significa il dono della professione di fede trinitaria:  "Levato in alto nell'estasi, hai raggiunto il terzo cielo, o felicissimo, e, udite ineffabili parole, acclami:  Gloria al Padre altissimo e al Figlio sua irradiazione, con lui assiso in trono, e allo Spirito che scruta le profondità di Dio". E verso la Chiesa svolge il ruolo di chi la porta a Cristo:  "Tu hai fidanzato la Chiesa per presentarla come sposa al Cristo sposo:  sei stato infatti il suo paraninfo, o Paolo teoforo; per questo, com'è suo dovere, essa onora la tua memoria".
Insieme, Pietro e Paolo sono "i primi corifei", cioè coloro che occupano il primo posto e "i primi nella dignità" (prototroni). Per "intercedere presso il sovrano dell'universo perché doni alla terra la pace, e alle anime nostre la grande misericordia".

 

(© L'Osservatore Romano 28 giugno 2009)