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Iniziativa di Gran Bretagna e Francia

Insieme alla Santa Sede
per un trattato sul commercio delle armi


di David Miliband e Bernard Kouchner
Ministri degli Esteri britannico e francese

Una delle grandi tragedie dei nostri tempi è la diffusione incontrollata di armi, spesso provenienti da mercati illegali, a volte in violazione di embarghi internazionali. Fino a mille persone al giorno, per lo più donne e bambini, vengono uccise da queste armi, la maggior parte nei Paesi più poveri del mondo. Queste armi alimentano il conflitto, disgregano le società e impediscono alle famiglie di emergere dalla povertà. È urgente imperativo morale affrontare un problema globale di cui si sta perdendo il controllo.
Un passo cruciale sarà quello di negoziare un trattato sul commercio delle armi a livello mondiale. Dal 2006 Gran Bretagna e Francia cooperano strettamente per promuovere l'idea di un trattato di questo genere alle Nazioni Unite. Un trattato sul commercio delle armi riunirebbe le tessere dell'attuale mosaico di sistemi nazionali e regionali che regolano le esportazioni di armi. Sono le lacune in questi sistemi e la loro mancanza di coesione e di coerenza ad avere permesso il sorgere di mercati illegali di armi.
Stiamo facendo buoni progressi. Nel luglio di quest'anno, per la prima volta, alcuni Paesi hanno concordato formalmente sul fatto che il commercio internazionale di armi convenzionali senza regole stava causando un problema globale. E il 30 ottobre, una schiacciante maggioranza di Paesi ha votato a favore dell'adozione di un chiaro scadenzario per elaborare un trattato. In particolare, accogliamo con favore l'annuncio fatto il 14 ottobre da Hillary Clinton che gli Stati Uniti sosterranno un trattato. È la prima volta che gli Stati Uniti prendono una simile posizione.
Secondo il piano concordato presso le Nazioni Unite il 30 ottobre, i Governi hanno stabilito di incontrarsi nel 2010 e nel 2011 per preparare un'importante conferenza diplomatica nel 2012 che, speriamo, definirà un trattato. Negoziare le disposizioni precise di un trattato sul commercio delle armi è probabilmente un processo complesso. Sappiamo bene di volere un trattato dagli standard più alti possibili, per garantire la tutela della vita e della dignità, e lo vogliamo il prima possibile. Ma le questioni sono tecnicamente difficili e bisogna soddisfare le esigenze di tutti i 197 Stati membri delle Nazioni Unite.
I Governi avranno inevitabilmente un ruolo guida nel negoziare il contenuto del nuovo trattato. Ma la diplomazia moderna non riguarda soltanto funzionari che lavorano all'interno di organizzazioni internazionali. Essa deve anche garantire che il processo decisionale rifletta le opinioni di una società globale sempre più interdipendente e ben informata.
Per questo i gruppi della società civile devono svolgere un ruolo vitale se dobbiamo davvero raggiungere l'obiettivo di un trattato sul commercio delle armi che sia universale ed efficace. Nel corso della storia le considerazioni morali hanno spesso modificato l'orientamento verso un'azione politica e sociale e sono state l'impulso al cambiamento. Oggi non è diverso.
Nei tre anni che ci separano dalla conferenza diplomatica dobbiamo mantenere il nostro slancio e persuadere quanti nutrono dubbi sul trattato sul commercio delle armi. È vitale per quanti hanno a cuore la questione morale assicurarsi che questo processo abbia successo. Collaboreremo con una vasta gamma di ong, gruppi religiosi e attivisti indipendenti, che hanno tutti espresso il proprio sostegno al trattato, per garantire che le loro voci vengano opportunamente ascoltate.
Questi gruppi hanno reti di base mondiali, che parlano in modo unico al di là delle culture, delle lingue e delle Nazioni. Sono stati importanti nel mettere la riduzione del debito in cima all'agenda del g8, attraverso le campagne Make Poverty History e Jubilee Debt. Il Regno Unito e la Francia hanno collaborato a stretto contatto con le ong, con i gruppi religiosi e con gli attivisti per garantire la Convenzione sulle munizioni a grappolo dello scorso anno, sottoscritta ormai da più di cento Paesi. Gli stessi gruppi possono svolgere ora un ruolo importante per rendere il trattato sul commercio delle armi una priorità internazionale.
La Santa Sede ha svolto un ruolo vitale nel contribuire a creare il consenso per arrivare alla convenzione sulle munizioni a grappolo ed è stata tra i primissimi firmatari. Ora speriamo di poter collaborare a stretto contatto con la Santa Sede per questo nuovo trattato. Non dovremmo lasciarci sfuggire questa opportunità.

 

(© L'Osservatore Romano 11 novembre 2009)