Index   Back Top Print


logo

 

Il confronto tra Putin e Medvedev

Guerra e pace


di Giuseppe M. Petrone

Mancano ancora più di due anni alle prossime presidenziali, ma la corsa al Cremlino sembra già iniziata, aprendo scenari imprevedibili:  il presidente russo, Dmitri Medvedev, ha infatti annunciato che potrebbe ricandidarsi nel 2012. Tutti davano invece per scontato un ritorno alla presidenza dell'attuale premier, Vladimir Putin, il quale potrebbe rimanere in carica per un totale di dodici anni (equivalenti a due mandati dopo l'allungamento del mandato presidenziale da quattro a sei anni). L'annunciata candidatura di Medvedev si profila in questo senso come un tentativo di affrancamento da parte del leader del Cremlino nei confronti del suo ex mentore.
"Tempo fa - ha detto recentemente Medvedev - non avevo intenzione di correre per la presidenza, ma il destino ha decretato diversamente. Perciò non faccio piani troppo in anticipo e non escludo nulla". Una risposta a distanza a quanto aveva dichiarato Putin, il quale aveva assicurato che con Medvedev si sarebbe messo d'accordo "perché siamo dello stesso sangue e sulla medesima lunghezza d'onda". Entrambi di San Pietroburgo vengono però da due realtà completamente diverse:  il premier lavorava nei servizi segreti, l'ex numero due di Gazprom ha invece studiato nell'università più liberale del Paese. "Nel 2012 - ha sottolineato Putin - non ci sarà concorrenza tra noi. Quando si avvicinerà la scadenza ci penseremo insieme partendo dalla realtà del momento, dai nostri piani personali, dal contesto e dai programmi politici, dalla posizione di Russia Unita". Russia Unita è il partito di Governo guidato dal premier, che nel 2008 aveva scelto Medvedev come successore non potendo Putin candidarsi per un terzo mandato consecutivo. Ma da alcuni mesi il binomio al potere pare correre con stili, ritmi e priorità diverse.
Durante il fine settimana nel corso dell'undicesimo congresso di Russia Unita, Medvedev ha ribadito la necessità di rinnovare e modernizzare l'economia del Paese, che non dovrà più fare affidamento sulla ricchezza di materie prime. Un concetto questo ampiamente illustrato dal leader del Cremlino nel suo discorso alla Nazione del 12 novembre scorso. Ma al tempo stesso Medvedev ha aspramente criticato Russia Unita - del quale lui stesso fa parte - invitando a mettere da parte gli intrighi e le cattive abitudini di stampo sovietico.
Russia Unita è il partito di gran lunga più potente e influente nel Paese che dispone di 315 dei 400 seggi della Duma di Stato, la Camera bassa del Parlamento russo. Da molti critici viene paragonato al vecchio partito comunista sovietico, il Pcus, per la sua enorme influenza nella vita politica e pubblica.
Intervenendo davanti ai 600 delegati del partito, lo stesso premier - ma forse non poteva fare diversamente - ha sostenuto l'appello di Medvedev alla modernizzazione. Il congresso ha rinnovato il direttivo e approvato il nuovo programma. Inoltre, tra i cambiamenti più rilevanti ha deciso le primarie interne per la definizione delle candidature e l'obbligo di partecipare ai dibattiti elettorali.
Ma nonostante le ripetute smentite dei rispettivi portavoce - secondo cui i rapporti tra Medvedev e Putin sono ottimi e non si può parlare di screzi e contrapposizioni - autorevoli analisti ritengono che tra i due sarebbero emersi crescenti contrasti. Negli ultimi tempi, infatti, il leader del Cremlino ha preso decisioni che rompono con la dottrina del premier:  tra queste l'ordine di aprire 22 inchieste contro grandi holding pubbliche. Inoltre, Medvedev ha promesso una nuova battaglia contro la corruzione. Prima vittima di questo nuovo impegno è stato l'influente consigliere del Cremlino, Mikhail Lesin, che ha dovuto rassegnare le dimissioni per violazione dell'etica professionale e abuso d'ufficio. Lesin era ritenuto uomo di fiducia di Putin che lo aveva nominato consigliere quando era presidente. La stampa russa ha sottolineato come per la prima volta Medvedev abbia esonerato con motivazioni così pesanti un collaboratore incaricato di mantenere i rapporti tra il Cremlino e i mass media.
Le critiche di Medvedev per la modernizzazione del Paese si scontrano in effetti con una lunga serie di fattori, elementi e tratti sociali che testimoniano di una presenza ancora forte del vecchio sistema sovietico, più di quanto appaia dall'esterno o più di quanto si voglia far apparire all'interno. L'economia russa è ancora legata all'export di gas, petrolio, diamanti e altre preziose materie prime. La gran parte delle fabbriche e degli stabilimenti nell'intera federazione sono obsoleti. Anche le infrastrutture sono vecchie e inadeguate:  molte strade sono in pessime condizioni e solo tra Mosca e San Pietroburgo esistono treni paragonabili a quelli del resto d'Europa. I colossi controllati dallo Stato ostacolano il libero sviluppo dell'economia e impediscono la necessaria trasparenza. Medvedev ha chiesto a Putin la loro trasformazione in società per azioni. Per quanto riguarda la burocrazia e la corruzione è cambiato pochissimo rispetto ai tempi dell'Urss. Come ai tempi del comunismo - quando la nomenklatura di partito faceva vita a sé con privilegi e facilitazioni - nella nuova Russia coesistono persone che faticano a fare fronte alle difficoltà di tutti i giorni e i super ricchi, che vivono in una Russia virtuale. È dunque sulle riforme in senso liberale, necessarie per un nuovo modello di sviluppo, che emergono i segnali di divergenza tra Medvedev e Putin.

 

(© L'Osservatore Romano 26 novembre 2009)