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Riapre a Padova la Cappella dell'Arca

Il cuore del Santo

 

 
 
di Ugo Sartorio
Francescano conventuale, direttore editoriale del "Messaggero di sant'Antonio"

Milioni di mani torneranno presto a toccare la pietra di marmo verde che ha ricoperto per secoli l'urna con i resti mortali di sant'Antonio. Sfiorandola con un gesto amichevole e silenzioso, mentre le labbra mormorano una preghiera che chiede tutto, anche l'impossibile. Sì, perché da questa sera riapre la Cappella dell'Arca (cioè della tomba), gioiello del pieno Rinascimento italiano e cuore devozionale della basilica del Santo di Padova. Per qualche mese la dimora di Antonio resterà la prospiciente Cappella di San Giacomo nel transetto destro del complesso basilicale, poi tutto sarà come prima, come sempre.
C'è chi cerca risposta alle grandi domande della vita, chi mette ai piedi di Antonio un dolore pesante da portare, chi chiede e chi dice "grazie". Molti con lettere oppure con email (al sito www.carosantantonio.it), un'Arca virtuale che raccoglie queste intercessioni che i frati fanno proprie e girano al potente taumaturgo. Ne cito un paio arrivate da poco:  "Guarda la creatura che porto in grembo e fa' che oggi io non abbia una brutta notizia. Tu sai quanto desideri questo figlio, perciò ti supplico di starmi vicino". "Glorioso sant'Antonio, tieni unita la nostra famiglia e donami il lavoro con il quale sfamare i miei figli".
Ad Antonio va la gente, padovani e cittadini del mondo, vanno anche i Papi. Come Giovanni XXIII che da patriarca di Venezia frequentò la basilica assiduamente. Mentre Montini, mai nascose l'ammirazione e devozione che nutriva per sant'Antonio, tanto che vi è un legame significativo tra la sua vocazione sacerdotale e la preghiera sulla tomba del Santo. Il fatto fu narrato dallo stesso Paolo VI il 5 giugno 1965:  "Tutti noi di famiglia, ma specialmente la mia cara mamma, eravamo molto devoti a sant'Antonio. Insieme a lei arrivai a Padova, per la prima volta, nel mese di agosto del 1913. In quel periodo si era fatta sentire, con maggiore insistenza, la voce del Signore che mi chiamava per la strada del sacerdozio. Ero ancora indeciso e, quando arrivati in basilica sostammo dietro la tomba di sant'Antonio, dopo aver molto pregato mia madre mi disse queste precise parole:  "Giovinetto, tu che pensi di seguire l'ardua via del sacerdozio raccomandati molto a questo grande santo:  egli ti illumini sulla decisione da prendere, e se questa è la tua vocazione guidi i tuoi passi sulla strada per la quale Dio ti chiama"".
Il breve colpo d'ala del Papa del sorriso, Albino Luciani, fu accompagnato dalla simpatia dei frati della basilica con i quali aveva familiarità. Tra l'altro da patriarca di Venezia collaborò per alcuni anni al "Messaggero di sant'Antonio", la rivista che moltiplica il messaggio del Santo in Italia e nel mondo. Di Giovanni Paolo II molti ricordano la visita, il 12 settembre 1982, alla basilica; anch'egli sostò in preghiera sulla tomba di Antonio, che definì "uomo evangelico".
Ci sono voluti quasi due anni di lavoro e gli sforzi convergenti di molte istituzioni (promossi e coordinati dalla Veneranda Arca di sant' Antonio) per riportare agli antichi fasti un luogo di culto unico nel suo genere e uno scrigno d'arte di inestimabile valore come la Cappella dell'Arca. Non si è trattato di un'operazione di cosmesi, ma di un intervento strutturale, soprattutto per risanare la muratura esterna minata da pesanti infiltrazioni d'acqua che hanno messo a rischio gli altorilievi del Sansovino, dei Lombardo e di altri maestri del Cinquecento. E a seguire c'è stata la ripulitura dell'interno che è ora un tripudio di luce, di marmi bianchi che scintillano e di infinite tonalità di grigio. Splende così l'arte, nel rispetto della finalità del luogo deputato al manifestarsi della fede, atto che richiede un'atmosfera familiare, pulita e intima. Arte e fede da secoli nello stesso luogo, ora più bello e accogliente. Perché la vera bellezza dischiude alla fede e la fede crea e diffonde bellezza.

 

(© L'Osservatore Romano 4 dicembre 2009)