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Tutte le incognite dell'operazione

L'euro malato
si affida agli stress test


di Luca M. Possati

Difficilmente gli stress test risolveranno i problemi dell'Unione europea. In un momento delicatissimo per la situazione economica e finanziaria continentale, le perplessità degli investitori sulla reale solidità delle banche sono tante. Troppe, per tranquillizzare le Borse malate di ansia. I test arrivano tardi e rischiano di pagare la complessità del meccanismo decisionale comunitario, ancora ipertrofico e farraginoso. Il significato dell'operazione è quindi essenzialmente politico:  si cercano risposte per capire chi dovrà dettare le regole della futura governance economica unica.
Qual è la capacità di resistenza dei capitali delle banche europee? Nel caso di un nuovo allarme, chi metterà i soldi per la ricapitalizzazione? Lo Stato o i mercati? Il Comitato europeo dei supervisori bancari (Cebs) ha analizzato la resistenza del capitale di 91 banche continentali in tre differenti scenari ipotetici:  uno di base, uno che considera il deterioramento della situazione economica e un terzo che prevede gravi perdite sul portafoglio di titoli del debito pubblico con l'inasprirsi delle difficoltà per i conti greci e per quelli di altri Paesi (Spagna, Portogallo, Ungheria, Irlanda). Il parametro di riferimento è il Tier 1, cioè il capitale azionario e le riserve di bilancio provenienti da utili non distribuiti al netto delle imposte. Tale coefficiente non deve superare la soglia del sei per cento, altrimenti la banca è debole e necessita di aiuti.
Al di là dei dubbi, sollevati da più parti, sulla severità e sulla trasparenza dei test, a colpire è il ritardo con cui l'Europa arriva a questa prova, a più di un anno di distanza da quelli americani. Nell'aprile 2009 gli esami della Fed misero sotto la lente 19 organizzazioni bancarie con un patrimonio superiore ai 100 miliardi di dollari. E furono un successo:  gli istituti più importanti dovettero ricapitalizzare per 75 miliardi di dollari e per altri 125 quando i test furono estesi. La fiducia tornò, e ora il settore sembra aver ripreso quota.
La situazione europea è molto diversa da quella americana. Diversa è la fisionomia delle banche, anzitutto. Diverso, poi, il sistema di vigilanza:  al momento non esiste un unico meccanismo di controllo e sulla questione le trattative a Bruxelles procedono tormentate. A prevalere è la frammentazione. Gli attori decisionali (la Cebs, la Commissione europea, i Governi nazionali, le autorità di sorveglianza dei singoli Paesi coordinate dalla Cebs e la Bce) s'intrecciano fra loro, entrano in contrasto, non sanno a quali regole rifarsi e stentano nel definire le rispettive aree di competenza. Il Parlamento di Strasburgo vorrebbe la priorità dei controllori comunitari su quelli nazionali, ma i membri della zona euro sono restii a permettere interventi sui propri bilanci. Sono troppi gli interessi particolari e le tradizioni consolidate. Il rischio, allora, è che gli stress test si rivelino l'ennesimo terreno di scontro politico e ideologico.
Con una ripresa ancora da decifrare - l'Fmi la descrive come "moderata e disomogenea", nonostante un pil in crescita dell'un per cento nel 2010 e dell'1,3 nel 2011 - un risultato negativo dei test potrebbe innescare per l'Unione l'ennesimo circolo vizioso tra indebitamento pubblico e sfiducia nel settore finanziario. Dubbi di questo tipo sono stati evocati anche dal governatore della Banca d'Italia e presidente del Financial Stability Board, Mario Draghi. Pochi giorni fa, parlando alla cinquantesima assemblea dell'Abi (associazione bancaria italiana), Draghi ha sottolineato che per essere utili gli stress test devono essere coordinati e produrre risultati comparabili.
Anche nel caso di un risultato positivo, gli stress test potrebbero rivelarsi un buco nell'acqua. Ne è convinto l'economista Irwin Steltzer, che in un'analisi sul "Wall Street Journal" sottolinea come le prospettive non siano affatto rassicuranti. Non è escluso che nei prossimi mesi arrivino nuovi duri colpi all'euro, come il default parziale della Grecia, le ricadute di cattive notizie sulla ripresa statunitense o venti di guerra in Medio Oriente. Steltzer ricorda un particolare non proprio secondario:  le banche europee devono rinnovare 1.500 miliardi di dollari di debiti entro la fine del 2012. Saranno costrette quindi a cercare la fiducia degli investitori in concorrenza con le banche americane, che devono rifinanziare 1.300 miliardi, e con i Governi. "Gli stress test - nota l'economista - perderanno d'importanza con il passare dell'estate e saranno sostituiti da un fattore più importante:  le aspettative sulla performance dell'economia europea".