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Domenica si apre l'Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi

Artigiani di pace e perdono
in Medio Oriente


di Nikola EteroviC
Arcivescovo titolare di Cibale
Segretario generale del Sinodo dei vescovi

"La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un'anima sola". Negli Atti degli Apostoli (4, 32) è descritta così la vita della comunità primitiva, ideale di ogni comunità cristiana. Non a caso l'espressione fa da motto all'Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi, che si svolge dal 10 al 24 ottobre sul tema "La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente:  comunione e testimonianza".
La scelta è molto significativa. Non solo perché proietta la luce del Vangelo sull'argomento dell'assise sinodale. Ma anche perché ricorda lo stretto legame tra la Chiesa in Medio Oriente e la Sacra Scrittura. Lo ha sottolineato lo stesso Benedetto XVI nel corso della visita compiuta a Cipro dal 4 al 6 giugno. A conclusione della messa a Nicosia, consegnando ai rappresentanti dell'episcopato del Medio Oriente l'Instrumentum laboris, il vescovo di Roma ha affermato che "il motto scelto per l'assemblea ci parla di comunione e testimonianza".
Del resto, questo Sinodo non è soltanto il risultato delle richieste formulate da diversi vescovi della regione, ma anche il frutto dei viaggi compiuti dal Papa in Turchia, dal 28 novembre al 1° dicembre 2006, in Terra Santa - Giordania, Israele e Territori palestinesi - dall'8 al 15 maggio 2009, e appunto a Cipro nel giugno 2010. Viaggi nel corso dei quali Benedetto XVI ha potuto vedere di persona le gioie e le sofferenze della Chiesa cattolica in quei Paesi, dove la particolare situazione dei credenti richiede un'attenzione specifica in questo momento storico.
La finalità dell'Assemblea resta comunque prevalentemente pastorale. Non è certo possibile ignorare il quadro sociale e politico mediorientale. E tuttavia lo scopo dell'assise è soprattutto di natura ecclesiale. Lo evidenzia lo stesso tema sinodale, che insiste sulla comunione e sulla testimonianza sia all'interno della Chiesa cattolica sia nei rapporti con altre Chiese e comunità cristiane, altre religioni e, in genere, con i diversi contesti sociali e culturali della regione.
Il primo obiettivo è quello di ravvivare la comunione tra le Chiese orientali cattoliche sui iuris, perché siano capaci di offrire una testimonianza di vita cristiana autentica, gioiosa, attraente. I lavori sinodali dovrebbero servire ad approfondire ulteriormente i legami di comunione all'interno di ognuna di queste Chiese:  tra il patriarca, i vescovi, i sacerdoti, i membri di vita consacrata e i laici.
Ovviamente, si tratta di rafforzare tali legami anche tra le singole Chiese cattoliche delle diverse tradizioni:  dei risultati positivi di questa comunione beneficerebbe infatti l'intera comunità ecclesiale, la cui unità diventa feconda proprio quando si esprime nella pluriformità delle rispettive tradizioni.
La comunione, infine, andrebbe estesa ad altre Chiese e comunità cristiane presenti nel Medio Oriente. Senza dimenticare che il dialogo e la collaborazione devono essere realizzati anche con i membri delle religioni non cristiane e con tutti gli uomini di buona volontà.
Un secondo importante obiettivo è quello di rafforzare l'identità cristiana, soprattutto attraverso la parola di Dio e la celebrazione dei sacramenti. L'Assemblea sinodale è chiamata a confermare nei fedeli del Medio Oriente la coscienza della vocazione a essere discepoli di Cristo nella terra dove egli è nato, ha vissuto, ha predicato e ha compiuto il suo mistero pasquale. Vivere in Terra Santa dovrebbe essere considerato sempre più un privilegio connesso a una missione particolare. È interesse di tutta la Chiesa che la terra di Gesù non diventi un museo di reperti archeologici e pietre preziose, ma continui a essere una Chiesa costruita con "pietre vive" (Prima lettera di Pietro, 2, 5), cristiani che da quasi duemila anni continuano l'ininterrotta tradizione della presenza dei discepoli di Cristo.
Numericamente i cristiani in Medio Oriente sono una minoranza. Tuttavia hanno una vocazione unica:  essere testimoni del Signore Gesù in un contesto prevalentemente musulmano, con l'eccezione dello Stato di Israele, dove la maggioranza dei cittadini sono ebrei. Questa situazione richiede un atteggiamento di apertura e dialogo verso gli appartenenti alle altre due religioni monoteiste:  l'ebraismo e l'islam. Un'esperienza - che già oggi dà risultati per molti aspetti positivi - da cui potrebbero scaturire ulteriori e importanti sviluppi per tutta la Chiesa.
L'Assemblea sinodale offre dunque una singolare occasione per presentare la ricchezza delle Chiese orientali cattoliche al mondo intero e soprattutto ai cristiani. A loro, in particolare, è richiesto un sostegno spirituale e materiale sempre più fattivo nei confronti delle sorelle e dei fratelli del Medio Oriente, con una specifica attenzione a coloro che vivono in situazioni difficili a causa delle diverse forme di violenza, incluso il terrorismo, dell'emigrazione e della discriminazione. I cristiani della regione sono spesso artigiani di pace e fautori di perdono e di riconciliazione. È loro desiderio vivere in pace con ebrei e musulmani, nel rispetto dei mutui diritti, incluso quello fondamentale della libertà di religione e di coscienza.
Perché il Sinodo raggiunga queste finalità occorrerà il sostegno della preghiera, soprattutto da parte dei consacrati e delle comunità monastiche di clausura. La preghiera rafforza infatti i legami di fede, di speranza e di carità tra i credenti. E aiuta a realizzare concretamente l'ideale della comunità primitiva dove la moltitudine dei credenti "aveva un cuor solo e un'anima sola".