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Sviluppo economico
e sviluppo integrale

di SEBASTIÁN PIÑERA
Presidente della Repubblica del Cile

Lo sviluppo è stato da sempre un obiettivo centrale dell'umanità e costituisce una meta prioritaria per le Nazioni, per i Governi e per la comunità internazionale. Si è soliti classificare i Paesi in sviluppati o in via di sviluppo, ma da alcuni anni si menziona una terza categoria intermedia: le Nazioni emergenti.
Il vero sviluppo, però, è molto più della semplice produzione di beni o del conseguimento di un determinato rendimento economico. Nella Caritas in veritate , Benedetto XVI ha approfondito e posto l'accento sul concetto e sulla necessità di uno sviluppo integrale, postulato dalla dottrina sociale della Chiesa. Tale sviluppo deve favorire la realizzazione della persona umana, nella sua dimensione sia materiale sia spirituale. Così concepito - abbracciando tutte le dimensioni dell'uomo - esso è chiamato a promuovere la qualità della vita, a orientarsi verso il bene comune, a difendere la vita e i diritti inalienabili della persona umana in ogni momento, luogo e circostanza, e a favorire un umanesimo trascendente.
Questa concezione - più ricca e completa - ha trovato un'eco nelle misurazioni della qualità di vita e di sviluppo umano realizzate nell'ambito delle Nazioni Unite, che includono valutazioni complementari al semplice sviluppo economico come la speranza di vita alla nascita, l'alfabetizzazione della popolazione, l'accesso e la qualità dell'educazione primaria e secondaria, la disuguaglianza sociale, l'equità di genere, la governabilità democratica e la tutela dell'ambiente. È tuttavia certo che il progresso in ognuno di questi campi presuppone, ed esige, una crescita economica sostenuta.
Attualmente, il reddito pro capite in Cile, il mio Paese, è di 15.000 dollari statunitensi all'anno, il che ci colloca nella categoria dei Paese emergenti.
Quando ho assunto la Presidenza della Repubblica, quasi un anno fa, è stato avviato un programma di governo con obiettivi concreti, audaci e nobili: sconfiggere, durante la nostra legislatura, la povertà estrema e gettare le basi affinché, prima che si concluda il decennio, il Cile riesca a superare la povertà e a raggiungere i redditi pro capite dei Paesi sviluppati. Non si tratta però di uno sviluppo qualsiasi. Noi aspiriamo a uno sviluppo integrale, che crei per tutti opportunità di progresso materiale e spirituale mai conosciute finora. Questo è stato, in fine dei conti, il sogno che i nostri padri e i nostri nonni hanno sempre accarezzato anche se mai realizzato. Ma oggi, esso appare più fattibile che mai. Proprio per questo costituisce un imperativo non solo sociale ed economico ma anche, fatto ancora più importante, morale ed etico, come ci ha ricordato Giovanni Paolo II nella sua visita del 1987.
Per raggiungere questi obiettivi stiamo lavorando instancabilmente. I nostri obiettivi sono: ottenere tassi di crescita medi annui del 6 per cento, creare 200.000 nuovi posti di lavoro all'anno, far diminuire la delinquenza e il narcotraffico per ridare alle famiglie il loro diritto a vivere con più pace e sicurezza, migliorare sostanzialmente la qualità dell'educazione e della salute, rafforzare la famiglia, ampliare le libertà fondamentali, approfondire e rendere più partecipativa, trasparente e vitale la nostra democrazia e tutelare i diritti umani. Soprattutto il diritto alla vita, dal concepimento fino alla morte naturale. Per ognuno di questi aspetti possiamo già mostrare progressi molto concreti e significativi.
Lo scorso anno, nonostante i devastanti effetti del terremoto e del maremoto che ci hanno colpito - il quinto fenomeno del genere per violenza che la storia ricordi - e che ha significato un danno patrimoniale di 30 miliardi di dollari, equivalente al 18 per cento del nostro pil, il Cile è cresciuto di un 5,2 per cento e le proiezioni per quest'anno superano il 6. Sono stati creati più di 400.000 posti di lavoro, che rappresentano quasi il 6 per cento della nostra forza lavoro. Gli indici della paura e della delinquenza si sono ridotti ai livelli più bassi degli ultimi dieci anni e i sequestri di droga sono aumentati in modo sostanziale. Abbiamo applicato riforme strutturali profonde al sistema d'istruzione, abbiamo migliorato decisamente l'accesso e la qualità della sanità e abbiamo avviato una serie di riforme a favore della famiglia, come quelle che promuovono l'accesso della donna all'ambito lavorativo senza indebolire il suo ruolo di madre e di sposa e l'ampliamento dell'educazione prescolare.
In tal modo, con l'aiuto di tutti, stiamo avanzando verso uno sviluppo non solo economico, ma anche profondamente umano, comprensivo e coerente con la realtà materiale e spirituale delle persone. Si tratta di un compito che va ben al di là di un Governo e persino dello Stato, perché riguarda tutti e ognuno dei cittadini. Come osserva il Papa, è una vera vocazione dell'individuo e del Paese in quanto presuppone, in ultima istanza, la volontà e lo sforzo di tutti e di ognuno per progredire, realizzarsi e avanzare nella ricerca di una vita più piena e felice. In questo, alla Chiesa e alla società civile compete una partecipazione attiva.
Le virtù di una causa nazionale, unitaria e condivisa, si sono potute apprezzare pienamente nelle operazioni di salvataggio dei 33 minatori intrappolati a oltre 700 metri di profondità, nel ventre di una montagna del deserto di Atacama. Per quasi tre mesi, il Cile si è unito come una grande famiglia, superando le differenze, disposto a fare tutti gli sforzi necessari per trovare e trarre in salvo i minatori. In questo frangente, come pure nella ricostruzione dopo il terremoto e il maremoto dello scorso anno, abbiamo potuto apprezzare la tempra e il coraggio di un popolo, disposto a compiere qualsiasi sacrificio pur di fare del Cile un Paese più libero, prospero, giusto e fraterno. In definitiva, per raggiungere la meta dello sviluppo integrale. In tutto ciò, sappiamo di aver potuto contare, e di poter continuare a farlo, sulle preghiere del Papa e di milioni di uomini e donne di buona volontà in tutto il mondo.