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Donatrici e donatori a confronto

Le donne fanno la differenza


di GIULIA GALEOTTI

"Chi è la mia donatrice?" chiede alla psicologa Valter, protagonista di Chiedo scusa, romanzo di Francesco Abate e Saverio Mastrofranco (Einaudi 2010) che racconta la storia di un trapianto di fegato ("questo romanzo - scrivono gli autori - è ispirato a una storia vera, la finzione è presente per rendere il racconto un po' più accettabile, dato che la realtà aveva superato i limiti della credibilità"). Alla domanda dell'uomo, la psicologa quasi sobbalza sulla sedia. "Ha inarcato le sopracciglia e mi ha mostrato i canini: Chi ti da detto che è una donna? Me lo sento, ho sempre avuto la sensazione che a salvarmi sarebbe stata una donna". Sensazione giusta quella di Valter. Sensazione giustissima, e non solo per lui.
Il dato è innanzitutto vero a livello italiano. L'ennesima conferma si è avuta qualche settimana fa: in occasione del lancio della campagna per la donazione e il trapianto di organi in vista della giornata nazionale del 29 maggio scorso, il Centro nazionale trapianti ha presentato, per il decennio 2001-2010, un quadro di rosa vestito.
Le italiane sono molto più generose degli italiani, basti pensare che hanno donato oltre i due terzi dei reni complessivamente trapiantati. Ciò è confermato anche in caso di prelievo da vivente: le donne sono state donatrici nel settanta per cento dei casi. Lo squilibrio è netto tra i genitori: nel cinquantuno per cento dei casi le donatrici sono le madri, appena nel venti per cento i padri.
Né si tratta di una peculiarità della Penisola. La proporzione è infatti confermata anche a livello mondiale: al di là della geografia, le donne rappresentano per eccellenza la fonte di organi da trapiantare. Questo dato - sorprendente fino a un certo punto (l'altruismo non è certo esclusiva muliebre, ma che abbia qualcosa di molto femminile lo dimostra, da secoli, la quotidianeità) - ha però un allarmante rovescio della medaglia: sempre a livello globale, infatti, molto raramente le donne sono le destinatarie degli organi prelevati. Da anni la battagliera antropologa americana Nancy Scheper-Hughes, docente a Berkley e fondatrice di Organs Watch (organizzazione che lotta contro il traffico globale di organi umani), va denunciando l'allarmante squilibrio tra i sessi nella donazione e nella ricezione degli organi. Le donne, infatti, pur rappresentando nella gran parte dei casi le cedenti, in caso di trapianto sono raramente le riceventi. Quanto all'Italia, basti ricordare che se sette volte su dieci le mogli hanno regalato un rene ai loro mariti, la circostanza inversa si è verificata solo nel ventiquattro per cento dei casi.
Non conta dunque né il grado di emancipazione femminile né il censo, così come risulta irrilevante la religione, la latitudine, il sistema politico ed economico di appartenenza: le donne sono molto più disposte a cedere i loro organi in caso di necessità rispetto ai signori maschi. D'altro canto, anche qui con allarmante trasversalità, i sistemi allocativi più o meno ufficiali che operano nel settore prediligono i pazienti maschi.
Il grado di civiltà si misura anche da questo. Con buona pace del nostro sentirci evoluti e politicamente corretti. E con buonissima pace di chi ritiene che continuare a credere nella differenza tra femmine e maschi sia solo propaganda oscura e reazionaria. C'è ancora qualche differenza dentro di noi.