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È nata la "Seven Billionth Baby"

La sovrappopolazione
da un altro punto di vista

di CRISTIAN MARTINI GRIMALDI

Al fine di evitare il collasso di un pianeta sempre più popolato e sfruttato è indispensabile - dicono alcuni - una profonda trasformazione dei modelli culturali dominanti, passando dal consumismo sfrenato delle opulente società occidentali a una nuova sostenibilità e a una "decrescita felice", cioè una iniziativa che preveda la diminuzione dei consumi di pari passo con quella demografica. È quello che emerge dalla lettura del rapporto del Worldwatch Institute di un anno fa, in cui si riparlava di esplosione demografica globale, ormai presentata come l'origine di tutti i mali.
L'occidente dovrebbe in sostanza accollarsi il grave peso di una riduzione dei consumi, e in cambio chiederebbe ai Paesi emergenti - che ovviamente tali sono perché è proprio il consumo a dettarne crescita ed emersione - una "moderazione" della propria demografia. L'occidente in questo campo ha già dato, è il sottinteso. Infatti, se si domanda a una qualunque coppia italiana perché non ha figli, la risposta in genere è sempre la stessa: è impossibile, non possiamo permettercelo. Ma se ci si spingesse in India, per esempio a Bangalore - dove buona parte della popolazione vive in miseri fabbricati senza acqua e con un buco per terra come latrina, ma ciononostante continua a mantenersi su una media di due o tre bimbi per nucleo familiare - si vedrebbero le cose da un altro punto di vista.
Questi bambini, infatti, non sono destinati a una vita di privazioni e umiliazioni. In impeccabili uniformi li si incrocia la mattina diretti a scuola con in spalla degli enormi zaini pieni di cultura, mica miseria. Ecco, si direbbe che nessuno abbia insegnato loro ancora quella parola, e ciò che ne consegue. Sono invece solari, come amano dire i giovani oggi quando sono positivi e di ottimo umore. Quando poi capita di incontrarli di ritorno a casa dopo la lezione di inglese pomeridiana non sembrano affatto coscienti di tornare a toccare nel vivo quella che un certo occidente insiste a chiamare miseria. Sono raggianti. Li rivedi poi verso sera giocare a cricket con un bastone raccolto per strada e una palla di gomma, mica di cuoio, mentre fanno salti mortali per schivare capre, mucche e i loro enormi escrementi. Sono la prova vivente che, anche senza iphone e motorino, la vita merita di essere vissuta.
Cosa significa overpopulation? Gigantismo, crescita eccessiva. Se per gigantismo pensiamo a una crescita abnorme, per esempio l'ipertrofia di un arto, è facile intuire la sciagura che ne può conseguire per la salute dell'intero organismo; ma se invece pensiamo al gigantismo che colpisce alcune persone, portando a un accrescimento ben oltre la media, ma proporzionato, cioè di tutti gli organi del corpo, allora possiamo trovarci di fronte non a un handicap, ma addirittura a un vantaggio.
Verrebbe allora da pensare che vi possa essere in una parte del mondo molto ristretta una crescita "abnorme" di popolazione e dunque, per continuare il parallelo, nociva a un sano ed equilibrato sviluppo, e mantenimento, non solo della stessa ma di tutto il pianeta. Bene. Dov'è che nel mondo avviene tutto ciò? Gli esperti indicano in proposito sempre e solo due parti del mondo: l'Africa subsahariana e l'Asia. Questo gigantismo morboso avverrebbe, ad esempio, in India e in Cina: indiscutibilmente i Paesi più popolati della terra, con più di un miliardo di abitanti a testa.
Ma l'Europa, intesa come continente, quante persone ospita? Le stime, includendo la Turchia, parlano di oltre 850 milioni. Perché allora, quando si parla di sovrappopolazione, si fa riferimento all'India e alla Cina e non al continente europeo? Si dirà che quello che conta è la densità di popolazione. Ma la Cina ha una densità che è quasi la metà di quella della Germania. Qualcuno sosterrà che è l'India il problema. È vero, la sua densità è di un terzo maggiore di quella tedesca, ma sostanzialmente analoga a quella giapponese. Nessuno però osa mai citare il Giappone quando si indica la necessità di "sfoltire" la popolazione mondiale.
Allora, quando si dibatte di sovrappopolazione di cosa si sta parlando? Forse delle previsioni di crescita futura e del tasso di fertilità: l'India ha un tasso di fertilità pari al 2,6, gli Stati Uniti del 2,1. Tutta qui la tragedia? Un mezzo punto di fertilità in più? Perché la Cina neanche vale menzionarla: grazie alla "pianificazione di crescita", langue a un misero 1.7, sufficiente neppure al ricambio generazionale. Tuttavia, sia per l'India che per la Cina non si fa che parlare di sovrappopolazione. Vale la pena chiedersi di quale sovrappopolazione si stia parlando.
Il problema non è il gigantismo demografico e non lo è mai stato, neppure nel lontano 1968, quando il bestseller The Population Bomb sconvolse le coscienze di milioni prevedendo catastrofi planetarie. Niente di tutto questo è avvenuto. Forse il punto non è allora arrestare la crescita - è appena nata la Seven Billionth Baby - ma semmai come continuare a crescere. Puntare su uno sviluppo che non privilegi una parte ma il tutto, trasformando quello che i "dottori" predissero come una malformazione-catastrofe in un successo globale di specie.