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Dibattito in Francia sull'eutanasia

Le due strade


di FERDINANDO CANCELLI

Creato in Francia con un decreto del 19 febbraio 2010, l'Observatoire national de la fin de la vie ha per missione di indicare i bisogni di informazione del pubblico e dei professionisti del mondo sanitario a partire dallo studio delle condizioni di fine vita e di promuovere la ricerca medica nello stesso ambito. In questi giorni è stato pubblicato, ed è consultabile nel portale del Governo francese, il rapporto 2011, il primo dalla nascita dell'osservatorio.
Il documento, di quasi trecento pagine, redatto da medici, epidemiologi, infermieri, psicologi e sociologi operanti a vario titolo nel campo della medicina palliativa, è destinato al ministero della Sanità e al Parlamento ma offre a chiunque la possibilità di farsi un'idea della situazione e dei problemi che si incontrano in tema di fine vita. Il dato che più di ogni altro emerge dalle pagine del rapporto è quello di una scarsa conoscenza e di una ancor più insufficiente applicazione della legge Leonetti - il provvedimento normativo votato all'unanimità dall'Assemblea Nazionale - che dal 2005 integra il codice di sanità pubblica a tutela dei diritti dei malati.
Ancora più a monte di questa grave lacuna si situa però il forte ritardo nella conoscenza dei principi della medicina palliativa stessa e quindi di quella troisième voie che, con umanità e competenza, permette di scartare sia la sproporzione dei trattamenti sia la falsa soluzione eutanasica: il numero globale di professionisti sanitari formati con i diplomi universitari post-laurea in cure palliative - sottolinea il rapporto - "resta ad oggi basso". La situazione risulta ancora peggiore se si considerano solo i medici liberi professionisti: di questi nel 2009 solo 18.809 (il 15 per cento dei 122.778 totali) hanno ottenuto un finanziamento per accedere alla formazione e tra costoro solo 432 (poco più del 2 per cento) hanno scelto la tematica "fine vita" per formarsi.
A fronte di tutto ciò vi sono nel dibattito attuale alcuni elementi che lasciano perplessi soprattutto coloro che da anni si occupano dei malati giunti al termine della loro esistenza. Su "Le Monde" del 17 febbraio è intervenuta Marie de Hennezel, psicologa e scrittrice, notissima non solo in Francia per alcune opere di riferimento nel campo della medicina palliativa. Cominciamo ad applicare la legge prima di discutere di eutanasia è il titolo del suo intervento nel quale inoltre annuncia pubblicamente di essersi da poco dimessa dal ruolo di membro del comitato di coordinamento dell'Osservatorio della fine della vita. "La legge Leonetti resta mal applicata e i francesi ne soffrono" scrive la specialista, invocando come priorità "azioni concrete per una migliore comprensione e applicazione della legge" a fronte di un atteggiamento, anche dell'osservatorio, troppo descrittivo e poco operativo.
Come è possibile che in un Paese come la Francia, che ha una delle legislazioni più accurate, dettagliate e moderne in materia, non si mettano "tutti gli sforzi nella pedagogia di questa legge misconosciuta dal pubblico e dai curanti", magari, come scrive ancora Marie de Hennezel, organizzando "forum in tutte le strutture sanitarie"? Perché il recente dibattito in vista delle prossime presidenziali vede il riemergere di tentazioni eutanasiche, pur in presenza di una legge che, tra l'altro, permette a chiunque sia in grado di manifestare il proprio dissenso nei confronti di trattamenti giudicati straordinari di rinunciare agli stessi? La rivoluzione culturale proposta dalla psicologa francese va nella direzione del maggior rispetto dei diritti dei pazienti alla fine della vita, paradossalmente gli stessi invocati da coloro che sostengono l'eutanasia. Le due strade però divergono: sulla prima si cammina insieme fino all'ultimo nell'esercizio di una vitale e responsabile libertà, sulla seconda si viene lasciati soli, illusi di esseri liberi di scegliere la morte.