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Si celebra domenica la giornata della vita consacrata

La misura di Dio la regola dell'amore


di João Braz De Abiz 
Cardinale prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica

Erano più di cento i superiori generali ricevuti da Papa Francesco in Vaticano lo scorso 29 novembre. Sono state tre ore di dialogo spontaneo e trasparente, che hanno lasciato un segno sui volti e nei cuori dei presenti.
Non penso che la felicità sperimentata da tutti noi fosse motivata solo dall'annuncio del Pontefice di voler dedicare il 2015 alla vita consacrata. Era molto di più. Ci siamo sentiti confermati da Pietro nel cammino attuale degli ordini, dei monasteri, delle congregazioni, degli istituti e delle società di vita apostolica sparsi nel mondo. Senza aggirare i problemi, le debolezze e i peccati presenti nella vita consacrata oggi, il Papa ci ha richiamati alla centralità della bellezza e della responsabilità personale e comunitaria della nostra vocazione.
La vita consacrata "più fedelmente imita e continuamente rappresenta nella Chiesa la forma di vita che Gesù, supremo consacrato e missionario del Padre per il suo Regno, ha abbracciato e ha proposto ai discepoli che lo seguivano" (Vita consecrata, 22). Essa dunque è "speciale memoria del suo essere di Figlio che fa del Padre il suo unico Amore - ecco la sua verginità -, che in Lui trova la sua esclusiva ricchezza - ecco la sua povertà - ed ha nella volontà del Padre il "cibo" di cui si nutre - ecco la sua obbedienza" (Messaggio per la prima giornata della vita consacrata, 1997).
Dopo il concilio Vaticano II la vita consacrata, nelle sue forme attuali, ha compiuto un profondo cammino di rinnovamento. Sono cresciute anche le difficoltà, in proporzioni e in circostanze diverse. Il concilio ha sottolineato alcuni orizzonti precisi da focalizzare: scegliere come regola suprema il "seguire Gesù" proposto nel Vangelo; conoscere e osservare fedelmente lo spirito e le intenzioni dei fondatori; partecipare alla vita della Chiesa locale; essere informati e aggiornati sulle realtà umane dei nostri tempi; promuovere anzitutto il rinnovamento spirituale; corrispondere alle necessità dell'apostolato, alle esigenze della cultura, alle circostanze sociali ed economiche, specialmente nei territori di missione; coltivare lo spirito di preghiera, attingendo in primo luogo alla Sacra scrittura; celebrare col cuore e con la bocca la sacra liturgia, specialmente il mistero eucaristico; e con la forza dell'Eucaristia e della Parola, amare i fratelli, rispettare e stimare i pastori con spirito filiale e sentire con la Chiesa.
È un rinnovamento, assunto da molti istituti, che obbedisce a tre grandi criteri, indicati dal decreto conciliare Perfectae caritatis: ritorno alle fonti della vita cristiana; ritorno all'ispirazione primitiva e originale degli istituti; adattamento alle condizioni del tempo.
In questo senso, la nostra Congregazione lavora ogni giorno al servizio degli orientamenti del Papa e del buon ordinamento della vita di circa duemila istituti, per un totale di un milione e mezzo di consacrati e consacrate. Il rapporto sincero e profondo con l'Unione dei superiori generali (Usg) e con l'Unione internazionale delle superiore generali (Uisg) è molto fecondo di progressi.
L'asse principale sul quale ruota l'identità e la vita dei consacrati è la spiritualità di comunione. Questo orientamento è cresciuto negli anni successivi al concilio e viene proposto come criterio per la formazione dell'uomo e della donna, in modo particolare per i discepoli di Cristo nella Chiesa. Ciò implica un ritorno esperienziale al mistero centrale della fede, la Santissima Trinità. Qui il consacrato potrà trovare le luci autentiche per costruire una vita fraterna capace di generare la presenza del Signore, senza la quale il suo cuore non riesce a essere veramente felice.
Anche per i consacrati e le consacrate è il momento di credere all'amore. Che è sempre a misura di Dio. E va reso concreto a misura d'uomo.

 

(© L'Osservatore Romano 02 febbraio 2014)