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L'esortazione apostolica di Papa Francesco

Per rivitalizzare la missione della Chiesa


di Ugo Sartorio

Ci vorrà del tempo per comprendere le lezioni, le provocazioni e le sfide dell'Evangelii gaudium, un documento che rilegge schiettamente il nostro tempo alla luce del Vangelo e intende rivitalizzare l'azione missionaria della Chiesa. Un documento che non ammette di essere scimmiottato, perché le espressioni di Papa Francesco non si lasciano scomporre e ricomporre dentro levigati sermoni di seconda mano. Non ci si può appropriare di alcune parole se non si accoglie la visione d'insieme che le rende davvero efficaci, se non si accede al tutto che si riflette nelle singole parti esaltandone il significato. Non a caso l'ultimo dei quattro grandi principi che il vescovo di Roma pone a fondamento dello "sviluppo della convivenza sociale" (221), ma che vale anche in senso più ampio, è che "il tutto è più della parte" (234).
Nel documento è in causa la polarità globale-locale - nel contesto del richiamarsi di bene comune e pace sociale - ma il principio si dimostra fecondo a più livelli, non ultimo come chiave interpretativa del testo che lo contiene. Sono di grande interesse, e funzionano allo stesso modo, anche gli altri tre principi, che il Papa esplicita in brevi paragrafi e che, ognuno per parte sua, allargano gli orizzonti del pensiero e dell'azione. Com'è il caso del primo in ordine di presentazione, e cioè che "il tempo è superiore allo spazio" (222). Infatti, "dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi" (223), collocandosi nella prospettiva del seme e del suo crescere inaspettato e non coercibile, che vede i cristiani come gioiosi seminatori del Vangelo più che come estirpatori di zizzania.
Nella Evangelii gaudium tutto è nuovo inizio, tutto sembra ricominciare. E anche se l'espressione "nuova evangelizzazione" non ricorre molte volte, la nota sorgiva della novità del Vangelo è costantemente in primo piano e mette in movimento la vita. Quello che abbiamo tra le mani, quindi, è un documento apripista, segnavia, destinato a maturare in riflessioni più ampie legittimate da azioni corrispondenti, da fatti che hanno il sapore del Vangelo e ne esprimono la gioia incondizionata: troppe volte, purtroppo, mettiamo all'accadere della gioia condizioni proibitive (cfr. n. 7), poco umane e per niente evangeliche.
Anche il secondo principio enunciato da Papa Francesco nel contesto sopra detto, vale a dire "l'unità prevale sul conflitto" (226), ha - oltre alla lettura che ne fa un valido criterio di attraversamento di violenze e lacerazioni collettive e personali - una possibile applicazione in tutta l'esortazione apostolica. Mai battute d'arresto, mai disimpegno o temporeggiamenti, di fronte a una complessità sociale ma anche ecclesiale impressionante, bensì fiducia in una sintesi superiore sempre dinamica. Vi è un entusiasmo trascinante che trasuda da ogni pagina e che nulla concede né al vittimismo né al trionfalismo, e che punta, oltre la superficie conflittuale, alla "comunione nelle differenze" (228).
Il cerchio si chiude, o si apre, a seconda dei punti di vista, con il terzo dei quattro principi: "la realtà è superiore all'idea" (233). Per un Papa latinoamericano che ben conosce come l'ideologia - quella marxista, per esempio, assunta da una corrente minoritaria della teologia della liberazione - possa fagocitare la realtà e manipolarla, affermare il primato della realtà è un richiamo doveroso. Più ci si allontana dalla realtà, infatti, più si moltiplicano purismi e fondamentalismi. Insomma, "l'idea staccata dalla realtà origina idealismi e nominalismi inefficaci" (232). Mentre, secondo la logica dell'incarnazione, la Parola va appunto incarnata, inculturata, messa in pratica, e questo per evitare ogni forma di sterile intimismo e infruttuoso gnosticismo.
In tal senso, l'esortazione apostolica di Papa Francesco è tutto fuorché un sistema che mette il lucchetto alla realtà. Le idee espresse servono alla vita vera delle comunità cristiane, non a fornire l'elenco di "quello che si dovrebbe fare" (96). Ecco un esempio di assoluta precedenza della realtà sull'idea astratta: nell'Evangelii gaudium il termine "povertà" ricorre otto volte mentre per ben 58 sono le occorrenze della parola "poveri" (al singolare, dieci volte). L'attenzione è ai volti, alla gente concreta, ai poveri incontrati e da incontrare.

 

(© L'Osservatore Romano 17-18 febbraio 2014)