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Il ruolo delle donne nella Chiesa

Un cantiere aperto


di Lucetta Scaraffia

Vi è una diffusa sensazione di attesa per quanto riguarda i cambiamenti che potranno coinvolgere le donne all'interno della Chiesa. Papa Francesco ne ha parlato ancora nell'intervista con il direttore del "Corriere della sera", Ferruccio de Bortoli, rivelando come lui stesso stia collaborando con letture e riflessioni a quell'approfondimento teologico che ha auspicato già qualche mese fa. E analisi e proposte circostanziate sono state avanzate dal cardinale Kasper.
C'è quindi un cantiere aperto, un cantiere di cui il Papa indica sempre più nettamente le caratteristiche. Cominciare ad affrontare la situazione dal punto di vista teologico significa infatti muoversi in una direzione ben lontana da quella auspicata da chi pensa semplicemente che la Chiesa si debba adeguare al mondo, introducendo donne a tutti i livelli di potere e di decisione.
Certo, l'esistenza di un governo esclusivamente maschile oggi viene percepita soprattutto come un'occasione di distanza, di differenza insanabile con la società laica. Ma se la questione è teologica vuol dire che al centro del problema non è la "modernizzazione", ma qualcosa di più profondo e importante che tocca la natura spirituale della Chiesa.
Si tratta cioè di qualcosa che implica un arricchimento dell'identità di questa istituzione bimillenaria, una riflessione ulteriore sul ruolo che le donne hanno esercitato sia all'interno della tradizione biblica sia nella vita della Chiesa: un percorso che è insieme di scoperta e di riconoscimento. A sua volta questo riconoscimento contribuisce non solo a definire il ruolo che, in futuro, le donne potranno e vorranno svolgere, ma soprattutto a disegnare i tratti spirituali e teologici di una tradizione cristiana aperta al femminile. Tutto questo arricchirà il messaggio della Chiesa, perché così potrà risuonare nella completezza ritrovata del maschile e del femminile che si integrano e si potenziano, dal momento che rappresentano l'interezza della natura umana così come Dio l'ha creata.
Da questo punto di vista, paradossalmente, è molto positivo che la Chiesa sia rimasta finora estranea ad alcuni aspetti del processo di emancipazione delle donne che hanno coinvolto nell'ultimo secolo il mondo laico: in questo modo è rimasta l'unica custode di quei valori femminili - prima fra tutti la maternità - che il tipo di emancipazione affermatosi storicamente sta cercando di cancellare. E quindi può riproporli vivi e intatti, e farne riconoscere la ricchezza e la fertilità, sul piano spirituale e intellettuale, applicandoli in primo luogo al suo interno.
Sono numerose e significative le figure femminili che, nell'ultimo secolo, hanno colto e anticipato questa trasformazione. Per esempio, Chiara Lubich, che ha fondato l'Opera di Maria per riportare l'amore materno, l'accoglienza femminile del focolare al centro della missione cristiana. Oppure Adrienne von Speyr, la mistica ispiratrice di molte opere del grande teologo Hans Urs von Balthasar, la quale nelle meditazioni su Maria osserva che "il legame fisico-spirituale tra la madre e il bambino continua a sussistere come un eterno mistero tra di loro. La inserisce necessariamente nella sua opera di redenzione", e Gesù "non si separerà più dalla sua ancella, che è anche madre e regina, così come l'uomo non può separarsi dalla donna. Cristo è solo uomo, non è donna, ma donna e uomo formano insieme l'intero genere umano".
Antonella Lumini, eremita urbana fiorentina autrice di un importante libro sulla "maternità di Dio", segnala come oggi le donne, che sono al cuore dell'amore, stiano perdendo il materno, la capacità di accogliere e di amare. Ma questa tendenza non è irreversibile: l'umanità comprenderà, non potrà più credere di bastare a se stessa. E la Chiesa ritroverà il calore che attira e illumina perché "solo l'amore misericordioso permette di accostarsi al vuoto che giace nel cuore dell'umanità".

 

(© L'Osservatore Romano, 08 marzo 2014)